martedì 25 ottobre 2016

La salvezza viene dal piccolo. Luca (4, 24-30)

Lunedì, 29 febbraio 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.049, 01/03/2016)

La salvezza di Dio non viene dalle cose grandi, dal potere o dai soldi, dalle cordate clericali o politiche, ma dalle cose piccole e semplici che, alle volte, suscitano persino sdegno. 
«La Chiesa ci prepara alla Pasqua e oggi ci fa riflettere sulla salvezza: come noi pensiamo che sia la salvezza, quella salvezza che tutti noi vogliamo» ha affermato Francesco. E proprio la storia «della malattia di Naamàn», narrata dal secondo libro dei Re (5, 1-15), «ci avvicina al fatto della morte: e dopo?». Infatti «quando c’è la malattia, sempre ci rimanda a quel pensiero: la salvezza». Ma, si è chiesto il Pontefice, «come viene questa salvezza? Qual è la strada per la salvezza? Qual è la rivelazione di Dio a noi cristiani sulla salvezza?».
Per il Papa «la parola chiave per capire il messaggio di oggi della Chiesa è sdegno». Quando «Naamàn, arrivato da Eliseo, chiede la guarigione, Eliseo manda il ragazzo a dirgli di bagnarsi sette volte nel Giordano. Una cosa semplice». Forse proprio per questo «Naamàn si sdegnò» esclamando: «Ho fatto un viaggio così, con tanti doni...»: tutto invece si risolve con un semplice bagno nel fiume. Oltretutto, rincara Naamàn, «noi abbiamo fiumi più belli di questo».

domenica 23 ottobre 2016

L'equazione del perdono. Matteo (18, 21-25)

Papa Francesco, Meditazione mattutina, Martedì, 1° marzo 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.050, 02/03/2016)

È la misericordia l’«asse» della liturgia di martedì 1° marzo. È la «parola più ripetuta» e su questa si è soffermata la riflessione di Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Marta.
In tutta la liturgia della parola risuona questo concetto. Nel salmo responsoriale si ripete: «Ricordati, Signore, della tua misericordia». Ed è, ha spiegato il Pontefice, come «dire: “Ma, ricordati del tuo nome, Signore: il tuo nome è misericordia!”».
Anche nella prima lettura, tratta dal libro del profeta Daniele (3, 25.34-43), la richiesta di misericordia è al centro del racconto. Si legge infatti della «preghiera di Azaria, uno di quei ragazzi che erano nel forno perché non volevano adorare l’idolo d’oro»: questi «chiede misericordia, per lui e per il popolo; chiede a Dio il perdono». Non «un perdono superficiale», non un semplice togliere una macchia «come fa quello della tintoria quando portiamo un vestito». La richiesta, ha sottolineato Papa Francesco, è di un «perdono del cuore» che, quando viene da Dio, «sempre è misericordia».

sabato 22 ottobre 2016

Storia di una fedeltà fallita. Luca (11, 14-23)

Papa Francesco, Meditazione mattutina, Giovedì, 3 marzo 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.052, 04/03/2016)

Riconoscersi peccatori ed essere capaci di chiedere perdono è il primo passo per rispondere con chiarezza, senza intavolare negoziati, alla domanda diretta che Gesù rivolge a ciascuno di noi: «sei con me o contro di me?». L’invito ad aprirsi incondizionatamente alla misericordia di Dio è stato rilanciato dal Papa durante la messa celebrata giovedì mattina, 3 marzo, nella cappella della Casa Santa Marta.
All’inizio della prima lettura, ha fatto notare subito Francesco, il profeta Geremia (7, 23-28) «ci ricorda il patto di Dio col suo popolo: “Ascoltate la mia voce e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”». È «un patto di fedeltà». E «ambedue le letture — ha proseguito — ci raccontano un’altra storia: questo patto è caduto e oggi la Chiesa ci fa riflettere sulla, possiamo chiamarla così, storia di una fedeltà fallita». In realtà «Dio rimane sempre fedele, perché non può rinnegare se stesso» invece il popolo inanella infedeltà «una dietro l’altra: è infedele, è rimasto infedele!».

venerdì 21 ottobre 2016

Il filo della speranza. Giovanni (8, 51-59)

Papa Francesco, Meditazione mattutina, Giovedì, 17 marzo 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.064, 18/03/2016)

