IV Domenica di Avvento - Anno B
In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.
Ermes Ronchi: L'annunciazione si apre con l'elenco di sette nomi propri di luoghi e persone (Gabriele, Dio, Galilea, Nazaret, Maria, Giuseppe, Davide) per indicare, attraverso il numero sette che simboleggia la pienezza, la totalità della vita. Non ai margini, ma al centro della vita Dio viene, come evento e non come teoria. Un giorno qualunque, un luogo qualunque, una giovane donna qualunque: il primo affacciarsi del Vangelo è un annuncio consegnato in una casa. Al tempio Dio preferisce la casa. È bello pensare che Dio ti sfiora non solo nelle liturgie solenni delle chiese, ma anche - e soprattutto - nella vita quotidiana. Nella casa Dio ti sfiora, ti tocca, lo fa in un giorno di festa, nel tempo delle lacrime o quando dici a chi ami le parole più belle che sai. La prima parola dell'angelo non è un semplice saluto, ma: Chaîre, sii lieta, gioisci, rallegrati! Non ordina: fa' questo o quello, inginocchiati, vai, prega... Ma semplicemente, prima ancora di ogni risposta: gioisci, apriti alla gioia, come una porta si spalanca al sole. Dio parla il linguaggio della gioia per questo seduce ancora. E subito aggiunge il perché della gioia: piena di grazia, riempita di tenerezza, di simpatia, d'amore, della vita stessa di Dio. Il nome di Maria è «amata per sempre». Il suo ruolo è ricordare quest'amore che dà gioia e che è per tutti. Tutti, come lei, amati per sempre. Maria fu molto turbata. Allora l'angelo le disse: Non temere, Maria. Non temere se Dio non sceglie la potenza, non temere, l'umiltà di Dio, così lontana dalla luci della scena, dai riflettori, dai palazzi; non temere questo Dio bambino che farà dei poveri i principi del suo regno. Non temere l'amore. Ecco concepirai e darai alla luce un Figlio, che sarà Figlio di Dio. La risposta di Maria non è un "sì" immediato, ma una domanda: come è possibile? Porre domande a Dio non è mancanza di fede, è stare davanti a Lui con tutta la dignità di creatura, con maturità e consapevolezza, usare tutta l'intelligenza e dopo accettare il mistero. Solo allora il "sì" è maturo e creativo, potente e profetico: eccomi sono la serva del Signore. Serva è parola biblica che non ha niente di passivo, non evoca sottomissione remissiva; serva del re è la prima dopo il re, è colei che collabora, con-creatrice con il creatore. E l'angelo partì da lei. Un inedito: per la prima volta in tutta la Bibbia è ad una creatura della terra, ad una donna, che spetta l'ultima parola nel dialogo tra il cielo e la terra: nuova dignità della creatura umana. La tua prima parola, Maria, / ti chiediamo di accogliere in cuore: / come sia possibile ancora /concepire pur noi il suo Verbo (Turoldo).
Io: Questa IV domenica di Avvento, vicinissima al Natale, è dominata dall’immagine di Maria. Essa rappresenta la Chiesa che accoglie la Parola del suo Salvatore che vuol farsi carne in lei. Si realizza così l’antica profezia fatta a Davide: Dio stesso si costruisce il Tempio per abitare in mezzo a noi (1L) e “realizzare la nostra salvezza” (2L). Questo Tempio è il corpo di Maria, è la Chiesa di oggi, in cui siamo noi chiamati ad accogliere e donare al mondo la Parola fatta carne.
Come tutti gli abitanti della Palestina, Maria era in attesa del Messia promesso, un’attesa vecchia di secoli,ma non dimenticata. Sarà lei a ricevere il Figlio, sarà lei a mostrarlo, sarà lei a offrirlo.Tale promessa si fonda anche sulla “profezia di Natan” ascoltata nella 1L. Mille anni prima della nascita di Gesù, il re Davide era al massimo della sua potenza, e decise di costruire un grande Tempio, in cui Dio fosse presente tra il suo popolo. Ma, attraverso un profeta, Dio gli mandò a dire che questa grande opera sarebbe stata realizzata da Dio stesso. (Non siamo noi a ospitare Dio, è lui che opera per noi). Dio aggiunge una promessa: renderà la discendenza di Davide salda per sempre.
C’è un progetto di Dio che l’uomo può ostacolare, rallentare, ma non cancellare: questo progetto Paolo lo chiama MISTERO, incomprensibile, oscuro, ma ora rivelato e comunque contenuto nella Scrittura e pian piano manifestato nella storia, unico luogo della manifestazione di Dio.Dai grandiosi palazzi governativi di Gerusalemme (1L), la scena passa all’umile casa dell’umile villaggio di Nazareth alla giovane e insignificante ragazza Maria: siamo condotti da Dio ad un contesto feriale, ordinario, non certo glorioso. Eppure qui avviene un incontro inatteso, dal quale il destino del mondo verrà modificato.
E’ nella nostra quotidianità che deve avvenire l’incontro col Signore: qui, oggi. E con Maria siamo anche noi chiamati a dire SI, ECCOMI, SONO AL SERVIZIO DEL SIGNORE CHE MI CHIAMA.Dobbiamo fare uno sforzo per metterci nei panni di quella ragazza e per togliere al racconto quell’aureola di semplice accondiscendenza, di favola edificante. Maria è vicina a noi: è una ragazza con i suoi piccoli sogni, con la sua fede, con i suoi limiti.
