venerdì 27 luglio 2012

Giovanni 6,1-15: La condivisione è il vero pane

ImageXVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

In quel tempo, [...] Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. [...] Alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». [...] Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano [...].


Siamo passati dall’evangelista Marco, che ci guida in quest’anno liturgico, a Giovanni che invece ci viene riproposto in questo periodo estivo per ben 5 domeniche nelle quali siamo invitati ad approfondire il capitolo giovanneo, il 6°, su Gesù pane di vita.

Il capitolo ha uno schema che intende manifestare la vera identità del Cristo. La liturgia la riprende in cinque puntate: Cristo che come Eliseo moltiplica il pane, Cristo che come Mosè offre il vero nutrimento celeste, Cristo che come per Elia è pane di vita, Cristo che nell’eucaristia è carne e sangue, Cristo che solo ha parole di vita eterna. Eventi biblici che indicano in Gesù il Messia promesso.

Abbiamo lasciato Gesù, nelle domeniche precedenti, che inviava i 12 per una prima esperienza missionaria e poi, domenica scorsa, che li ritrovava desiderosi di condividere la loro esperienza e bisognosi di un momento di intimità con Gesù, in un luogo in disparte.

Il progetto di Gesù “falliva” a causa della folla che si era messa a cercarli e che, come pecore senza pastore, provoca la commozione di Gesù il quale si ferma per donare a loro parole di vita.


Qui i racconti si intersecano: Giovanni descrive la folla che raggiunge Gesù incurante del vitto e dell’alloggio, avida di ascoltare la parola del maestro. E Gesù si mise ad insegnare loro molte cose e si fece sera. La folla non si stancava e non si staccava.


Più che di miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, si dovrebbe parlare del miracolo della CONDIVISIONE: è sufficiente che un giovane metta a disposizione quello che ha con sé (insufficiente per sfamare la folla, ma più che abbondante per sfamare sé stesso) per sfamare la folla. Abbiamo a disposizione risorse (materiali e spirituali) molto abbondanti, superiori al nostro fabbisogno, ma è solo condividendole che queste possono sfamare tutti.
Questo discorso è vero sia a livello socio-politico che a livello spirituale: nel mondo abbiamo risorse economiche e alimentari ben superiori al fabbisogno di ciascuno. Eppure permane lo scandalo della fame che coinvolge quasi 2 miliardi di persone, mentre nel nostro mondo continuiamo a morire per problemi legati alla sovralimentazione, semplicemente perché mangiamo troppo (e troppo male). Basterebbe condividere il sovrappiù per avere tutti ciò di cui abbiamo bisogno.

A livello nazionale questo discorso ci riporta a riflettere sulle grandi folle di stranieri che approdano sulle coste italiane chiedendo pane e lavoro (spesso sottratti loro dal nostro sistema economico che si alimenta delle loro risorse primarie per poter reggersi). Come Filippo siamo anche noi scettici sulle risorse che possiamo trovare per soddisfare le loro esigenze: “dove dovremmo trovare cibo e lavoro sufficiente per tutti quando siamo nelle ristrettezze anche noi?”. Al di là delle lecite richieste di sicurezza e di rispetto delle regole, Dio ci mostra un modo ben diverso di ragionare: fidatevi e affidatevi come quel giovane che mette a disposizione quel poco che ha: Dio compie con la nostra piccola generosità grandi miracoli.

Questo discorso, infine, coinvolge anche il livello spirituale e liturgico. Come il padre di famiglia nella cena giudaica, Gesù presi i pani, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti. E lo stesso fece con i pesci. E tutti ne furono saziati.

Cinque gesti di Gesù nella moltiplicazione, cinque i gesti di Gesù nella cena pasquale, cinque gesti che ricordiamo e rinnoviamo in ogni celebrazione eucaristica: prese il pane, alzò gli occhi, rese grazie, lo spezzò e lo diede. Gesti che hanno una finalità istituzionale: mangiate e bevetene, tutti.

Dodici ceste sempre piene a disposizione di tutti. Il fatto che gli avanzi debbano essere tenuti in riserva perché nulla vada perduto, lascia pensare che dovranno essere dati ad altri che ne abbiano desiderio e bisogno – segno di un alimento destinato a non esaurirsi mai – e che bisogna dispensare ad altri la luce e la forza attinti al banchetto (Dio non vuole l’egoismo e l’individualismo).

Il discorso ora ci deve coinvolgere pienamente. Scrive San Paolo: “comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto” vivete cioè “con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace”. Ricordatevi sempre che ciò che vi unisce è molto di più (e ben più importante) di ciò che può dividervi. Infatti avete “Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti”.



