III Domenica d'Avvento Anno B
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». (...) Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa» (...).
Vegliate- preparate- gioite- accogliete: sono i 4 imperativi classici dell’Avvento.
Oggi, III domenica di Avvento, è la domenica della GIOIA, o meglio della TESTIMONIANZA gioiosa: dopo aver risvegliato la nostra fede assopita, aver ricominciato a preparare la strada al Signore che viene, occorre sempre metterci in cammino condividendo questo percorso con altri fratelli.
Il cristiano non è un solitario, ma è un fratello che ha a cuore gli altri fratelli e che desidera, ha bisogno di condividere la sua fede. Da qui il dovere di testimoniare, di annunciare in modo credibile, gioioso.
I personaggi biblici di riferimento sono quelli della domenica scorsa: Isaia e Giovanni Battista, testimoni scomodi, ma credibili che invitano a prepararci e ci chiedono di fare come loro: annunciare il Signore che viene a cambiare la storia.
Isaia (1L) testimonia la sua gioia nel Signore, l’esultanza della sua anima in Dio, nel Dio che lo ha rivestito, avvolto, conquistato come uno sposo e che gli permette di guardare al futuro con speranza: la terra arida produce i suoi germogli, sta per far germogliare i suoi semi di salvezza e di giustizia. Affida questa nuova primavera ad un personaggio misterioso inviato da Dio (e da lui consacrato con lo Spirito che è su di sé) per portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamerà la libertà per gli schiavi e i prigionieri.
Sono le parole che, in una Sinagoga, Gesù si troverà a leggere e commentare scandalizzando l’assemblea: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito”.
Ne è consapevole Maria, sua madre, nonostante abbia di fronte un bambino e poco possa immagine chi questo bambino diverrà: ha ricevuto la testimonianza e ha visto i segni del fatto che quel bambino è il Messia atteso e lei ne è sua madre. Per questo fa sue le parole di Isaia e degli altri profeti esplodendo di gioia con il Magnificat, il canto di lode che abbiamo ascoltato nel Salmo responsoriale.
Anche S.Paolo ci invita ad essere sempre lieti: la gioia è uno dei frutti dello Spirito, un segno esteriore che conferma le scelte fatte per la nostra vita.
Paolo offre ai Tessalonicesi e oggi a noi un PROGRAMMA DI VITA caratterizzato da un’estrema libertà: ci dice solo: “non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male” sapendo pregare interrottamente (e come si fa se non trasformando la nostra vita, ogni suo istante, in preghiera?) e ringraziare il Signore per ogni cosa. Così saremo Santi, cioè persone felici, realizzate e se temete perché vi sentite ben poco santi ricordatevi, ci dice sempre S.Paolo, di avere fede in colui che ci chiama: è lui, se glielo permettiamo, che farà tutto questo!
Giovanni Battista è presentato dall’evangelista omonimo soprattutto come il TESTIMONE (è la parola che più volte viene ripetuta in questo brano), colui che introduce la persona di Gesù, ma che, interpellato, insiste nel dire quello che lui NON E’: non è il Cristo, non è Elia, non è il profeta. Egli è solo una voce che grida nel deserto.
Una voce che è consapevole del suo posto e dei suoi limiti: il fatto che tante persone lo cercano e ascoltano con interesse le sue parole non lo portano a dimenticare di essere testimone di qualcun altro, di dover indicare questo, di mettersi in ombra perché costui sia illuminato.
E’ una voce inoltre che “ci insegna una verità di fede fondamentale: per arrivare alla fede in Gesù, all’incontro con lui, abbiamo bisogno di testimoni. Nessuno accede alla fede direttamente, ma ciascuno di noi incontra il Signore attraverso la mediazione di altri e, ciascuno di noi, a sua volta, deve diventare testimone di Gesù perché altri lo possano incontrare” (D.Scaiola).