L’Angelo entra da lei, ma può anche essere tradotto: entra in lei. E’ un incontro spirituale di difficile descrizione. Il mistero dell’incontro tra Dio e l’uomo non si può spiegare. La cosa importante è che lascia il segno. E che entra nella sua e nella nostra casa: nella nostra vita quotidiana, anche lontano dalla nostra Chiesa.GIOISCI-RALLEGRATI: è la prima comunicazione dell’Angelo: Dio vuole che ciascuno di noi sia contento, che l’uomo gioisca: la gioia è segno di pienezza di vita. Per Maria motivo di gioia è l’amore che Dio ha per lei: è la piena di grazia, cioè colei che ha fatto spazio a Dio e che Dio ha riempito con il suo amore, con la sua presenza. Amata per sempre.
Il Signore è con te: sempre, ovunque, il Signore sta dalla tua parte, ti vuole bene, vuole il tuo bene, la tua felicità.Non siamo noi i PROTAGONISTI: è Dio che chiama, Dio che compie, Dio che guida: ma noi dobbiamo ACCOGLIERE, COLLABORARE (Dio tutto può, ma nulla fa senza o contro la collaborazione dell’uomo).
Il nostro TURBAMENTO, la nostra PAURA spesso nasce da un atto di superbia: devo fare tutto io?! Temiamo di non essere all’altezza delle situazioni in cui ci troviamo: ma dobbiamo fare davvero tutto noi? E Dio?La differenza tra Davide e Maria è che il primo vuole fare qualcosa per Dio, Maria lascia che Dio faccia tutto per lei e per noi. La fede sta tutta qui (e non è poco): mettere da parte i nostri progetti, anche i più nobili e santi e permettere a Dio di essere Dio, perché lui faccia grandi cose.
E le cose annunciate dall’angelo sono incomprensibili oltre che enormi: Dio, il grande, l’onnipotente che genera in lei un Figlio, SUO figlio (opera dello Spirito Santo[1]: nato dall’incontro fecondo tra Dio e l’umanità), il Messia atteso, la realizzazione della profezia di Natan fatta a Davide (1L). Lo chiamerà Gesù: Dio salva (da cosa? Dal peccato, dalla di-sperazione, dalla mancanza di senso, di gioia…).Non solo: tutto ciò comporta per Maria un RISCHIO non indifferente: quello di perdere il promesso sposo, di essere considerata ragazza-madre, di essere scacciata come adultera. Tutti i suoi progetti (piccoli come i nostri) sono in pericolo. Maria si fida: sono al suo servizio, Lui mi indicherà la strada. Si sente amata, ama Dio: qui trova la forza per dare il suo si, per rispondere come prima di lei hanno fatto i grandi profeti: eccomi.
Anche a noi è richiesto il nostro ECCOMI: ci sto, non scappo, non cerco vie di fuga (neanche in progetti futuri fantasiosi): accetto questa situazione, i miei limiti, la ferialità della vita.Dio non mi chiede di rinunciare ai sogni (anzi, offre a Maria dimensioni future ben più ampie di quelle che lei si potesse immaginare), ma ai MIEI sogni, al fatto che siano solo miei e siano fonte di frustrazioni perché sempre lontani dal realizzarsi.
Dio offre dei SEGNI (a Maria la gravidanza impossibile di Elisabetta): “il segno aiuta a credere, sostiene la fede, ma non dispensa dalla necessità di credere. Infatti, Maria darà il suo assenso al progetto che le viene proposto prima di andare a verificare l’esattezza del segno che le è stato dato” (D.Scaiola).“Nulla è impossibile a Dio”: questa è la misura della fede proposta dall’Angelo. E con linguaggio biblico risponde alla sua comprensibile obiezione (“Come è possibile? Non conosco uomo! Sono vergine!) dicendo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio”, rimanda cioè a quanto avveniva per l’arca dell’alleanza, segno efficace della presenza di Dio in mezzo a Israele. Maria è, dunque, vista come il nuovo tempio perché il suo grembo ospiterà il Figlio di Dio.
Ed è Figlio di Dio realmente e non per adozione: “Se Gesù risultasse dall’amore di Giuseppe e Maria, per quanto grande e santificato fosse questo amore, il frutto sarebbe stato unicamente umano…Gesù sarebbe reso figlio da Dio solo per adozione…In nessun modo saremmo davanti al mistero che la Scrittura rivela e la fede confessa: quello del Figlio effettivo di Dio fatto uomo per l’Incarnazione” (G:Martelet).Ma al momento il dato più rilevante rimane questo: Dio si è scelto la DIMORA , Maria. E’ lei che si fa tabernacolo, casa accogliente ed è con lei che siamo chiamati a farci dimora anche noi di Dio che viene ad abitare in mezzo a noi e, attraverso di noi, in questa società che ha sempre più bisogno di Lui.Vergine santa, insegnaci a scoprire nella tua vita i gesti e le parole che dobbiamo imparare per essere più simili a Gesù.
Insegnaci come si fa ad avere le mani sempre pronte al servizio;ad avere gli occhi aperti alle necessità dei fratelli;
ad avere il cuore che ama senza distinzione.Aiutaci ad essere persone limpide e serene, silenziose e laboriose, ricche dei tuoi esempi,
capaci di ascoltare il Signore che ci parla e ci suggerisce i progetti più belli per una vita più vera.
Così, tutti nella piena comunione torneremo ad amare con te,il silenzio e la preghiera, che ci aiuta a dire ogni giorno come te:
“Ciò che Tu vuoi, Signore, si compia in me”.
