mercoledì 27 marzo 2013

Gv 12,1-10: CONDIVISIONE E DIFFERENZE

Fonte: http://www.caritasitaliana.it/caritasitaliana/allegati/909/CONDIVISIONE.pdf

Dal vangelo secondo Giovanni (12,1-10)
Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali.
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
 CONDIVISIONE E DIFFERENZE
Il testo si apre sullo sfondo di un’amicizia, quella tra Gesù, Lazzaro e le sue sorelle di Betania, e con una prima condivisione, la condivisione di una mensa: “là gli prepararono un pranzo”.
Il pranzo viene preparato a Betania, il luogo dove Gesù aveva risuscitato Lazzaro dai morti (v.1), preannunciando così la sua stessa Resurrezione. Betania, luogo dell’amicizia, è anche il luogo della vita e la condivisione della mensa diventa proprio il segno di questa vita nuova, questa vita risorta condivisa.
In questa condivisione ognuno ha un suo posto: “Marta serviva, Lazzaro era uno di quelli che erano sdraiati a mensa con lui”. Maria, successivamente, farà ancora qualcosa di diverso.
Queste sottolineature ci portano ad una prima constatazione: la condivisione non consiste in una abolizione di tutte le differenze, in una massa indistinta, in cui donando quello che ho, mi assimilo o mi faccio assimilare dall’altro, tanto da perdere tutte le mie caratteristiche! Al contrario, la condivisione comincia dall’assunzione delle differenze all’interno di una mensa, all’interno di una vita in comune.
Questo ce lo mostra in particolare Marta: se leggiamo il Vangelo di Luca, troviamo Marta in una situazione analoga (Gesù a mensa in casa sua) che non accoglie la differenza con la sorella Maria e si rivolge al maestro sottolineando questa differenza quasi come espressione di un’ingiustizia (Lc 10,40). Nella scena che Giovanni ci presenta Marta ha un ruolo diverso da quello di Maria, ma ella lo accoglie pacificamente.
Questa accoglienza della differenza possibile è il punto di partenza della condivisione.

RIFLESSIONE
L’accoglienza delle differenze: è necessario capire che può esistere la condivisione solo se ognuno accoglie di avere un suo ruolo, un suo talento da vivere insieme, diverso rispetto a quello degli altri…pensiamo a quante volte, piuttosto, intendiamo la condivisione come abolizione di ogni differenza, pretesa di un’uguaglianza insensata tra persone diverse, forse nella speranza di un furto del talento dell’altro.
CONDIVISIONE E DONO TOTALE
Il testo ci porta in primo piano due persone che si mettono in relazione, Maria e Gesù; proprio all’interno di questa dinamica relazionale viene descritto il gesto di Maria.
Maria prese una libbra di profumo di nardo autentico, molto prezioso”. L’evangelista insiste volutamente nella descrizione della preziosità di ciò che Maria condivide. Cosa condivide? Una notevole quantità di profumo (una libbra corrisponde a 327,45 gr.), il quale è particolarmente pregiato.
Profumo: è un simbolo di vita. Secondo la religione Egiziana il profumo è posseduto dagli dei immortali, i quali lo donano agli uomini: esso è nient’altro che il dono della vita. Anche nella Grecia antica, il profumo veniva considerato un segno dell’apparizione della divinità sulla terra.
Nardo: il nardo è menzionato nella Scrittura solo nell’unzione di Gesù in Mc 14,13 e in Gv 12,3 e, altrove, solo nel Cantico dei Cantici (1,12; 4,13-14). La tradizione giudaica mette in relazione il nardo con il paradiso, in particolare con l’albero della vita nel paradiso: quando Adamo sente che la sua fine si avvicina, chiede ad Eva e a suo figlio Seth di condurlo nelle vicinanze del paradiso, nella speranza che Dio abbia pietà di lui e invii il suo angelo presso l’albero della misericordia da dove cola l’olio della vita così che gli possa donare una goccia per ungerlo. Gli angeli Michele, Raffaele, Uriel e Gabriele spanderanno l’olio profumato sul corpo di Adamo.
Il nardo richiama dunque nella tradizione giudaica l’albero della vita che dona l’immortalità; la valenza principale del nardo è , perciò, quella dell’immortalità collegata all’albero della vita del paradiso.
Nel Cantico, il nardo è uno dei profumi che la sposa custodisce gelosamente nel suo giardino chiuso, perché sia donato ad uno solo, precisamente al suo diletto (Ct 4,13-14). Proprio nella condivisione di questo profumo segreto è il momento culminante dell’amore.