A volte noi sacerdoti, ma penso ugualmente voi genitori con i vostri figli,ci sentiamo un po’ come Giovanni che grida nel deserto: chi lo ascolta? Urliamo, ma ben altre voci trovano ascolto. Non solo: mette paura il dover essere testimoni: chi può sentirsi capace, degno di annunciare Cristo? E come testimoniare Cristo in famiglia, a lavoro e con chiunque incontriamo quando la nostra fede è continuamente alla prova di fragilità, dubbi, mezze misure, ipocrisie? E chi può dire con coraggio: ho incontrato il Cristo, il vivente e non posso tenermi per me questa notizia? Era questa l’esplosione piena di gioia dei primi cristiani: la gente li vedeva e già si sentiva attratta: “guarda come si vogliono bene”. Li sentiva annunciare e veniva presa dallo stesso loro ardore. In pochi decenni, nonostante molte incomprensioni e persecuzioni (o forse proprio grazie ad esse), fanno giungere il messaggio evangelico in tutto il mondo allora conosciuto. Senza internet, tv, giornali, senza mezzi veloci con cui spostarsi.
“Oggi, più che in altre epoche della storia, ci domandiamo come mai sia così scarsa la presenza di profeti o almeno perché sia tanto difficile individuarli. Forse dipende dal fatto che abbiamo spento la profezia o non le abbiamo dato sufficiente ascolto” (D. Scaiola). Forse abbiamo lasciato che la nostra fede si sia intiepidita, l’abbiamo lasciata inerte, senza alimentarla?
Ci hai esortato alla gioia, Signore: «State lieti, sempre».
Anzi, ci hai insegnato le parole per dire la gioia: «Io esulto e gioisco nel Signore, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza».
Fa’ di me, o Signore, un cristiano lieto:
lieto come Giovanni nel vedere la luce che già viene,
nel sentirsi voce al servizio della Parola;
lieto come il profeta, nel sapersi riempito del tuo Spirito di santità;
lieto come Maria nel riconoscere e magnificare quello che tu hai già compiuto per me e in me.
Ci hai esortato alla preghiera, Signore: «Pregate incessantemente».
Mi sembra quasi impossibile: abituato a separare preghiera e lavoro,
penso sempre che la preghiera si possa fare solo stando in ginocchio.
Eppure lo so che sei continuamente presente, a condividere le mie giornate e il mio lavoro.
Sei tu, anzi, che mi vuoi santificare «fino alla perfezione»,
tu che guidi i miei passi incerti sul sentiero della santità.
Insegnami a vivere costantemente alla tua presenza,
a fare ogni cosa per amore tuo.
Ermes Ronchi: Ad una cosa sola il profeta rende testimonianza: non alla grandezza, alla maestà, alla potenza di Dio, ma alla luce. Ed è subito la positività del Vangelo che fiorisce, l'annuncio del sole, la certezza che il rapporto con Dio crea nell'uomo e nella storia un movimento ascensionale verso più luminosa vita. Giovanni afferma che il mondo si regge su un principio di luce, che vale molto di più accendere una lampada che maledire mille volte la notte. Che la storia è una via crucis ma anche una via lucis che prende avvio quando, nei momenti oscuri che mi circondano, io ho il coraggio di fissare lo sguardo sulla linea mattinale della luce che sta sorgendo, che sembra minoritaria eppure è vincente, sui primi passi della bontà e della giustizia. Ad ogni credente è affidato il ministero profetico del Battista, quello di essere annunciatore non del degrado, dello sfascio, del peccato, che pure assedia il mondo, ma testimone di speranza e di futuro, di sole possibile, di un Dio sconosciuto e innamorato che è in mezzo a noi, guaritore delle vite.
Chi sei tu? È rivolta anche a noi questa domanda decisiva. E la risposta è come in Giovanni, nello sfrondare da apparenze e illusioni la nostra vita. Io non sono l'uomo prestigioso che vorrei essere ne il fallito che temo di essere. Io non sono ciò che gli altri credono di me, né un santo, né solo peccatore. Io non sono il mio ruolo o la mia immagine. La mia identità ultima è Dio; il mio segreto è in sorgenti d'acqua viva che sono prima di me. La vita scorre nell'uomo, come acqua nel letto di un ruscello. L'uomo non è quell'acqua, ma senza di essa non è più. Così noi, senza Dio. E venne un uomo mandato da Dio. Anch'io sono un uomo mandato da Dio, anch'io testimone di luce, ognuno un profeta dove si condensa una sillaba del Verbo. Il nostro tempo è tempo della luce nel frammento opaco, di fiducia e smarrimento, dentro il quale io cerco l'elemosina di una voce che mi dica chi sono veramente. Un giorno Gesù darà la risposta, e sarà la più bella definizione dell'uomo: Voi siete luce! Luce del mondo.
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