VEDI ANCHE: http://sangabriele.myblog.it/
e il VIDEO-VANGELO commentato dal Vescovo Monari di Brescia: http://www.cercoiltuovolto.it/wp/video/video-vang... RISONANZE:
“La terra Santa è segnata da due laghi. Il primo è quello di Tiberiade che riceve acqua e dona acqua attraverso il Giordano. Il secondo, invece, riceve soltanto, accumula e nulla dà ed è per questo che si chiama mar Morto” (dalla tradizione ebraica).
“Madre di Dio che in te è Dio diventato bambino, madre di tutto il creato: madre del bimbo che in te si è incarnato, madre dell’infinito generato. Madre di ogni principio, incominciato il giorno in cui il principio è penetrato in te che ogni principio hai abbracciato… Madre di ogni secondo illuminato, madre del nuovo corso inaugurato in te, per te cresciuto ed educato al mondo, madre dell’inaspettato disegno da te sul mondo intero riversato…” (Aldo Nove).
“Chi ha imparato ad avere fiducia non trema, ha il coraggio di darsi da fare, di protestare quando viene detto qualcosa di spregevole, di cattivo, di distruttivo. E soprattutto ha il coraggio di dire “si” quando si ha bisogno di lui” (C.M.Martini).
Non essere amati è una sfortuna, non saper amare è una tragedia (A. Camus)
[1] E’ lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio che genera, dà vita, abita, agisce. Maria in fondo non deve fare niente, se non lasciare agire lo Spirito. “Se Gesù risultasse dall’amore di Giuseppe e Maria, per quanto grande e santificato fosse questo amore, il frutto sarebbe stato unicamente umano…Gesù sarebbe reso figlio da Dio solo per adozione…In nessun modo saremmo davanti al mistero che la Scrittura rivela e la fede confessa: quello del Figlio effettivo di Dio fatto uomo per l’Incarnazione” (G:Martelet). Si cadrebbe così nell’eresia antica dell’adozionismo per la quale Cristo sarebbe un figlio tra i figli adottivi di Dio, sia pure con un rilievo maggiore. Cristo sarebbe, sì, nostro fratello, ma con tutti i limiti della nostra realtà, senza la possibilità di trascendere e salvare la nostra condizione.
venerdì 16 dicembre 2011
sabato 10 dicembre 2011
Giovanni 1,6-8.19-28: Giovanni Battista, testimone di luce
III Domenica d'Avvento Anno B
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». (...) Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa» (...).
Vegliate- preparate- gioite- accogliete: sono i 4 imperativi classici dell’Avvento.
Oggi, III domenica di Avvento, è la domenica della GIOIA, o meglio della TESTIMONIANZA gioiosa: dopo aver risvegliato la nostra fede assopita, aver ricominciato a preparare la strada al Signore che viene, occorre sempre metterci in cammino condividendo questo percorso con altri fratelli.
Il cristiano non è un solitario, ma è un fratello che ha a cuore gli altri fratelli e che desidera, ha bisogno di condividere la sua fede. Da qui il dovere di testimoniare, di annunciare in modo credibile, gioioso.
I personaggi biblici di riferimento sono quelli della domenica scorsa: Isaia e Giovanni Battista, testimoni scomodi, ma credibili che invitano a prepararci e ci chiedono di fare come loro: annunciare il Signore che viene a cambiare la storia.
Isaia (1L) testimonia la sua gioia nel Signore, l’esultanza della sua anima in Dio, nel Dio che lo ha rivestito, avvolto, conquistato come uno sposo e che gli permette di guardare al futuro con speranza: la terra arida produce i suoi germogli, sta per far germogliare i suoi semi di salvezza e di giustizia. Affida questa nuova primavera ad un personaggio misterioso inviato da Dio (e da lui consacrato con lo Spirito che è su di sé) per portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamerà la libertà per gli schiavi e i prigionieri.
Sono le parole che, in una Sinagoga, Gesù si troverà a leggere e commentare scandalizzando l’assemblea: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito”.
Ne è consapevole Maria, sua madre, nonostante abbia di fronte un bambino e poco possa immagine chi questo bambino diverrà: ha ricevuto la testimonianza e ha visto i segni del fatto che quel bambino è il Messia atteso e lei ne è sua madre. Per questo fa sue le parole di Isaia e degli altri profeti esplodendo di gioia con il Magnificat, il canto di lode che abbiamo ascoltato nel Salmo responsoriale.
Anche S.Paolo ci invita ad essere sempre lieti: la gioia è uno dei frutti dello Spirito, un segno esteriore che conferma le scelte fatte per la nostra vita.
Paolo offre ai Tessalonicesi e oggi a noi un PROGRAMMA DI VITA caratterizzato da un’estrema libertà: ci dice solo: “non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male” sapendo pregare interrottamente (e come si fa se non trasformando la nostra vita, ogni suo istante, in preghiera?) e ringraziare il Signore per ogni cosa. Così saremo Santi, cioè persone felici, realizzate e se temete perché vi sentite ben poco santi ricordatevi, ci dice sempre S.Paolo, di avere fede in colui che ci chiama: è lui, se glielo permettiamo, che farà tutto questo!
Giovanni Battista è presentato dall’evangelista omonimo soprattutto come il TESTIMONE (è la parola che più volte viene ripetuta in questo brano), colui che introduce la persona di Gesù, ma che, interpellato, insiste nel dire quello che lui NON E’: non è il Cristo, non è Elia, non è il profeta. Egli è solo una voce che grida nel deserto.