Spes contra spem, «credere contro ogni speranza»: ecco, stando a san Paolo, la carta d’identità del cristiano. Il quale, sulla scia di Abramo, sa bene che «il filo della speranza», persino nei momenti piu difficili, «corre lungo la storia della salvezza: di più, è fonte di gioia». Questo invito a non perdere mai la speranza, certi che non si resterà delusi, è stato riproposto dal Papa nella la messa celebrata giovedì mattina, 17 marzo, nella cappella della Casa Santa Marta.
«La liturgia di oggi — ha subito fatto notare Francesco — ci prepara alle feste pasquali con la riflessione su quella virtù tanto lasciata da parte, tanto umile, che è la speranza». Nel passo evangelico di Giovanni (8, 51-59), «Gesù parla di Abramo e dice ai dottori della legge: “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno”».

mercoledì 19 ottobre 2016

Direzione obbligatoria. Giovanni (10, 1-10)

Papa Francesco, Meditazione mattutina Lunedì, 18 aprile 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.089, 19/04/2016)
Le coordinate della vita cristiana sono molto semplici, non c’è bisogno di andare a cercare mille consigli: basta seguire una voce, così come fanno le pecore con il loro pastore. 
La liturgia del giorno, del resto, proponeva una sorta di «eco delle letture» della iv domenica di Pasqua, chiamata appunto «la domenica del buon pastore, in cui Gesù si presenta come il “buon pastore”». E proprio su questo tema, nel Vangelo di Giovanni (10, 1-10) commentato dal Pontefice, emergevano «tre realtà» sulle quali il Papa ha voluto «riflettere un poco: la porta, il cammino e la voce».

Orfani o discepoli. Giovanni (10, 22-30)

Papa Francesco, Meditazione mattutina Martedì, 19 aprile 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.090, 20/04/2016)

Con la preghiera del Padre Nostro Gesù consegna a ciascuno l’atto di paternità: nessuno è orfano ma c’è il rischio di diventarlo chiudendo il cuore e non lasciandoci attrarre dall’amore di Dio.  E il Papa ha anche suggerito di ricorrere a una preghiera umile, con lo spirito del figlio: «Padre, attirami verso Gesù; Padre, portami a conoscere Gesù». Proprio per non avere l’atteggiamento di quei dottori della legge che persino davanti ai miracoli di Gesù e alla sua risurrezione facevano di tutto pur di negare l’evidenza.
Per la sua meditazione, Francesco ha preso le mosse dal passo di Giovanni (10, 22-30), proposto dalla liturgia. «Gesù si confronta un’altra volta con i sacerdoti, i dottori della legge» ha fatto subito notare. E «loro gli fanno la domanda: “Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”». Del resto quei dottori «tornavano sempre sullo stesso argomento: tu chi sei? Con che autorità fai questo?”». Il Vangelo ci dice che «Gesù rispose loro: “Ve l’ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete”».

martedì 18 ottobre 2016

Cristiani a tre dimensioni. Giovanni (14, 1-6)

Papa Francesco, Meditazione mattutina Venerdì, 22 aprile 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.093, 23/04/2016)

Il cristiano, «uomo di speranza», sa e testimonia che «Gesù è vivo» ed «è fra noi», che Gesù prega il Padre «per ognuno di noi» e che «tornerà». Prendendo spunto dalla liturgia del giorno, il Pontefice ha fatto emergere tre «dimensioni» fondamentali della vita cristiana: l’«annuncio», l’«intercessione» e la «speranza».
Innanzitutto l’annuncio. Come si legge anche nel brano degli Atti degli apostoli (13, 26-33), l’annuncio è sostanzialmente «la testimonianza che danno gli apostoli della resurrezione di Gesù». Così Paolo in sinagoga afferma: «Dopo avere adempiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce, lo misero nel sepolcro. Ma Dio lo ha resuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo». Quindi, ha sintetizzato il Pontefice, «l’annuncio è: Gesù è morto ed è risorto per noi, per la nostra salvezza. Gesù è vivo!». Ed è quanto i primi discepoli hanno tramandato «ai giudei e ai pagani del loro tempo» e hanno «testimoniato anche con la loro vita, con il loro sangue».

mercoledì 12 ottobre 2016

Doppia vita. Matteo (11, 25-30)

Papa Francesco, Meditazione mattutina Venerdì, 29 aprile 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.098, 30/04/2016)