Noi che cibo cerchiamo? Di cosa ci sfamiamo? Quanto e come condividiamo ciò che ci è stato dato in dono e non ci appartiene? Siamo amministratori dei beni di Dio o padroni egoisti e ribelli? Che rapporto abbiamo con Gesù Parola ed Eucaristia? E’ alimento settimanale di cui non posso fare a meno? Cerco momenti di adorazione davanti al Tabernacolo?

Insegnami, Gesù,

ad offrire quello che ho,

a condividerlo con gli altri,

a donarlo generosamente.


Insegnami, Gesù,

a dare i miei cinque pani e i due pesci.

a condividere i miei beni,

a vivere con il necessario,

ad essere generoso e magnanimo.


Insegnaci ad essere solidali,

insegnaci a condividere,

insegnaci la gioia del dare,

per costruire il Regno,

per vivere l’amore,

per cambiare il mondo

e avvicinarlo di più a Dio.


O Gesù, la folla ti cerca, ti segue,

viene a te con i cuori feriti, la loro angoscia,

i loro malati, sicura che tu li avresti sollevati

dai loro pesi.

Davanti alle sofferenze

che gli uomini hanno nel corpo e nello spirito,

vieni incontro ai loro bisogni,

moltiplichi quel poco di buono che hanno,

come hai fatto con i pochi pani e pesci;

dimostri che non sei assente dall’umanità

e non ti disinteressi di loro.

Siamo chiamati ad amare il prossimo,

ancor più quando questo è povero, in difficoltà.

Fa’ o Signore Gesù,

che tutti trovino in noi una porta aperta

ed un cuore disponibile

e che nessuno di noi chiuda il cuore e il portafoglio

di fronte a chi è nel bisogno.

Il cristiano non dovrebbe mai cenare da solo, ma sempre con i fratelli bisognosi.

Nell’Eucaristia, per Amore doni tutto te stesso

come sacrificio di salvezza

e con ogni credente che incontri condividi tutto il tuo Amore.
_____________
Ermes Ronchi: La moltiplicazione dei pani è un evento che si è impresso in modo indelebile nei discepoli, l'unico miracolo raccontato in tutti i vangeli. Più ancora che un miracolo, un segno: fessura di mistero, evento decisivo per comprendere Gesù. Lui ha pane per tutti, è come se dicesse: io faccio vivere, io moltiplico la vita! Lui fa vivere: con le sue mani che risanano i malati, con le parole che guariscono il cuore, con il pane che significa tutto ciò che alimenta la vita dell'uomo
Cinquemila uomini, e attorno è primavera; sul monte, nel luogo dove Dio è più vicino, hanno fame, fame di Dio. Qualcuno ha pani d'orzo, l'orzo è il primo dei cereali che matura, simbolo di freschezza e novità; piccola ricchezza di un ragazzo, anche lui una primizia d'uomo.
A Gesù nessuno chiede nulla, è lui che per primo si accorge e si preoccupa: «Dove potremo comprare il pane per loro?».
Alla sua generosità corrisponde quella del ragazzo: nessuno gli chiede nulla, ma lui mette tutto a disposizione. Primo miracolo. Invece di pensare: che cosa sono cinque pani per cinquemila persone? Sono meno di niente, inutile sprecarli. E la mia fame? Dà tutto quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco. È tutto!
Per una misteriosa regola divina, quando il mio pane diventa il nostro pane accade il miracolo. La fame finisce non quando mangi a sazietà, ma quando condividi fosse pure il poco che hai. C'è tanto di quel pane sulla terra che a condividerlo basterebbe per tutti. Il Vangelo neppure parla di moltiplicazione ma di distribuzione, di un pane che non finisce. E mentre lo distribuivano il pane non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano restava in ogni mano. Come avvengono certi miracoli non lo sapremo mai. Neanche per questo di oggi riusciamo a vedere il «come». Ci sono e basta. Quando a vincere è la generosità.
Giovanni riassume l'agire di Gesù in tre verbi «Prese il pane, rese grazie e distribuì», che richiamano subito l'Eucaristia, ma che possono fare dell'intera mia vita un sacramento: prendere, rendere grazie, donare. Noi non siamo i padroni delle cose. Se ci consideriamo tali, profaniamo le cose: l'aria, l'acqua, la terra, il pane, tutto quello che incontriamo, non è nostro, è vita da che viene in dono da altrove e va oltre noi. Chiede cura, come per il pane del miracolo (i dodici canestri di pezzi), le cose hanno una sacralità, c'è una santità perfino nella materia, perfino nelle briciole: niente deve andare perduto.
Impariamo ad accogliere e a benedire: gli uomini, il pane, Dio, la bellezza, la vita, e poi a condividere: accoglienza, benedizione, condivisione saranno dentro di noi sorgenti di Vangelo. E di felicità.
(Letture: 2 Re 4,42-44; Salmo 144; Efesini 4,1-6; Giovanni 6,1-15)

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