Una voce che è consapevole del suo posto e dei suoi limiti: il fatto che tante persone lo cercano e ascoltano con interesse le sue parole non lo portano a dimenticare di essere testimone di qualcun altro, di dover indicare questo, di mettersi in ombra perché costui sia illuminato.
E’ una voce inoltre che “ci insegna una verità di fede fondamentale: per arrivare alla fede in Gesù, all’incontro con lui, abbiamo bisogno di testimoni. Nessuno accede alla fede direttamente, ma ciascuno di noi incontra il Signore attraverso la mediazione di altri e, ciascuno di noi, a sua volta, deve diventare testimone di Gesù perché altri lo possano incontrare” (D.Scaiola).
A volte noi sacerdoti, ma penso ugualmente voi genitori con i vostri figli,ci sentiamo un po’ come Giovanni che grida nel deserto: chi lo ascolta? Urliamo, ma ben altre voci trovano ascolto. Non solo: mette paura il dover essere testimoni: chi può sentirsi capace, degno di annunciare Cristo? E come testimoniare Cristo in famiglia, a lavoro e con chiunque incontriamo quando la nostra fede è continuamente alla prova di fragilità, dubbi, mezze misure, ipocrisie? E chi può dire con coraggio: ho incontrato il Cristo, il vivente e non posso tenermi per me questa notizia? Era questa l’esplosione piena di gioia dei primi cristiani: la gente li vedeva e già si sentiva attratta: “guarda come si vogliono bene”. Li sentiva annunciare e veniva presa dallo stesso loro ardore. In pochi decenni, nonostante molte incomprensioni e persecuzioni (o forse proprio grazie ad esse), fanno giungere il messaggio evangelico in tutto il mondo allora conosciuto. Senza internet, tv, giornali, senza mezzi veloci con cui spostarsi.
“Oggi, più che in altre epoche della storia, ci domandiamo come mai sia così scarsa la presenza di profeti o almeno perché sia tanto difficile individuarli. Forse dipende dal fatto che abbiamo spento la profezia o non le abbiamo dato sufficiente ascolto” (D. Scaiola). Forse abbiamo lasciato che la nostra fede si sia intiepidita, l’abbiamo lasciata inerte, senza alimentarla?
Ci hai esortato alla gioia, Signore: «State lieti, sempre».
Anzi, ci hai insegnato le parole per dire la gioia: «Io esulto e gioisco nel Signore, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza».
Fa’ di me, o Signore, un cristiano lieto:
lieto come Giovanni nel vedere la luce che già viene,
nel sentirsi voce al servizio della Parola;
lieto come il profeta, nel sapersi riempito del tuo Spirito di santità;
lieto come Maria nel riconoscere e magnificare quello che tu hai già compiuto per me e in me.
Ci hai esortato alla preghiera, Signore: «Pregate incessantemente».
Mi sembra quasi impossibile: abituato a separare preghiera e lavoro,
penso sempre che la preghiera si possa fare solo stando in ginocchio.
Eppure lo so che sei continuamente presente, a condividere le mie giornate e il mio lavoro.
Sei tu, anzi, che mi vuoi santificare «fino alla perfezione»,
tu che guidi i miei passi incerti sul sentiero della santità.
Insegnami a vivere costantemente alla tua presenza,
a fare ogni cosa per amore tuo.
Ermes Ronchi: Ad una cosa sola il profeta rende testimonianza: non alla grandezza, alla maestà, alla potenza di Dio, ma alla luce. Ed è subito la positività del Vangelo che fiorisce, l'annuncio del sole, la certezza che il rapporto con Dio crea nell'uomo e nella storia un movimento ascensionale verso più luminosa vita. Giovanni afferma che il mondo si regge su un principio di luce, che vale molto di più accendere una lampada che maledire mille volte la notte. Che la storia è una via crucis ma anche una via lucis che prende avvio quando, nei momenti oscuri che mi circondano, io ho il coraggio di fissare lo sguardo sulla linea mattinale della luce che sta sorgendo, che sembra minoritaria eppure è vincente, sui primi passi della bontà e della giustizia. Ad ogni credente è affidato il ministero profetico del Battista, quello di essere annunciatore non del degrado, dello sfascio, del peccato, che pure assedia il mondo, ma testimone di speranza e di futuro, di sole possibile, di un Dio sconosciuto e innamorato che è in mezzo a noi, guaritore delle vite.
Chi sei tu? È rivolta anche a noi questa domanda decisiva. E la risposta è come in Giovanni, nello sfrondare da apparenze e illusioni la nostra vita. Io non sono l'uomo prestigioso che vorrei essere ne il fallito che temo di essere. Io non sono ciò che gli altri credono di me, né un santo, né solo peccatore. Io non sono il mio ruolo o la mia immagine. La mia identità ultima è Dio; il mio segreto è in sorgenti d'acqua viva che sono prima di me. La vita scorre nell'uomo, come acqua nel letto di un ruscello. L'uomo non è quell'acqua, ma senza di essa non è più. Così noi, senza Dio. E venne un uomo mandato da Dio. Anch'io sono un uomo mandato da Dio, anch'io testimone di luce, ognuno un profeta dove si condensa una sillaba del Verbo. Il nostro tempo è tempo della luce nel frammento opaco, di fiducia e smarrimento, dentro il quale io cerco l'elemosina di una voce che mi dica chi sono veramente. Un giorno Gesù darà la risposta, e sarà la più bella definizione dell'uomo: Voi siete luce! Luce del mondo.