Riflettiamo, allora, su questi spunti offerti dal testo:
Condivisione come segno di vita: in quello che condivido il fratello riesce a percepire la vita, a toccare la vita stessa del paradiso, oppure è solo un passaggio di cose e beni, senza altro significato che il soddisfacimento di un bisogno materiale?
Condivisione e autenticità: ciò che condivido è autentico? È degno di fede? Oppure si tratta di una maschera…
Il dono prezioso: quanto spesso condivido gli avanzi, gli scarti, ciò che a me non serve più…
Il dono di tutto a uno solo: quanto ricerco nella condivisione una relazione personale, oppure la mia condivisione è solo distribuzione di beni ad una massa indistinta…Condividere, inoltre, non significa tanto dare tutto, quanto piuttosto dare
qualcosa nella totalità e nella verità.
Condivisione e servizio: la posizione di chi condivide deve essere quella di chi serve, di chi si pone ai piedi dell’altro…quante volte, invece, la nostra condivisione ha il sapore della superiorità, della condiscendenza…

GLI EFFETTI DELLA CONDIVISIONE
Fin qui il gesto di Maria ha il sapore del dono gratuito, ma ben preso questo dono si trasforma in condivisione. Ella, infatti, “asciugò con i suoi capelli i suoi piedi”. Probabilmente si può spiegare questo secondo gesto di Maria con l’abbondanza del profumo che aveva versato: esso era così tanto che necessitava di essere raccolto. E Maria lo fa asciugando i piedi di Gesù con i suoi capelli, così che questi ne restano impregnati: il profumo di Gesù diventa il profumo di Maria, la cui testa è così unta dello stesso profumo con cui ella ha unto i piedi del maestro (Sal 23,5 “hai unto di olio il mio capo e la mia coppa è traboccante”).
Ecco il primo effetto della condivisione: il dono totale fatto ad uno solo ricade, per la sua abbondanza, sul donatore, ed esso gode di quella stessa cosa che ha sparso, che ha scelto di donare nella sua interezza e abbondanza all’altro. Ecco che il dono è con-diviso, diviso, cioè, con qualcuno; questo accade solo dopo che io ho scelto di donare totalmente e gratuitamente, allora questo dono si trasforma in un dono anche per me. Questo ci rivela che con-dividere, “dividere con”, non significa prendere un intero e farne due parti, una per chi dona e una per l’altro, quanto piuttosto donare tutto l’intero, per poi goderne insieme all’altro. Maria, infatti, possiede il profumo e ne può usufruire solo nel momento in cui lo dona: fintanto che il profumo è custodito gelosamente nel vaso, non serve a niente, è indifferente che sia profumo o non lo sia.
Ma la grazia di quest’olio sparso non si ferma: “e la casa fu riempita della fragranza del profumo”. Per l’andamento del racconto l’espressione è abbastanza superflua; per capire il senso della condivisione è, invece, essenziale.
La casa non si riferisce soltanto al luogo dove si svolgeva la cena, alla dimora di Lazzaro e delle sorelle.
Nella Scrittura, la casa si riferisce anche al tempio (come in Gv 2,16 dove Gesù chiama il tempio “la casa del Padre mio”), al tempio riempito dalla gloria di Dio (Es 40,34-35) e dunque anche al corpo di Gesù risuscitato (Gv 2,21 “egli parlava del tempio del suo corpo”). E, infatti, il corpo stesso di Gesù è riempito della fragranza del profumo; ma questo corpo di Cristo è per Paolo la comunità stessa: “voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1Cor 12,27).
Non a caso termine casa, nella Scrittura, significa tanto “casa”, edificio, quanto “famiglia”. In particolare, nel Vangelo di Giovanni (cf. Gv 8,35-36; 14,2) la casa è il simbolo della comunità di coloro che hanno in Cristo la loro dimora; essa è il simbolo della comunità dei credenti raccolta attorno al Figlio. Ed ecco che ancora Paolo identifica la comunità dei credenti come il “profumo di Cristo”: “noi siamo, infatti, dinanzi a Dio il profumo di Cristo” (2Cor 2,15).
Dunque, tutta la comunità è riempita e inondata della fragranza del profumo, cioè della vita immortale, che sprigiona dalla condivisione di Maria. La condivisione, allora, non si esaurisce come un semplice dono fatto ad una persona, dal momento che questo dono, proprio per la sua abbondanza, trabocca e investe tanto il donatore (Maria con i suoi capelli), quanto tutta la comunità che si trova intorno al donatore.
Ecco in qual modo la condivisione ha una ricaduta su tutta la comunità: non tanto perché il dono è fatto a tutti (anche perché questo oggettivamente spesso non è possibile), ma perché dalla totalità del dono condiviso con uno solo, emana una grazia che investe tutta la comunità, la quale alla fine partecipa di questo stesso dono, ne è piena, colmata. In altre parole: condividendo con un fratello nella totalità, nell’autenticità, si condivide al tempo stesso con tutta la comunità.

