Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
“Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”: è la promessa con la quale si chiudeva il Vangelo di domenica scorsa, solennità della SS.Trinità, e il Vangelo di Matteo.
Come mantiene Gesù questa promessa? Come è possibile per lui rendersi presente sempre e ovunque?
La risposta l’abbiamo proprio dalla solennità di oggi: il Ss. Corpo e Sangue di Cristo presente nel pane e nel vino offerti e celebrati in ogni Eucaristia (e dunque in ogni tempo e in ogni luogo).
Gesù con l’ultima cena inventa qualcosa di geniale: trasforma il rito della Pasqua e prende gli elementi più semplici e comuni di questa, il pane e il vino, per rendersi perennemente presente.
L’Eucaristia ha molteplici significati e aspetti che possono essere messi in rilievo e che sono tra loro strettamente intrecciati:
- è un BANCHETTO, una cena a cui sono invitati tutti i familiari stretti, chiamati a condividere nella gioia un pasto che unisca fraternità, comunione, cibo spirituale.
E’ CIBO spirituale: non viviamo solo alimentando il nostro corpo. Siamo vivi solo apparentemente se non alimentiamo anche la nostra dimensione spirituale che ha bisogno di amicizia, affetto, relazioni… E tutto questo è donato in primo luogo da una comunità unita e da un Dio che è principio e strumento per costituirci comunità d’amore.
- E’ CORPO e SANGUE di CRISTO, presente realmente (anche se non fisicamente) nel pane e vino consacrati e trasformati dallo Spirito Santo. Ciò indica il desiderio di Gesù di essere concretamente parte di noi, di entrare dentro di noi trasformandoci in tabernacoli della sua presenza e così agire con lui, trasformati sempre di più a sua immagine e somiglianza.
- E’ COMUNIONE: strumento di fraternità che ci chiama a condividere il Padre nostro e il Pane nostro, un pane comune che non deve mancare a nessuno e che richiede la riconciliazione continua tra noi, il perdono fraterno, la carità concreta, pena il mangiare indegnamente quel pane (e rischiare, come dice Gesù, di dare perle ai porci). Per questo dobbiamo continuamente convergere verso quel solo corpo che è la sua Chiesa e celebrarlo in comunione con essa.
- E’ MEMORIALE, cioè strumento che rende presente Gesù, che rinnova il suo sacrificio d’amore.
- E’ EUCARISTIA, cioè rendimento di grazie, preghiera di lode che ci rimanda al Dio da cui tutto proviene e a cui tutto deve convergere.
Le letture della liturgia odierna sottolineano ancora altri aspetti:
- l’Eucaristia è SACRIFICIO DI COMUNIONE che sigilla l’ALLEANZA tra Dio e il suo popolo per mezzo del Figlio suo che ha rotto ogni muro di separazione che vi era frammezzo. Così come Mosè, per sigillare il patto tra Dio, datore della legge, e il popolo fa sacrificare dei giovenchi e versa il loro sangue metà sull’altare e metà aspergendolo in mezzo al popolo che aderisce solennemente al patto stipulato da Dio[1], così Gesù verserà il suo sangue per “la nuova ed eterna alleanza, in remissione dei peccati” che ci impediscono di aderire al patto d’amore rinnovato e reso definitivo da Dio.
- L’Eucaristia supera l’antica alleanza e gli antichi riti: Gesù è entrato, una volta per sempre, nel vero santuario[2], quello costruito da Dio stesso, come vero sommo sacerdote, senza bisogno di purificarsi, per donarci la “redenzione eterna”, cioè la possibilità di liberarci dai peccati e vivere in comunione con Dio e con gli uomini. Cristo ha offerto sé stesso, unico sacrificio gradito a Dio. Il suo sangue, ben più importante e potente di quello degli animali, garantisce per sempre la volontà di Dio di essere nostro alleato e difensore-redentore.
- Nel giorno in cui si immolavano gli agnelli per la Pasqua, racconta l’evangelista Marco, Gesù si prepara ad immolarsi per noi celebrando il banchetto con i suoi discepoli nel quale stipulerà in eterno tale alleanza lasciandoci l’incarico di rinnovare sempre quanto da lui fatto e detto per rendere attuale tale alleanza segnata dalla sua presenza[3].
- Il pane viene da lui benedetto e spezzato, così come farà con il suo vero corpo, benedetto dal Padre e donato-spezzato per tutti noi, e con il suo sangue, versato per la nuova ed eterna alleanza, nella consapevolezza di quanto sia doloroso e difficile accettare quel che lo aspetta, ma certo nella speranza di poter tornare a far festa con i suoi amici nel regno di Dio, suo e nostro Padre.
- A noi accettare questa offerta, renderci degni con la nostra adesione (“quanto ha detto e fatto il Signore noi lo eseguiremo e vi presteremo ascolto”), senza temere che, usciti dal cenacolo ci possa anche a noi attendere una tappa dolorosa e difficile nel monte degli ulivi, ultima tappa a dividerci dal Paradiso.
[2] Il sommo sacerdote vi entrava una volta l’anno, dopo essersi debitamente purificato con dei sacrifici di animali, per mediare tra Dio e il popolo, chiedendo per il popolo la purificazione dai peccati commessi.
[3] Da notare che il banchetto viene preparato al piano superiore, quello dove si trovano le stanze da letto, il talamo nuziale: questo dato viene spesso interpretato come celebrazione delle nozze eterne che uniscono lo Sposo, Gesù, con la sua Sposa, la Chiesa, nozze che vengono consumate in questa occasione.