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». (...) Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa» (...).
Vegliate- preparate- gioite- accogliete: sono i 4 imperativi classici dell’Avvento.
Oggi, III domenica di Avvento, è la domenica della GIOIA, o meglio della TESTIMONIANZA gioiosa: dopo aver risvegliato la nostra fede assopita, aver ricominciato a preparare la strada al Signore che viene, occorre sempre metterci in cammino condividendo questo percorso con altri fratelli.
Il cristiano non è un solitario, ma è un fratello che ha a cuore gli altri fratelli e che desidera, ha bisogno di condividere la sua fede. Da qui il dovere di testimoniare, di annunciare in modo credibile, gioioso.
I personaggi biblici di riferimento sono quelli della domenica scorsa: Isaia e Giovanni Battista, testimoni scomodi, ma credibili che invitano a prepararci e ci chiedono di fare come loro: annunciare il Signore che viene a cambiare la storia.
Isaia (1L) testimonia la sua gioia nel Signore, l’esultanza della sua anima in Dio, nel Dio che lo ha rivestito, avvolto, conquistato come uno sposo e che gli permette di guardare al futuro con speranza: la terra arida produce i suoi germogli, sta per far germogliare i suoi semi di salvezza e di giustizia. Affida questa nuova primavera ad un personaggio misterioso inviato da Dio (e da lui consacrato con lo Spirito che è su di sé) per portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamerà la libertà per gli schiavi e i prigionieri.
Sono le parole che, in una Sinagoga, Gesù si troverà a leggere e commentare scandalizzando l’assemblea: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito”.
Ne è consapevole Maria, sua madre, nonostante abbia di fronte un bambino e poco possa immagine chi questo bambino diverrà: ha ricevuto la testimonianza e ha visto i segni del fatto che quel bambino è il Messia atteso e lei ne è sua madre. Per questo fa sue le parole di Isaia e degli altri profeti esplodendo di gioia con il Magnificat, il canto di lode che abbiamo ascoltato nel Salmo responsoriale.
Anche S.Paolo ci invita ad essere sempre lieti: la gioia è uno dei frutti dello Spirito, un segno esteriore che conferma le scelte fatte per la nostra vita.
Paolo offre ai Tessalonicesi e oggi a noi un PROGRAMMA DI VITA caratterizzato da un’estrema libertà: ci dice solo: “non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male” sapendo pregare interrottamente (e come si fa se non trasformando la nostra vita, ogni suo istante, in preghiera?) e ringraziare il Signore per ogni cosa. Così saremo Santi, cioè persone felici, realizzate e se temete perché vi sentite ben poco santi ricordatevi, ci dice sempre S.Paolo, di avere fede in colui che ci chiama: è lui, se glielo permettiamo, che farà tutto questo!
Giovanni Battista è presentato dall’evangelista omonimo soprattutto come il TESTIMONE (è la parola che più volte viene ripetuta in questo brano), colui che introduce la persona di Gesù, ma che, interpellato, insiste nel dire quello che lui NON E’: non è il Cristo, non è Elia, non è il profeta. Egli è solo una voce che grida nel deserto.
Una voce che è consapevole del suo posto e dei suoi limiti: il fatto che tante persone lo cercano e ascoltano con interesse le sue parole non lo portano a dimenticare di essere testimone di qualcun altro, di dover indicare questo, di mettersi in ombra perché costui sia illuminato.
E’ una voce inoltre che “ci insegna una verità di fede fondamentale: per arrivare alla fede in Gesù, all’incontro con lui, abbiamo bisogno di testimoni. Nessuno accede alla fede direttamente, ma ciascuno di noi incontra il Signore attraverso la mediazione di altri e, ciascuno di noi, a sua volta, deve diventare testimone di Gesù perché altri lo possano incontrare” (D.Scaiola).
A volte noi sacerdoti, ma penso ugualmente voi genitori con i vostri figli,ci sentiamo un po’ come Giovanni che grida nel deserto: chi lo ascolta? Urliamo, ma ben altre voci trovano ascolto. Non solo: mette paura il dover essere testimoni: chi può sentirsi capace, degno di annunciare Cristo? E come testimoniare Cristo in famiglia, a lavoro e con chiunque incontriamo quando la nostra fede è continuamente alla prova di fragilità, dubbi, mezze misure, ipocrisie? E chi può dire con coraggio: ho incontrato il Cristo, il vivente e non posso tenermi per me questa notizia? Era questa l’esplosione piena di gioia dei primi cristiani: la gente li vedeva e già si sentiva attratta: “guarda come si vogliono bene”. Li sentiva annunciare e veniva presa dallo stesso loro ardore. In pochi decenni, nonostante molte incomprensioni e persecuzioni (o forse proprio grazie ad esse), fanno giungere il messaggio evangelico in tutto il mondo allora conosciuto. Senza internet, tv, giornali, senza mezzi veloci con cui spostarsi.
“Oggi, più che in altre epoche della storia, ci domandiamo come mai sia così scarsa la presenza di profeti o almeno perché sia tanto difficile individuarli. Forse dipende dal fatto che abbiamo spento la profezia o non le abbiamo dato sufficiente ascolto” (D. Scaiola). Forse abbiamo lasciato che la nostra fede si sia intiepidita, l’abbiamo lasciata inerte, senza alimentarla?
Ci hai esortato alla gioia, Signore: «State lieti, sempre».