RIFLESSIONE
L’olio sul capo di Maria. Maria riceve l’olio dell’unzione sulla testa nella misura in cui lo dona…è necessario donare per avere, è necessario donare per poter condividere. Più il dono è abbondante più abbondante sarà la condivisione, cioè ciò che ne riceverò…La condivisone diventa possesso del dono donato.
Il dono per la comunità. La condivisione come relazione personale con uno che investe della sua grazia tutta la comunità; quanto spesso, invece, impiego tutte le mie energie per cercare di raggiungere più individui possibile, trascurando la relazione con il singolo, senza dubbio più impegnativa e coinvolgente.

IL DONO FITTIZIO
Di fronte a questa condivisione l’evangelista mette subito in scena un’altra figura che ci mostra un atteggiamento ben diverso. Compare sulla scena Giuda, anche lui inondato, come tutti, dalla fragranza del profumo, ma che evidentemente non sa godere di questo dono, di questa condivisione. “perché non si è venduto per trecento denari”. Giuda quantifica immediatamente il dono di Maria, così abbondante, così gratuito; non riesce a godere del profumo che lo investe, ma piuttosto ne calcola il prezzo. Egli propone un uso ragionevole del bene; propone una vendita, un gesto cioè che può valorizzare il bene in sé, facendone apprezzare il valore. Ciò che conta non è più l’altro con cui è condiviso un bene, ma il bene in sé e per sé, preso da solo; conta il suo valore e il guadagno che dal suo valore è possibile trarre. Possiamo considerare una differenza importante rispetto al gesto di Maria: al centro della relazione non c’è l’altro cui si fa dono di qualcosa, bensì il bene in sé.
“per darli ai poveri?”. Ecco che affiora anche nelle parole di Giuda la prospettiva di un dono: il bene sarebbe stato venduto, quindi calcolato e apprezzato, e il ricavato sarebbe stato donato ai poveri. Si tratta di un pensiero di per sé nobile…se non fosse che sotto l’apparenza del dono si nasconde un grosso interesse personale.
“perché era ladro…e prendeva quello che vi mettevano”. Mascherato sotto la forma del dono per gli altri, si cela in realtà un prendere per sé. Questo prendere si configura come una vera e propria rapina, tanto più grave quanto mette in gioco un bene condiviso: egli infatti prendeva dalla cassa ciò che era condiviso da tutta la comunità e per tutta la comunità.
Così Gv 10,10 ci descrive chi è il ladro: “il ladro non viene se non per rubare, uccidere, distruggere”; siamo di fronte all’atteggiamento opposto a quello significato dal profumo condiviso, che richiama, come abbiamo visto, il dono della vita. Invece di donare la vita, il ladro viene per strapparla, per toglierla.
In sintesi, Giuda ci mostra come la condivisione di un bene può rivelarsi un dono fittizio, nel momento in cui mi impossesso di questo stesso dono, quando non agisco nell’autenticità e nella gratuità, ma prendo il dono per me, non lasciando che gli altri ne possano godere.
Questo atteggiamento è spesso mascherato da discorsi sensati e ragionevoli, come quelli sul valore del bene che possiedo: ecco che in questo atteggiamento il centro della relazione non è più l’altro, quanto piuttosto il valore del bene.
RIFLESSIONE:
Godere di ciò che è condiviso: riesco a godere di un bene gratuito che è distribuito a tutta la comunità? O piuttosto prevale un sentimento di estraneità, quasi una gelosia…
Condivisione e ragionevolezza: spesso la condivisione non ci appare un gesto ragionevole, forse perché non viene valorizzato il bene in sé (non saprò mai quanto una cosa valeva se la dono, totalmente e gratuitamente!). Al contrario, vendendo il bene, esso è ancora mio e io so quanto ho donato…posso sempre dire all’altro cosa gli ho donato…riflettiamo su quanto è più gratificante per noi “vendere” i nostri beni.
L’altro al centro della condivisione: cerchiamo di pensare ad ogni volta che, in una relazione di condivisione, al centro c’è il mio bene condiviso, il suo valore, il suo prezzo…e non il fratello che ho di fronte.
CONDIVISIONE COME GESTO PROFETICO
Nella risposta che il Signore dà a Giuda, egli svela il senso del gesto di Maria, di ciò che ella ha condiviso e, con questo, svela anche il senso di ogni condivisione. Essa è letta da Gesù, innanzi tutto, come un gesto profetico, un gesto cioè che anticipa in qualche modo l’esito della storia di Gesù: il dono del profumo anticipa la conclusione di una vita donata interamente, di una vita condivisa e ne rivela il senso; Gesù parla, infatti, del “giorno della mia sepoltura”.