I consigli di san Giovanni alla “Chiesa adolescente” del primo secolo sono validissimi anche per noi oggi e Francesco li ha riproposti, rilanciando proprio i contenuti della prima lettera dell’apostolo: non avere una doppia vita e non cedere alla menzogna, consapevoli che pur essendo peccatori abbiamo un Padre che ci perdona. 
«La liturgia di oggi — ha fatto subito notare — ci parla di mitezza, di umiltà; ci parla di ristoro di Dio, quando noi siamo stanchi, oppressi; ci parla di dolcezza». Ed è proprio «quello che Gesù dice nel Vangelo, quando loda il Padre: “Signore, tu hai nascosto queste cose ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”». Il Signore, ha aggiunto il Papa citando il passo evangelico di Matteo (11, 25-30), «ci parla di piccolezza, di quella piccolezza che piace a Dio».

martedì 11 ottobre 2016

Il prezzo della testimonianza. Giovanni, 15, 26 - 16, 4

Papa Francesco, Meditazione mattutina Lunedì, 2 maggio 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.100, 02-03/05/2016)

Nella vita del cristiano c’è una «doppia testimonianza»: quella dello Spirito che «apre il cuore» mostrando Gesù, e quella della persona che «con la forza dello Spirito» annuncia «che il Signore vive». Una testimonianza, quest’ultima, da portare «non tanto con le parole» ma con la «vita», anche a costo di «pagare il prezzo» delle persecuzioni.
La liturgia, infatti, continua a proporre brani degli Atti degli apostoli (16, 11-15) con le prime missioni della Chiesa nascente e stralci del discorso di Gesù durante l’ultima cena (Giovanni, 15, 26 - 16, 4). In particolare nel Vangelo del giorno si legge di Gesù che «parla della testimonianza che lo Spirito Santo, il Paràclito, darà di lui e della testimonianza che noi dovremo dare anche di lui». E Francesco ha sottolineato come qui la parola «più forte» sia proprio «testimonianza».

Martini, con le armi dello spirito (Efesini 6)

http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/MARTINI----4.aspx

“Chiediamoci: qual è il combattimento a cui siamo chiamati nella esortazione conclusiva della Lettera di Paolo agli Efesini?”, si domanda Carlo Maria Martini in un testo inedito tratto da un suo corso di esercizi spirituali del 1975 e anticipato da Avvenire l'11 ottobre 2016.

Chiediamoci: qual è il combattimento a cui siamo chiamati nella esortazione conclusiva della Lettera di Paolo agli Efesini (Ef 6, 10ss)? Vorrei dare tre idee fondamentali, sulle quali dovremo ritornare, per cercare di capire perché san Paolo ci parla di combattimento spirituale, qual è questa battaglia dell’anima e perché la vita cristiana è descritta con la metafora della lotta. Il primo pensiero che propongo è questo. Tutta la storia del mondo può essere vista – ed è vista dalla Scrittura – come una grande lotta. Il libro che conclude, che riassume in qualche maniera la Bibbia, cioè il Libro dell’Apocalisse, ci presenta la storia del mondo proprio come una grande battaglia. Prendiamo qualche brano dal capitolo dodicesimo, che si trova al centro dell’Apocalisse. Ci mostra lo scontro che si dipana fra cielo e terra: «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago; il drago combatteva insieme con i suoi angeli». 

Strada facendo (Gv 14,6-14)

Papa Francesco, Meditazione mattutina Martedì, 3 maggio 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.101, 04/05/2016)

La «strada giusta» si chiama Gesù e per il cristiano il cammino della vita è fatto «un po’ di croce e un po’ di risurrezione». Ma sulla strada c’è chi si ferma come «una mummia spirituale», chi sbaglia direzione e si intestardisce, chi passa l’esistenza girando a vuoto e chi si fa sedurre dalle bellezze mondane: da questi atteggiamenti ha messo in guardia il Papa, invitando espressamente a un esame di coscienza per verificare la propria esperienza di fede.
Il passo evangelico di Giovanni proposto dalla liturgia (14, 6-14) — ha spiegato Francesco — «è parte di quel lungo discorso di Gesù nella ultima cena, il discorso del congedo: lui si congeda prima di andare alla passione». E dice agli apostoli: «Io non vi lascerò orfani; io non vi lascerò soli; io vado a prepararvi un posto». Inoltre, ha fatto notare il Papa, nei «due versetti prima di questo passo che abbiamo ascoltato» si legge: «Dove io vado, voi conoscete la via». Così Tommaso risponde: «Ma, Signore, noi non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?». A questo punto inizia il passo evangelico della liturgia del giorno, con Gesù che dice a Tommaso: «Io sono la via». È «la risposta all’angoscia, alla tristezza, alla tristezza dei discepoli per questo congedo di Gesù: loro non capivano tanto, ma erano tristi per questo». Per questo Gesù dice a Tommaso: «Io sono la via».