Anzi, ci hai insegnato le parole per dire la gioia: «Io esulto e gioisco nel Signore, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza».
Fa’ di me, o Signore, un cristiano lieto:
lieto come Giovanni nel vedere la luce che già viene,
nel sentirsi voce al servizio della Parola;
lieto come il profeta, nel sapersi riempito del tuo Spirito di santità;
lieto come Maria nel riconoscere e magnificare quello che tu hai già compiuto per me e in me.
Ci hai esortato alla preghiera, Signore: «Pregate incessantemente».
Mi sembra quasi impossibile: abituato a separare preghiera e lavoro,
penso sempre che la preghiera si possa fare solo stando in ginocchio.
Eppure lo so che sei continuamente presente, a condividere le mie giornate e il mio lavoro.
Sei tu, anzi, che mi vuoi santificare «fino alla perfezione»,
tu che guidi i miei passi incerti sul sentiero della santità.
Insegnami a vivere costantemente alla tua presenza,
a fare ogni cosa per amore tuo.
Ermes Ronchi: Ad una cosa sola il profeta rende testimonianza: non alla grandezza, alla maestà, alla potenza di Dio, ma alla luce. Ed è subito la positività del Vangelo che fiorisce, l'annuncio del sole, la certezza che il rapporto con Dio crea nell'uomo e nella storia un movimento ascensionale verso più luminosa vita. Giovanni afferma che il mondo si regge su un principio di luce, che vale molto di più accendere una lampada che maledire mille volte la notte. Che la storia è una via crucis ma anche una via lucis che prende avvio quando, nei momenti oscuri che mi circondano, io ho il coraggio di fissare lo sguardo sulla linea mattinale della luce che sta sorgendo, che sembra minoritaria eppure è vincente, sui primi passi della bontà e della giustizia. Ad ogni credente è affidato il ministero profetico del Battista, quello di essere annunciatore non del degrado, dello sfascio, del peccato, che pure assedia il mondo, ma testimone di speranza e di futuro, di sole possibile, di un Dio sconosciuto e innamorato che è in mezzo a noi, guaritore delle vite.
Chi sei tu? È rivolta anche a noi questa domanda decisiva. E la risposta è come in Giovanni, nello sfrondare da apparenze e illusioni la nostra vita. Io non sono l'uomo prestigioso che vorrei essere ne il fallito che temo di essere. Io non sono ciò che gli altri credono di me, né un santo, né solo peccatore. Io non sono il mio ruolo o la mia immagine. La mia identità ultima è Dio; il mio segreto è in sorgenti d'acqua viva che sono prima di me. La vita scorre nell'uomo, come acqua nel letto di un ruscello. L'uomo non è quell'acqua, ma senza di essa non è più. Così noi, senza Dio. E venne un uomo mandato da Dio. Anch'io sono un uomo mandato da Dio, anch'io testimone di luce, ognuno un profeta dove si condensa una sillaba del Verbo. Il nostro tempo è tempo della luce nel frammento opaco, di fiducia e smarrimento, dentro il quale io cerco l'elemosina di una voce che mi dica chi sono veramente. Un giorno Gesù darà la risposta, e sarà la più bella definizione dell'uomo: Voi siete luce! Luce del mondo.
venerdì 2 dicembre 2011
Marco 1,1-8: preparate la via
II Domenica di Avvento - Anno B
Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio (...). Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati (...). E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Io: II tappa del nostro cammino di Avvento: dopo l’invito perentorio a vegliare, a svegliarci dal sonno ecco l’invito a mettersi in cammino, a preparare la strada al Signore che viene. In premio c’è l’incontro col Signore, ci sono terre e cieli nuovi dove regni l’amore e la giustizia, la felicità e la solidarietà.
La 1° lettura del profeta Isaia parla al popolo in ESILIO invitandolo a preparare la strada del ritorno, annunciando la fine di una esperienza terribile, offrendo parole di consolazione; S.Pietro nella 2° lettura invita a guardare avanti, ad attendere i “cieli nuovi e terra nuova” promessi da Dio, dove abita la giustizia.
Sono alcune delle dimensioni proprie dell’Avvento che si è aperto domenica scorsa con l’invito perentorio di vigilare, risvegliare la nostra fede, attendere il ritorno glorioso del Signore (il che vuol dire anche a-tendere: tendere-a, verso il Signore: volgere verso di lui la nostra attenzione, convertirsi riconducendo la nostra vita verso di lui in un cammino di speranza).
Siamo consapevoli di vivere come in ESILIO, in un mondo dove le tenebre sono “dominanti”, ma anche che una LUCE è sorta per guidarci verso i CIELI e le TERRE NUOVE. E’ in gioco dunque un FUTURO luminoso fatto attraverso un richiamo al PASSATO per un PRESENTE ATTIVO e pieno di SPERANZA.
Giovanni è il protagonista di questa II tappa:
- ULTIMO PROFETA dell’A.T. si rivolge alle folle aprendole all’attesa del Messia, del liberatore.
- E’ la VOCE che prepara la via alla PAROLA e che grida di aprire nel deserto la strada che porta dalla terra della schiavitù alla patria della liberazione.
- Giovanni VIVE CIO’ CHE ANNUNCIA.
- E’ l’annunciatore, cioè il PROFETA che, denunciando il PECCATO e annunciando il PERDONO, dispone l’uomo a CONVERTIRSI alla giustizia di Dio in ATTESA del NUOVO, lo dispone al cammino, alla continua ricerca di ciò a cui tende.
