Lunedì, 29 febbraio 2016
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.049, 01/03/2016)
La salvezza di Dio non viene dalle cose grandi, dal potere o dai soldi, dalle cordate clericali o politiche, ma dalle cose piccole e semplici che, alle volte, suscitano persino sdegno.
«La Chiesa ci prepara alla Pasqua e oggi ci fa riflettere sulla salvezza: come noi pensiamo che sia la salvezza, quella salvezza che tutti noi vogliamo» ha affermato Francesco. E proprio la storia «della malattia di Naamàn», narrata dal secondo libro dei Re (5, 1-15), «ci avvicina al fatto della morte: e dopo?». Infatti «quando c’è la malattia, sempre ci rimanda a quel pensiero: la salvezza». Ma, si è chiesto il Pontefice, «come viene questa salvezza? Qual è la strada per la salvezza? Qual è la rivelazione di Dio a noi cristiani sulla salvezza?».
Per il Papa «la parola chiave per capire il messaggio di oggi della Chiesa è sdegno». Quando «Naamàn, arrivato da Eliseo, chiede la guarigione, Eliseo manda il ragazzo a dirgli di bagnarsi sette volte nel Giordano. Una cosa semplice». Forse proprio per questo «Naamàn si sdegnò» esclamando: «Ho fatto un viaggio così, con tanti doni...»: tutto invece si risolve con un semplice bagno nel fiume. Oltretutto, rincara Naamàn, «noi abbiamo fiumi più belli di questo».
Ancora, la proseguito il Papa, «più avanti Gesù ha sentito questo disprezzo da parte dei dirigenti, i dottori della legge che cercavano la salvezza nella casistica della morale — “questo si può fino a qui, fino a là...” — e così avevano non so quanti comandamenti e il povero popolo...». Proprio per questo la gente non aveva fiducia in loro. Lo stesso capitava con «i sadducei, che cercavano la salvezza nei compromessi con i poteri del mondo, con l’impero: gli uni con le cordate clericali, gli altri con le cordate politiche cercavano la salvezza così». Ma «il popolo aveva fiuto e non credeva» in loro. Invece «credeva a Gesù perché parlava con autorità».
«Ma perché questo sdegno?» è la questione posta dal Pontefice. «Perché — ha sottolineato — nel nostro immaginario la salvezza deve venire da qualcosa di grande, da qualcosa di maestoso: ci salvano solo i potenti, quelli che hanno forza, che hanno soldi, che hanno potere, questi possono salvarci». Invece «il piano di Dio è un altro». E così «si sdegnano perché non possono capire che la salvezza viene soltanto dal piccolo, dalla semplicità delle cose di Dio». E «quando Gesù fa la proposta della via di salvezza, mai parla di cose grandi», solo «di cose piccole».
In questa prospettiva Francesco ha suggerito di rileggere le beatitudini evangeliche — «Tu sarai salvo se farai questo» — e il capitolo 25 di Matteo. Sono «i due pilastri del Vangelo: “Vieni, vieni con me perché hai fatto questo”». E si tratta di «cose semplici: tu non hai cercato la salvezza o la tua speranza nel potere, nelle cordate, nei negoziati, no; hai fatto semplicemente questo». Ma proprio «questo sdegna tanti».
«Come preparazione alla Pasqua — ha proposto il Papa — io vi invito, anche io lo farò, a leggere le beatitudini e a leggere Matteo 25, e pensare e vedere se qualcosa di questo mi sdegna, mi toglie la pace». Perché «lo sdegno è un lusso che possono permettersi soltanto i vanitosi, gli orgogliosi».
Proprio «alla fine delle beatitudini — ha spiegato Francesco — Gesù dice una parola» forte: «Beato colui che non si scandalizza di me», cioè «che non ha sdegno di questo, che non sente sdegno». E riflettendo sulle ragioni di queste parole, il Papa ha ripetuto che «ci farà bene prendere un po’ di tempo — oggi, domani — e leggere le beatitudini, leggere Matteo e stare attenti a cosa succede nel nostro cuore: se c’è qualcosa di sdegno». E «chiedere la grazia al Signore di capire che l’unica via della salvezza è la pazzia della croce, cioè l’annientamento del Figlio di Dio, del farsi piccolo». Nella liturgia di oggi, ha concluso, «il piccolo» è appunto «rappresentato dal bagno nel Giordano e dal piccolo villaggio di Nazareth».
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