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Ermes Ronchi: Prendete, questo è il mio corpo. La parola iniziale è precisa e nitida come un ordine: prendete. Incalzante come una dichiarazione: nelle mani, nella bocca, nell'intimo tuo voglio stare, come pane.
Qui è il miracolo, il batticuore, lo scopo: prendete. Gesù non chiede ai discepoli di adorare, contemplare, pregare quel Pane, ma chiede come prima cosa di tendere le mani, di prendere, stringere, fare proprio il suo corpo che, come il pane che mangio, si fa cellula del mio corpo, respiro, gesto, pensiero. Si trasforma in me e mi trasforma a sua somiglianza.
In quella invocazione «prendete» si esprime tutto il bisogno di Gesù Cristo di entrare in una comunione senza ostacoli, senza paure, senza secondi fini. Dio in me: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. Lo esprime con una formula felice san Leone Magno: la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo.
E allora capiamo che Dio non è venuto nel mondo con il solo obiettivo di togliere i nostri peccati, visione riduttiva, sia di Dio che dell'uomo.
Il suo progetto è molto più grande, più alto, più potente: portare cielo nella terra, Dio nell'uomo, vita immensa in questa vita piccola. Molto più del perdono dei peccati è venuto a dare: è venuto a dare se stesso.
Come uno sposo che si dà alla sposa. Siamo abituati a pensare Dio come Padre, portatore di quell'amore che ci è necessario per nascere; ma Dio è anche madre, che nutre di sé, del suo corpo i suoi figli. Ed è anche sposo, amore libero che cerca corrispondenza, che ci rende suoi partners, simili a lui.
Dice Gesù nel vangelo: i miei discepoli non digiunano finché lo sposo è con loro. E l'incontro con lui è come per gli amanti del Cantico: dono e giubilo, intensità e tenerezza, fecondità e fedeltà.
Nel suo corpo Gesù ci da tutta la sua storia, di come amava, come piangeva, come gioiva, ciò che lo univa agli altri: parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore.
Prendete questo corpo, vuol dire: fate vostro questo mio modo di stare nel mondo, anche voi braccia aperte inviate alla terra.
Perché il corpo di Cristo non sta solo nell'Eucaristia, Dio si è vestito d'umanità, al punto che l'umanità intera è la carne di Dio: quello che avete fatto a uno di questi l'avete fatto a me. Il Corpo di Cristo è sull'altare dell'Eucaristia, il corpo di Cristo è sull'altare del fratello, dei poveri, piccoli, forestieri, ammalati, anziani, disabili, le persone sole, quelle colpite dal terremoto di questi giorni.
Che possiamo tutti diventare ciò che riceviamo: Corpo di Cristo. E sarà l'inizio di un umile e magnifico viaggio verso lo Sposo si è fatto sposo dell'ultimo fratello.
(Letture: Esodo 24,3-8; Salmo 115; Ebrei 9, 11-15; Marco 14,12-16.22-26)
Qui è il miracolo, il batticuore, lo scopo: prendete. Gesù non chiede ai discepoli di adorare, contemplare, pregare quel Pane, ma chiede come prima cosa di tendere le mani, di prendere, stringere, fare proprio il suo corpo che, come il pane che mangio, si fa cellula del mio corpo, respiro, gesto, pensiero. Si trasforma in me e mi trasforma a sua somiglianza.
In quella invocazione «prendete» si esprime tutto il bisogno di Gesù Cristo di entrare in una comunione senza ostacoli, senza paure, senza secondi fini. Dio in me: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. Lo esprime con una formula felice san Leone Magno: la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo.
E allora capiamo che Dio non è venuto nel mondo con il solo obiettivo di togliere i nostri peccati, visione riduttiva, sia di Dio che dell'uomo.
Il suo progetto è molto più grande, più alto, più potente: portare cielo nella terra, Dio nell'uomo, vita immensa in questa vita piccola. Molto più del perdono dei peccati è venuto a dare: è venuto a dare se stesso.
Come uno sposo che si dà alla sposa. Siamo abituati a pensare Dio come Padre, portatore di quell'amore che ci è necessario per nascere; ma Dio è anche madre, che nutre di sé, del suo corpo i suoi figli. Ed è anche sposo, amore libero che cerca corrispondenza, che ci rende suoi partners, simili a lui.
Dice Gesù nel vangelo: i miei discepoli non digiunano finché lo sposo è con loro. E l'incontro con lui è come per gli amanti del Cantico: dono e giubilo, intensità e tenerezza, fecondità e fedeltà.
Nel suo corpo Gesù ci da tutta la sua storia, di come amava, come piangeva, come gioiva, ciò che lo univa agli altri: parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore.
Prendete questo corpo, vuol dire: fate vostro questo mio modo di stare nel mondo, anche voi braccia aperte inviate alla terra.
Perché il corpo di Cristo non sta solo nell'Eucaristia, Dio si è vestito d'umanità, al punto che l'umanità intera è la carne di Dio: quello che avete fatto a uno di questi l'avete fatto a me. Il Corpo di Cristo è sull'altare dell'Eucaristia, il corpo di Cristo è sull'altare del fratello, dei poveri, piccoli, forestieri, ammalati, anziani, disabili, le persone sole, quelle colpite dal terremoto di questi giorni.
Che possiamo tutti diventare ciò che riceviamo: Corpo di Cristo. E sarà l'inizio di un umile e magnifico viaggio verso lo Sposo si è fatto sposo dell'ultimo fratello.
(Letture: Esodo 24,3-8; Salmo 115; Ebrei 9, 11-15; Marco 14,12-16.22-26)
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