domenica 9 ottobre 2016

Con gioia e con speranza. Giovanni (16, 20-23)

 Papa Francesco, Meditazione mattutina, Venerdì, 6 maggio 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.103, 07/05/2016)

Il cristiano non anestetizza il dolore, neppure quello più grande che fa vacillare la fede, e non vive la gioia e la speranza come fosse sempre carnevale. Ma trova il senso della sua esistenza nel profilo della donna che partorisce: quando nasce il bambino è talmente felice da non ricordare più la sua sofferenza. 
«Nella liturgia dell’Ascensione del Signore — ha fatto subito notare Francesco, riferendosi alla celebrazione festiva di ieri — la Chiesa esplode in un atteggiamento che non è abituale, e all’inizio la prima preghiera è un grido: “Esulti, Signore, la tua Chiesa!”». Sì, ha proseguito, «esulti, con la speranza di vivere e di raggiungere il Signore: “Esulti di gioia la tua Chiesa”». E, nella preghiera colletta, «oggi abbiamo pregato: “Signore, innalza i nostri cuori verso Gesù!”». Un’invocazione che esprime «proprio la gioia che pervade tutta la Chiesa, gioia e speranza: tutte e due vanno insieme». Difatti «una gioia senza speranza è un semplice divertimento, una passeggera allegria». E «una speranza senza gioia non è speranza, non va oltre un sano ottimismo».

venerdì 7 ottobre 2016

XXVIII Domenica Tempo ordinario Anno C (Luca 17, 11-19)


Gesù è in cammino verso Gerusalemme. Lungo la strada incontra 10 lebbrosi che si rivolgono a lui, da lontano, con un grido semplice e breve: "Gesù, maestro, abbi pietà di noi".

- la condizione dei lebbrosi del tempo: esclusi dalla società per paura del contagio, esclusi dalla religione perchè la loro malattia è considerata una punizione per i loro peccati.

- la lebbra è diventata simbolo della nostra condizione spirituale: il peccato ci corrode ed è contagioso. Allora gridiamo anche noi come i lebbrosi? Chiediamo aiuto al Signore?

- come risponde Gesù al loro grido di aiuto? "Andate a presentarvi ai sacerdoti". Non è uno scaricabarile ("ci pensino loro"), ma un invito a fidarsi del fatto che li guarirà lungo il cammino e potranno mostrare ai sacerdoti la loro guarigione ed essere così riammessi nella società.

Filippo Neri e la gallina (Gv.17,20-26)

Papa Francesco, Meditazione mattutina, Giovedì, 12 maggio 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.108, 13/05/2016)

Un bel «morso alla lingua» quando ci assale la tentazione di sparlare. Perché proprio «le zizzaniere» — come chiamano in Argentina le persone che mettono in giro le chiacchiere — sono una controtestimonianza cristiana, causando anche divisioni nella Chiesa. 
«Gesù prega: “Alzati gli occhi al cielo, pregò”» racconta Giovanni nel passo evangelico (17, 20-26) proposto dalla liturgia del giorno. E Francesco ha fatto subito notare che «Gesù pregò per tutti, non pregò solo per i discepoli che erano a tavola con lui, ma per tutti». Scrive infatti Giovanni, riportandone le parole: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me, mediante la loro parola». Questo vuole dire, ha affermato il Pontefice, che Cristo «prega per noi: ha pregato per me, per te, per te, per te, per ognuno di noi». E non ha smesso: «Gesù continua a farlo in cielo, come intercessore». È importante comprendere «cosa chiede Gesù in questo momento al Padre: “perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te”, siano anche essi in noi». Infatti egli «crede e prega per l’unità, l’unità dei credenti, delle comunità cristiane». Ma pensa a «un’unità come è quella che ha Lui con il Padre e il Padre con Lui: un’unità perfetta». E finisce così la preghiera, secondo il Vangelo di Giovanni: «Perché il mondo creda che tu mi hai mandato». Ecco perché «l’unità delle comunità cristiane» e «delle famiglie cristiane» è «la testimonianza del fatto che il Padre abbia inviato Gesù».