- GIOVANNI BATTEZZA NEL DESERTO: il deserto è la tappa obbligata del cammino tra la schiavitù e la libertà, tra Egitto-Babilonia e la terra promessa (tensione tra un NON-PIU’ e un NON-ANCORA, distanza da attraversare per non tornare indietro o morire sul posto). E’ il luogo dove Dio rivela sé stesso e la sua fedeltà e educa il popolo.
Il deserto è la condizione di ESSENZIALITA’, di POVERTA’ richiesta per conoscere sé stessi e Dio.
- VESTITO di peli di CAMMELLO: è la divisa di ELIA, padre dei profeti, di cui Giovanni è l’ultimo figlio. Il CAMMELLO, che porta i pesi altrui e attraversa il deserto, è un’immagine di Cristo e Giovanni ne è come rivestito. UNA CINTA di pelle ai FIANCHI: i “fianchi cinti” indicano la continenza, la sobrietà, la padronanza di sé e la disponibilità al cammino propria di chi deve compiere l’esodo pasquale.
- MANGIAVA LOCUSTE (le cavallette,che combattono e uccidono i serpenti, sono un’immagine della Parola di Dio, nutrimento dell’uomo che lo aiuta a vincere il serpente e la sua menzogna) e MIELE SELVATICO (la parola di Dio è descritta come più dolce del miele): cibi dell’essenzialità del deserto.
- Il Battista prepara la venuta del Messia, “quello che è più forte di me”: egli ci BATTEZZERA’ (= immergerà) in Spirito Santo (= vita di Dio): in Gesù, il Dio che si immerge nella realtà umana, l’uomo si immerge nella vita di Dio.
- DIETRO: dopo, ma E’ PIU’ FORTE DI ME: riconoscimento di dover mettersi dietro (lui deve crescere e io diminuire), di seguirlo come il 1° discepolo. E’ importante stabilire l’ordine giusto: Gesù davanti e lui dietro. E noi? Quante volte ci mettiamo avanti?
- NON SONO DEGNO: non falsa umiltà, ma prova di come Giovanni sa stare al suo posto (senza traccia di orgoglio, di rivendicazione) e vivere ciò che annuncia (fino al martirio, rendendo testimonianza fino alla fine). I nostri rapporti sono caratterizzati da prove di forza che rompono la comunione: solo presentandoci con le nostre fragilità e senza imporre agli altri la nostra pre-potenza possiamo costruire rapporti fraterni e veri.
- Lui vi BATTEZZERA’ in SPIRITO SANTO = vi IMMERGERA’ nella VITA (Spirito) di DIO (il Santo) dandoci la sua vita. Dio ha messo nel cuore dell’uomo il desiderio-bisogno di Lui: ora lo colma pienamente con il dono di sé!
Cosa possiamo fare per preparare la strada?
- abbassate i colli e appianate le buche: ciascuno di noi deve riconoscere le proprie LACUNE da colmare, le mancanze da sistemare. Dall’altra parte viviamo “monti e colli”, cioè forme di superbia e di orgoglio da abbassare.
- La gente scendeva per sentire, attraverso Giovanni, la Parola di Dio: riscoprire la lettura della Parola.
- La gente si faceva battezzare confessando i propri peccati: l’avvento è il tempo propizio per celebrare il sacramento della penitenza e ricevere il perdono di Gesù che rigenera la nostra vita di figli di Dio.
- Giovanni vive nell’austerità: è l’invito a riscoprire l’essenzialità della vita, la semplicità dando un taglio alle nostre comodità, al consumismo sfrenato, all’idolatria del comprare. Ci invita a sensibilizzarci nei confronti di coloro che hanno bisogno (giornata del pane).
- Giovanni vive nel deserto, fuori dal chiasso, per sentire la voce di Dio. Regaliamoci spazi di silenzio e maggiore preghiera. Riempire tutti gli spazi e tempi col rumore non ci permette di ascoltare Dio che parla nel silenzio.
Questi sono dunque gli strumenti privilegiati per preparare la strada al Signore che vuol nascere, abitare e agire nella nostra vita: la Parola di Dio, la Confessione , una vita austera e solidale, un po’ di silenzio orante.
Aspettiamo con fiducia l’avvento dei cieli e terre nuove nei quali abita la giustizia di Dio, impegnamoci per farli sorgere vivendo in pace, senza colpa e senza macchia. Amen.
Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio (...). Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati (...). E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Io: II tappa del nostro cammino di Avvento: dopo l’invito perentorio a vegliare, a svegliarci dal sonno ecco l’invito a mettersi in cammino, a preparare la strada al Signore che viene. In premio c’è l’incontro col Signore, ci sono terre e cieli nuovi dove regni l’amore e la giustizia, la felicità e la solidarietà.
La 1° lettura del profeta Isaia parla al popolo in ESILIO invitandolo a preparare la strada del ritorno, annunciando la fine di una esperienza terribile, offrendo parole di consolazione; S.Pietro nella 2° lettura invita a guardare avanti, ad attendere i “cieli nuovi e terra nuova” promessi da Dio, dove abita la giustizia.
Sono alcune delle dimensioni proprie dell’Avvento che si è aperto domenica scorsa con l’invito perentorio di vigilare, risvegliare la nostra fede, attendere il ritorno glorioso del Signore (il che vuol dire anche a-tendere: tendere-a, verso il Signore: volgere verso di lui la nostra attenzione, convertirsi riconducendo la nostra vita verso di lui in un cammino di speranza).
