(...) «Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo» (...).
Sulla PREGHIERA: com’è la
nostra vita di preghiera? Cosa ci insegna questa parabola?
1- Non QUANTITA’, ma QUALITA’: non dipende da
QUANTE preghiere faccio, ma da COME mi pongo in rapporto con Dio.
2- Non DISPREZZO, ma GRATITUDINE: se riconosciamo
di avere qualcosa di buono, lo dobbiamo a Dio e deve diventare motivo di
gratitudine, non certo di superbo disprezzo verso chi non ha le stesse qualità
(ma ne ha altre ed è ugualmente amato da Dio, come figlio). Una preghiera che
contiene disprezzo non solo è vuota, ma dannosa!
3- Non SUPERBIA, ma UMILTA’: non dobbiamo
sminuire i doni che Dio ci fa (“non valgo niente”), ma ricordarci anche dei
nostri limiti e peccati, del bisogno di Dio e degli altri, del bisogno di
lasciarci purificare e aiutare da Dio. Il superbo è colui che si crede talmente
grande da non sentire il bisogno di Dio e degli altri. L’umile è colui che
avendo i piedi per terra (= humus), è consapevole dei propri pregi e dei propri
limiti. Sa di non poter far nulla senza Dio.
4- Non IO, ma TU: la preghiera del fariseo è
incentrata sull’IO: “IO digiuno, IO pago le decime, IO non sono…”. Inizia bene
(“O Dio, ti ringrazio..”), ma poi svuota di ogni significato la sua preghiera.
Al posto di Dio in realtà c’è se stesso, come davanti ad uno specchio, come
Narciso. Il pubblicano invece, nel suo peccato, esprime una preghiera autentica
(“abbi pietà di me peccatore”) che lo apre ad un TU che lo trasforma, lo rende
giusto. Se metti al centro l'io, nessuna relazione funziona. Non nella coppia, non con gli amici, non con Dio. Il cristiano è una
persona che sbaglia, ma che desidera e prova sempre a fare di meglio, a
lasciarsi aiutare e cambiare da Dio.
E Dio esaudisce
sempre:
non i nostri desideri (come Aladino), ma le sue promesse di bene: Dio è GIUSTO
(vedi la prima lettura) e GIUSTIFICA (= rende giusto) colui che si affida a Lui
con umiltà e sincerità, con AMORE verso il prossimo (“la sua preghiera arriva
fino alle nubi”), con POVERTA’ (“la preghiera del povero attraversa le nubi”).
Ermes Ronchi: Gesù, rivolgendosi a chi si sente a posto e disprezza gli altri, mostra che non si può pregare e disprezzare, adorare Dio e umiliare i suoi figli, come fa il fariseo. Pregare può diventare in questo caso perfino pericoloso: puoi tornare a casa tua con un peccato in più.