di Gianfranco Ravasi, 22.10.2015, Avvenire
Non è difficile rilevare nella Bibbia, dopo una logica dell’esclusione, una dell’accoglienza, che costituisce l’ambito in cui Dio agisce per portare i figli d’Israele a essergli testimoni tra le genti. Come si è visto, Dio, per educare il suo popolo a non sentirsi un privilegiato, invia profeti, che invitano ad aprire il cuore e le braccia a tutti, e sapienti, che trovano i semi di verità dispersi in tutte le culture.
A proposito dell’accoglienza rituale prendiamo ad esempio una pagina cruciale della Bibbia come il Decalogo. Cosa si legge nel comandamento del sabato? Che il riposo sabbatico deve essere praticato anche dal forestiero che dimora presso l’israelita (Es 20,10); anche lui ha diritto al riposo con l’ebreo. In alcuni passi legislativi dell’Antico Testamento, come nei libri del Levitico (16,29) e dei Numeri (9,14), si andrà oltre, affermando che anche lo straniero ha diritto a far festa nel giorno di Pasqua, e a partecipare addirittura a quella celebrazione che è forse la più ebraica di tutte: il Kippur, la solennità del digiuno, dell’espiazione delle colpe. Per il culto sinagogale il Kippur è la celebrazione che in assoluto contraddistingue l’ebreo nell’ambito della liturgia.
giovedì 22 gennaio 2015
venerdì 2 gennaio 2015
Giovanni 1,1-18: II domenica dopo Natale
Dio
– ci ricordano gli antichi Padri della Chiesa – si è fatto uomo nel Figlio perché
gli uomini diventino, nel Figlio, anch’essi divini, figli di Dio. Perchè
realizzino il sogno di Dio di rendere ogni creatura partecipe del suo disegno
di amore.
Giovanni
apre il suo Vangelo presentandoci Gesù che nasce nella sua pienezza divina. Lo
fa con espressioni di alta teologia con cui spiega come Gesù sia la Parola di
Dio fatta carne, incarnata nel nostro mondo, come Lui e solo Lui possa parlarci
di Dio, perché a Lui solo appartiene: Dio, che nessuno ha mai visto, lo
possiamo vedere, comprendere e seguire solo nel Figlio.
Gesù è la Parola di Dio: parola che
crea, dona vita, benedice, esprime. Una parola donata agli uomini, i soli che
usano la parola, che possono comunicare: la parola distingue l’uomo dall’animale,
richiede la relazione tra più persone. La parola viene donata e affidata all’uomo
e in lui può divenire strumento di conoscenza e comunione, di amore e di
libertà, ma anche strumento di menzogna e inganno, di violenza e morte, di
distruzione e di egoismo. Quante volte il Papa si è scagliato contro le
mormorazioni e i pettegolezzi, contro le maldicenze e le denigrazioni. Quanto
male si può fare con le parole, ma anche quanto bene si può fare: basta
riandare alle parole del Figlio, accoglierle, viverle, condividerle.
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