La menzione della sepoltura, tuttavia, acquista anche un ulteriore significato se compresa alla luce delle immagini del testo: il testo, infatti, si apre e si chiude con la menzione di una resurrezione, quella di Lazzaro; abbiamo visto, infatti, come il profumo e il nardo richiamino alla vita immortale; il nardo non è mai associato nella Scrittura agli unguenti usati per la sepoltura, ma è piuttosto un profumo che rimanda alla vita. Ungendo il corpo del Signore, Maria ha mostrato in anticipo che, dietro questa sepoltura, si nasconde una vita nuova, una vita immortale. Gesù attraverso le sue parole ci rivela che il gesto di Maria non ha anticipato solo la sua morte, ma più che altro ha anticipato la resurrezione dentro questa morte.
Cosa ci dice questo ricondotto alla nostra riflessione sulla condivisione? Ogni condivisione è riconoscimento della vita del fratello, anche se è una vita che si manifesterà in seguito, una vita nascosta, una vita che avrà sulle prime le stesse forme della morte.
“Lasciala fare! Perché lo conservi”. Nella sua fase finale, il brano ci presenta un rapporto problematico tra donare e conservare. Il testo è difficoltoso e di non facile comprensione, soprattutto perché è evidente l’impossibilità di conservare l’olio che è stato ormai sparso. Una variante tarda e secondaria del testo propone la seguente traduzione: “Lasciala: ella lo ha conservato per il giorno della mia sepoltura”. Questa possibilità di interpretazione istituisce un rapporto tra donare/condividere il profumo e conservarlo, offrendoci una possibile pista di riflessione.
Conservare (thre,w) in Gv è un verbo denso di significato; esso implica fedeltà: applicato alla parola di Gesù è garanzia di vita (Gv 8,51 “chi conserva la mia parola non vedrà mai la morte”); conservare è segno di amore (“se mi amate conservate i miei comandamenti” 14,15; “chi osserva i miei comandamenti, questi mi ama” 14,21; cf. anche 14,23.24; “se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore” 15,10) ma anche di comunione: “conserva nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché essi siano una cosa sola” (17,11).
Questo conservare è messo in parallelo con il dono di Maria: essa ha conservato l’olio donandolo, condividendolo. Quindi: se conservare il proprio dono significa fedeltà ad esso, significa amore, è chiaro che la fedeltà a ciò che si possiede, l’amore al proprio talento, al dono ricevuto si attuano solo nella misura in cui lo condivido. Ecco che il conservare non diventa un atto egoistico, non ha niente a che vedere con il “prendere per sé”, ma si rivela piuttosto come un’espressione di comunione.
Questo rapporto tra conservare e donare ci dice la natura paradossale di ogni dono, sintetizzata dalle parole di Gesù: “chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita a causa mia la troverà” (Mt 16,25 // Mc 8,35; Lc 9,24; 17,33). La conservazione, la custodia del dono ricevuto corrisponde alla misura in cui condivido il dono; analogamente, rovesciando il discorso, posso affermare che custodisco il dono ricevuto solo nella misura in cui lo condivido. Non a caso, nella parabola dei talenti (Mt 25,14-30) colui che mette il talento sotto terra, in realtà non lo custodisce, ma lo perderà per sempre.
RIFLESSIONE
Condivisione e profezia: nella condivisione e nel modo di condividere si rivela il senso stesso di una relazione, di una vita intera…cerchiamo di soffermarci anche sul gesto della condivisione come riconoscimento della vita del fratello. Condividere significa vedere la vita nei volti sfigurati dalla morte, dalla solitudine, dalla malattia e dal dolore che mi passano davanti…
Conservare e donare: quanto nella mia condivisione vado al risparmio nel dono…cercando di trattenere qualcosa per me di quello che scelgo di condividere…ma che, inesorabilmente, finisco per perdere. È necessario donare per poter godere di ciò che possiedo…Sono disposto a rischiare per questo paradosso?
CONCLUSIONE
Potremmo concludere il nostro percorso attraverso il mistero del gesto di Maria di Betania con un’immagine, forse la più bella ed efficace di ciò che è condivisione: essa è un profumo prezioso donato, totalmente sparso; dono totale per l’altro, la cui grazia impercettibile si diffonde sul donatore e si espande su tutti. È il profumo della sposa del Cantico, quello che l’amata conserva solo per il suo diletto, quello che custodisce perché venga versato nel momento dell’amore.

