(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.098, 30/04/2016)
I consigli di san Giovanni alla “Chiesa adolescente” del primo secolo sono validissimi anche per noi oggi e Francesco li ha riproposti, rilanciando proprio i contenuti della prima lettera dell’apostolo: non avere una doppia vita e non cedere alla menzogna, consapevoli che pur essendo peccatori abbiamo un Padre che ci perdona.
«La liturgia di oggi — ha fatto subito notare — ci parla di mitezza, di umiltà; ci parla di ristoro di Dio, quando noi siamo stanchi, oppressi; ci parla di dolcezza». Ed è proprio «quello che Gesù dice nel Vangelo, quando loda il Padre: “Signore, tu hai nascosto queste cose ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”». Il Signore, ha aggiunto il Papa citando il passo evangelico di Matteo (11, 25-30), «ci parla di piccolezza, di quella piccolezza che piace a Dio».
Particolarmente significative, ha suggerito il Papa, sono le prime parole della lettera di Giovanni: «Figlioli miei». In quell’espressione c’è «proprio la saggezza di un nonno che parla e ha una eredità». E «qual è il consiglio che dà? Non siate bugiardi! Non dite o non fate capire che Dio è un bugiardo». Ma «come dà questo consiglio? Con un paio di parole che si oppongono fra di loro: luce e tenebra; peccato e grazia». È evidente che, ha affermato il Pontefice, «se noi diciamo di essere in comunione con Dio, che è luce, e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi». Per questo Giovanni «semplicemente dice: rimanete nella luce; siate aperti con la verità del Vangelo; non andate su strade oscure, su strade tenebrose, perché lì non c’è la verità, lì si nasconde quell’altra cosa, non siate bugiardi!».
«Sempre la luce», insomma. Perciò «se tu dici che sei in comunione con il Signore, cammina nella luce: la doppia vita, no! Quella no!». Un no deciso, dunque, a «quella menzogna che noi siamo tanto abituati a vedere, a caderci dentro pure noi: dire una cosa e farne un’altra». È una tentazione che ricorre sempre. Ma «la menzogna noi sappiamo da dove viene: nella Bibbia, Gesù il diavolo lo chiama il “padre della menzogna”, il bugiardo».
Proprio «per questo, con tanta dolcezza, con tanta mitezza, questo nonno dice alla “Chiesa adolescente”: non essere bugiarda! Tu sei in comunione con Dio, cammina alla luce; fa opere di luce, non dire una cosa per farne un’altra, non la doppia vita e tutto questo». Quello di Giovanni è «un consiglio semplice, ma che ci aiuta perché ci porta a pensare a noi stessi». A questo proposito, Francesco ha anche suggerito alcune domande dirette per un esame di coscienza personale: «Io sempre cammino alla luce? Sempre sotto la luce di Dio? Sono trasparente o sono delle volte oscuro e delle volte luminoso?».
«Se noi diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi» ha messo in guardia il Papa. Perché «tutti siamo peccatori, tutti abbiamo peccati». Così «se diciamo di non avere peccato, facciamo di Dio un bugiardo». E «la sua parola non è in noi, perché tutti siamo peccatori». Giovanni, nella sua lettera, è chiaro e spiega: «Non abbiate paura, figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate, ma se qualcuno ha peccato, se qualcuno pecca, non si scoraggi. Abbiamo un Paràclito, una parola, un avvocato, un difensore presso il Padre: è Gesù Cristo, il Giusto. Lui ci giustifica, lui ci dà la grazia».
Ascoltando questi consigli di Giovanni, ha detto Francesco, «uno sente la voglia di dire a questo nonno: “Ma non è tanto una brutta cosa avere peccati?”». No, ha proseguito il Papa, «il peccato è brutto! Ma se tu hai peccato, guarda che ti aspettano per perdonarti! Sempre! Perché lui — il Signore — è più grande dei nostri peccati».
«Questa — ha spiegato il Pontefice — è la vita cristiana, questo è il consiglio che questo nonno dà ai suoi nipotini, a questa Chiesa del primo secolo che è già una bella esperienza di Gesù: sempre alla luce, senza bugie, senza nascondere, senza ipocrisie. È il cammino della luce».
Riguardo al peccato, Francesco ha ripetuto che se è vero che «tutti siamo siamo deboli e tutti abbiamo peccato», resta forte l’invito a non aver paura perché Dio «è più grande dei nostri peccati, più buono». E «lui ci aspetta con quell’atteggiamento che abbiamo recitato nel salmo: “Misericordioso e pietoso è il Signore. Lento all’ira e grande nell’amore. Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono, perché Egli sa bene di che siamo plasmati. Ricorda che noi siamo polvere”» (Salmo 102).
È, in fondo, «l’esperienza tanto bella di cercare il Signore, incontrare il Signore». Fino a riconoscere di essere scivolati, di aver peccato. Per sentirsi dire dal Padre: «Stai tranquillo, io ti perdono, ti abbraccio». E «questa è la misericordia di Dio, è la grandezza di Dio: è più grande dei nostri peccati, più dolce, perché lui sa che noi siamo polvere, siamo niente, la forza viene soltanto da lui». E «così il Signore sempre ci aspetta».
Concludendo l’omelia, Francesco ha invitato a tenere in mente la lettura liturgica del giorno, Giovanni che come un nonno ci consiglia e ci chiama «figlioli miei». E, seguendo quei consigli, «camminiamo nella luce perché Dio è luce: non andare con un piede nella luce e l’altro nelle tenebre; non essere bugiardi». L’importante è essere consapevoli che «tutti abbiamo peccato» e «nessuno può dire: questo è un peccatore, questa è una peccatrice» mentre «io, grazie a Dio, sono giusto. No!». Perché, ha detto ancora il Pontefice, «soltanto uno è giusto, quello che ha pagato per noi». E «se qualcuno pecca, lui ci aspetta, ci perdona perché è misericordioso e sa bene di che siamo plasmati e ricorda che noi siamo polvere». Proprio «la gioia che ci dà questa lettura — ha auspicato il Papa — ci porti avanti nella semplicità e nella trasparenza della vita cristiana, soprattutto quando ci rivolgiamo al Signore. Con la verità».
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