martedì 27 settembre 2016

Sull’inquietudine del re Erode Antipa descritta nel Vangelo di Luca (9, 7-9) (Giovedì, 22 settembre 2016)

Papa Francesco, Meditazione mattutina 

Il sovrano «era inquieto» perché quel Gesù di cui tutti parlavano «era per lui come una minaccia». Alcuni pensavano che fosse Giovanni, ma il re si ripeteva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io, chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». Un’inquietudine, ha fatto notare il Pontefice, che ricorda quella del padre, Erode il grande, il quale, quando giunsero i magi per adorare Gesù, «era stato preso da spavento».
Nella nostra anima, ha spiegato il Papa, «c’è la possibilità di avere due inquietudini: quella buona, che è l’inquietudine dello Spirito Santo, che ci dà lo Spirito Santo, e fa che l’anima sia inquieta per fare cose buone, per andare avanti; e c’è anche la cattiva inquietudine, quella che nasce da una coscienza sporca». Proprio quest’ultima caratterizzava i due sovrani contemporanei di Gesù: «Avevano la coscienza sporca e per questo erano inquieti, perché avevano fatto cose brutte e non avevano pace, e ogni avvenimento sembrava per loro una minaccia». Del resto, il loro modo di risolvere i problemi era uccidere, e andavano avanti passando «sopra i cadaveri della gente».
Chi come loro, ha spiegato Francesco, «fa del male», ha «la coscienza sporca e non può vivere in pace»: l’inquietudine li tormenta e vivono «in un prurito continuo, in una orticaria che non li lascia in pace». Una realtà interiore sulla quale si è concentrata la riflessione del Papa: «Questa gente ha fatto il male, ma il male ha sempre la stessa radice, qualsiasi male: la cupidigia, la vanità e la superbia». Tutte e tre, ha aggiunto, «non ti lasciano la coscienza in pace», tutte impediscono che entri «la sana inquietudine dello Spirito Santo», e «portano a vivere così: inquieti, con paura».

«Vanità delle vanità, vanità delle vanità... Tutto è vanità». L’espressione del Qoèlet, ha notato, può apparire «un po’ pessimista», anche se in realtà «non tutto è così: c’è gente buona». Ma, ha spiegato Francesco, «il testo vuol sottolineare questa tentazione tanto nostrana, che è anche la prima dei nostri padri: essere come Dio». La vanità, infatti, «ci gonfia», ma «non ha lunga vita, perché è come una bolla di sapone» e non porta mai «un vero guadagno». Eppure l’uomo, «si affanna per apparire, per fingere, per sembrare». In parole povere: «La vanità è truccare la propria vita. E questo ammala l’anima, perché uno trucca la propria vita per apparire, per sembrare, e tutte le cose che fa sono per fingere, per vanità, ma alla fine cosa guadagna?».
Per far meglio comprendere questa realtà interiore, il Papa ha usato alcune immagini concrete: «La vanità è come una “osteoporosi” dell’anima: le ossa di fuori sembrano buone, ma dentro sono tutte rovinate». E ancora: «La vanità ci porta alla truffa; come i truffatori segnano le carte per guadagnare. Poi questa vittoria è finta, non è vera. Questa è la vanità: vivere per fingere, vivere per sembrare, vivere per apparire. E questo inquieta l’anima».
A tale riguardo, ha ricordato il Papa, san Bernardo si esprimeva rivolgendosi al vanitoso con una parola «fin troppo forte»: «Ma pensa a quello che tu sarai. Sarai pasto dei vermi». Come a dire: «tutto questo truccarti la vita è una bugia, perché ti mangeranno i vermi e non sarai niente». Ma «dov’è la forza della vanità?», si è chiesto Francesco. «Spinti dalla superbia, verso le cattiverie» non si vuole «permettere che si veda uno sbaglio», si tende a «coprire tutto». È vero che c’è tanta «gente santa»; ma è altrettanto vero che c’è gente di cui si pensa: «Che buona persona! Va a messa tutte le domeniche. Fa grosse offerte alla Chiesa», senza accorgersi dell’«osteoporosi», della «corruzione che hanno dentro». Del resto, «la vanità è questo: ti fa apparire con una faccia di immaginetta e poi la tua verità dentro è ben altra».
Di fronte a ciò, ha concluso il Papa, «dov’è la nostra forza e la sicurezza, il nostro rifugio?». Anche la risposta giunge dalla liturgia. Nel salmo del giorno, infatti, si legge: «Signore tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione». E nel canto al Vangelo si ricordano le parole di Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita». Questa, ha detto Francesco, «è la verità, non il trucco della vanità».
Perciò è importante pregare «che il Signore ci liberi da queste tre radici di tutti i mali: la cupidigia, la vanità e la superbia. Ma soprattutto dalla vanità, che ci fa tanto male».

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