Preghiera dei fedeli
Gesù, luce delle genti e nostra giustizia, viene per liberarci da ogni prigionia e cecità. Desiderosi della vita nuova, chiediamo:
Donaci il tuo Spirito, Signore!

Per amarti nella Chiesa, anche quando non ci sembra tua perfetta trasparenza:
Per servirti nei poveri e in quelli che il mondo emargina:
Per spendere gratuitamente la nostra vita per te:
Per attendere con pazienza la tua venuta e la tua salvezza:
Per ricordare che siamo opera delle tue mani e tutti fratelli tra noi:
Per rispettare e venerare i tuoi modi di intervenire nella storia:
Per saperti accogliere nel nostro cuore profumato di adorazione e di amore:
Per sentirti vicino a noi peccatori, dalla fede incrinata e smorta:
Per rinnovarti il nostro <> ogni giorno:
Per seguirti ovunque, anche se non sappiamo dove il tuo amore ci conduce:
Per aprirci al mistero della croce, consegnandoti la nostra volontà come ha fatto il Cristo:

O Dio, creatore e salvatore nostro, che ci hai dato tutti i doni del tuo amore, ascolta la nostra voce. con il sacrificio del tuo Figlio Gesù, ti offriamo ciò che siamo, in semplicità e letizia, perchè il profumo della tua lode si spanda nell'universo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
ALLA FINE DELLA LECTIO
Resta con noi Signore risorto!
È questa anche la nostra quotidiana aspirazione.
Se tu rimani con noi,
il nostro cuore è in pace.
Accompagnaci, come hai fatto
con i discepoli di Emmaus, nel nostro cammino personale ed ecclesiale.
Aprici gli occhi, affinché sappiamo riconoscere
i segni della tua ineffabile presenza.
Rendici docili all’ascolto del tuo Spirito.
Nutriti ogni giorno
del tuo Corpo e del tuo Sangue,
sapremo riconoscerti
e ti serviremo nei nostri fratelli.
(Giovanni Paolo II)

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