mercoledì 5 ottobre 2016

Quella voglia di arrampicarsi. Marco (9, 30-37)

Papa Francesco, Meditazione mattutina Martedì, 17 maggio 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.112, 18/05/2016)

C’è una «tentazione» che «divide e distrugge la Chiesa»: è la «voglia mondana di avere il potere», l’invidia e il desiderio «di andare più in alto». Questa tentazione risponde al «pensiero del mondo», mentre Gesù parla «di servizio, di umiliazione».
Confrontandosi con il brano evangelico del giorno, tratto dal Vangelo di Marco (9, 30-37), l’intera meditazione del Pontefice si è sviluppata sulla contrapposizione fra questi «due modi di parlare». La Scrittura, infatti, presenta Gesù che «insegna ai suoi discepoli» e dicendo loro «la verità sulla propria vita» — sulla sua, ha spiegato Francesco, ma «anche sulla vita dei cristiani, la “vera” verità» — rivela: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni, risorgerà».

martedì 4 ottobre 2016

Dio non è un'equazione. Marco (10, 1-12)

Papa Francesco, Meditazione mattutina Venerdì, 20 maggio 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.115, 21/05/2016)

La scena raccontata nel Vangelo di Marco (10, 1-12): «Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano», e «la folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare».
Protagonista, ha spiegato il Papa, è «la folla che viene a lui: lui insegnava e loro ascoltavano». Tutte quelle persone seguivano Gesù proprio perché avevano piacere ad ascoltarlo. Il Vangelo dice che «lui insegnava con autorità, non come insegnavano gli scribi e i farisei». Per questo «la folla, il popolo di Dio, era con Gesù».
Però, precisa l’evangelista Marco, c’era anche, «dall’altra parte, quel piccolo gruppetto di farisei, sadducei, dottori della legge che sempre si avvicinavano a Gesù con cattive intenzioni». Il Vangelo ci dice chiaramente che la loro intenzione era di «metterlo alla prova»: erano sempre pronti a usare la classica buccia di banana «per far scivolare Gesù», togliendogli così «l’autorità».

lunedì 3 ottobre 2016

Inno alla gioia. Marco (10, 17-27)

Papa Francesco, Meditazione mattutina Lunedì, 23 maggio 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.117, 23-24/05/2016)

«La carta d’identità del cristiano è la gioia»: lo «stupore» di fronte alla «grandezza di Dio», al suo «amore», alla «salvezza» che ha donato all’umanità non può che portare il credente a una gioia che neanche le croci della vita possono scalfire, perché anche nella prova c’è «la sicurezza che Gesù è con noi».
In particolare, il Pontefice ha voluto rileggere l’incipit del brano tratto dalla prima Lettera di Pietro (1, 3-9) che — ha detto — per il «tono esultante», l’«allegria», il modo dell’apostolo di intervenire «a tutta forza» ricorda l’inizio «dell’Oratorio di Natale di Bach». Scrive, infatti, Pietro: «Sia benedetto il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, ricreati, mediante la resurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce; essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rilevata nell’ultimo tempo».

domenica 2 ottobre 2016

Spirito in gabbia. Marco (12, 1-12)

Papa Francesco, Meditazione mattutina Lunedì, 30 maggio 2016

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.122, 31/05/2016)

«Profezia, memoria e speranza»: sono le tre caratteristiche che rendono liberi la persona, il popolo, la Chiesa, impedendo di finire in un «sistema chiuso» di norme che ingabbia lo Spirito Santo. 
«È chiaro a chi Gesù parla con questa parabola: ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani del popolo» ha fatto subito notare il Papa riferendosi al passo evangelico di Marco (12, 1-12) proposto dalla liturgia. Dunque «per loro» il Signore usa «l’immagine della vigna», che «nella Bibbia è l’immagine del popolo di Dio, l’immagine della Chiesa e anche l’immagine della nostra anima». Così, ha spiegato Francesco, «il Signore cura la vigna, la circonda, scava una buca per il torchio, costruisce una torre».