Siamo consapevoli di vivere come in ESILIO, in un mondo dove le tenebre sono “dominanti”, ma anche che una LUCE è sorta per guidarci verso i CIELI e le TERRE NUOVE. E’ in gioco dunque un FUTURO luminoso fatto attraverso un richiamo al PASSATO per un PRESENTE ATTIVO e pieno di SPERANZA.
Giovanni è il protagonista di questa II tappa:
- ULTIMO PROFETA dell’A.T. si rivolge alle folle aprendole all’attesa del Messia, del liberatore.
- E’ la VOCE che prepara la via alla PAROLA e che grida di aprire nel deserto la strada che porta dalla terra della schiavitù alla patria della liberazione.
- Giovanni VIVE CIO’ CHE ANNUNCIA.
- E’ l’annunciatore, cioè il PROFETA che, denunciando il PECCATO e annunciando il PERDONO, dispone l’uomo a CONVERTIRSI alla giustizia di Dio in ATTESA del NUOVO, lo dispone al cammino, alla continua ricerca di ciò a cui tende.
- GIOVANNI BATTEZZA NEL DESERTO: il deserto è la tappa obbligata del cammino tra la schiavitù e la libertà, tra Egitto-Babilonia e la terra promessa (tensione tra un NON-PIU’ e un NON-ANCORA, distanza da attraversare per non tornare indietro o morire sul posto). E’ il luogo dove Dio rivela sé stesso e la sua fedeltà e educa il popolo.
Il deserto è la condizione di ESSENZIALITA’, di POVERTA’ richiesta per conoscere sé stessi e Dio.
- VESTITO di peli di CAMMELLO: è la divisa di ELIA, padre dei profeti, di cui Giovanni è l’ultimo figlio. Il CAMMELLO, che porta i pesi altrui e attraversa il deserto, è un’immagine di Cristo e Giovanni ne è come rivestito. UNA CINTA di pelle ai FIANCHI: i “fianchi cinti” indicano la continenza, la sobrietà, la padronanza di sé e la disponibilità al cammino propria di chi deve compiere l’esodo pasquale.
- MANGIAVA LOCUSTE (le cavallette,che combattono e uccidono i serpenti, sono un’immagine della Parola di Dio, nutrimento dell’uomo che lo aiuta a vincere il serpente e la sua menzogna) e MIELE SELVATICO (la parola di Dio è descritta come più dolce del miele): cibi dell’essenzialità del deserto.
- Il Battista prepara la venuta del Messia, “quello che è più forte di me”: egli ci BATTEZZERA’ (= immergerà) in Spirito Santo (= vita di Dio): in Gesù, il Dio che si immerge nella realtà umana, l’uomo si immerge nella vita di Dio.
- DIETRO: dopo, ma E’ PIU’ FORTE DI ME: riconoscimento di dover mettersi dietro (lui deve crescere e io diminuire), di seguirlo come il 1° discepolo. E’ importante stabilire l’ordine giusto: Gesù davanti e lui dietro. E noi? Quante volte ci mettiamo avanti?
- NON SONO DEGNO: non falsa umiltà, ma prova di come Giovanni sa stare al suo posto (senza traccia di orgoglio, di rivendicazione) e vivere ciò che annuncia (fino al martirio, rendendo testimonianza fino alla fine). I nostri rapporti sono caratterizzati da prove di forza che rompono la comunione: solo presentandoci con le nostre fragilità e senza imporre agli altri la nostra pre-potenza possiamo costruire rapporti fraterni e veri.
- Lui vi BATTEZZERA’ in SPIRITO SANTO = vi IMMERGERA’ nella VITA (Spirito) di DIO (il Santo) dandoci la sua vita. Dio ha messo nel cuore dell’uomo il desiderio-bisogno di Lui: ora lo colma pienamente con il dono di sé!
Cosa possiamo fare per preparare la strada?
- abbassate i colli e appianate le buche: ciascuno di noi deve riconoscere le proprie LACUNE da colmare, le mancanze da sistemare. Dall’altra parte viviamo “monti e colli”, cioè forme di superbia e di orgoglio da abbassare.
- La gente scendeva per sentire, attraverso Giovanni, la Parola di Dio: riscoprire la lettura della Parola.
- La gente si faceva battezzare confessando i propri peccati: l’avvento è il tempo propizio per celebrare il sacramento della penitenza e ricevere il perdono di Gesù che rigenera la nostra vita di figli di Dio.
- Giovanni vive nell’austerità: è l’invito a riscoprire l’essenzialità della vita, la semplicità dando un taglio alle nostre comodità, al consumismo sfrenato, all’idolatria del comprare. Ci invita a sensibilizzarci nei confronti di coloro che hanno bisogno (giornata del pane).
- Giovanni vive nel deserto, fuori dal chiasso, per sentire la voce di Dio. Regaliamoci spazi di silenzio e maggiore preghiera. Riempire tutti gli spazi e tempi col rumore non ci permette di ascoltare Dio che parla nel silenzio.
Questi sono dunque gli strumenti privilegiati per preparare la strada al Signore che vuol nascere, abitare e agire nella nostra vita: la Parola di Dio, la Confessione , una vita austera e solidale, un po’ di silenzio orante.
Aspettiamo con fiducia l’avvento dei cieli e terre nuove nei quali abita la giustizia di Dio, impegnamoci per farli sorgere vivendo in pace, senza colpa e senza macchia. Amen.
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