giovedì 1 novembre 2012

Marco 12,28b-34: XXXI domenica del Tempo Ordinario (B)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima [...]". Il aecondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c'è altro comandamento più grande di questi».

Uno scriba che ha appena ascoltato la discussione di Gesù con i sadducei a proposito della resurrezione dei morti e ha apprezzato la sua sapienza, si avvicina a lui per chiedergli:“Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Domanda che nasce da un’esigenza assai diffusa nell’ambiente religioso del tempo di Gesù: operare una sintesi dei 365 precetti di Dio presenti nella Scrittura, così da giungere all’essenziale, a ciò che costituisce l’intenzione profonda del “cuore” di Dio, della sua offerta di vita e di senso agli uomini.
Gesù risponde rinviando lo scriba a una parola contenuta nella Torah: “Il primo comandamento è: “Ascolta, Israele! Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (Dt 6,4-5)”. Egli sta citando la professione di fede ripetuta tre volte al giorno dal credente ebreo, quella che prende il nome dalle parole con cui si apre: “Shemà Israel”, “Ascolta, Israele!”. Questa preghiera rivela che l’ascolto ha un primato assoluto, è la modalità di relazione decisiva dell’uomo nei confronti di Dio: l’ascolto obbediente è il fondamento dell’amore. Anzi, le parole del Deuteronomio riprese da Gesù sembrano addirittura tracciare un movimento che dall’ascolto (“Ascolta, Israele”) conduce alla fede (“Il Signore è il nostro Dio”), dalla fede alla conoscenza (“Il Signore è uno”) e dalla conoscenza all’amore (“Amerai il Signore”).
Al centro della nostra fede troviamo dunque ciò che più di ogni cosa dona felicità all'uomo: amare. Non obbedire a regole né celebrare riti, ma semplicemente amare.
(Gesù non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla legge antica: il primo e il secondo comandamento sono già nel Libro. Eppure il suo è un comando nuovo. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l'unico comandamento. L'averli separati è l'origine dei nostri mali).
Noi ascoltiamo Dio per assumere il suo pensiero, per rispondere all’amore con cui egli ci ha amati per primo; radicati in questo amore, siamo resi capaci di amare i fratelli del suo stesso amore. Ecco perché Gesù aggiunge immediatamente: “Il secondo comandamento è questo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18)”, poi conclude: “Non c’è altro comandamento più importante di questi”.
Con l’accostamento di questi due versetti biblici Gesù compie una grande innovazione: egli ci insegna che il comandamento dell’amore di Dio fa tutt’uno con quello dell’amore del prossimo. L’uomo compiuto, l’uomo “non lontano dal regno di Dio” è colui che, amando Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze sa amare il prossimo come se stesso.
Non solo dunque in maniera razionale o solo sentimentale; non solo in Chiesa, ma ovunque ci troviamo, non solo in tempi ristretti, ma in ogni momento. Ogni steccato và così, pian piano, abbattuto per ritrovare l’integrità e sconfiggere la schizofrenia.
Chi ama così ritrova l'unità di se stesso, la sua pienezza felice: «Questi sono i comandi del Signore vostro Dio... Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice" (Dt 6,1-3).
 Ama e fa ciò che vuoi” scrisse Sant’Agostino in quella che è forse la sua frase più citata: se siamo (realmente) nell’amore ogni cosa è lecita e opportuna.
Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza. Amerò ciò che Lui più ama: l'uomo, di cui è orgoglioso.
Gesù ha vissuto la sua intera esistenza come capolavoro d’amore e in questo ha compiuto pienamente la volontà di Dio, è stato “l’uomo secondo il cuore di Dio”. Così facendo egli ha tracciato una via ben precisa per chi vuole seguirlo, semplificando all’estremo (cosa diversa dal renderlo più facile…) il cammino per andare a Dio: il comandamento che deve orientare la vita del cristiano è quello dell’amore per tutti gli uomini, fino ai nemici (cf. Mt 5,44). Sì, l’amore concreto e quotidiano per i fratelli è il segno da cui si riconoscono i discepoli di Gesù Cristo, i cristiani, come ha indicato una volta per tutte Gesù stesso: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
Ama il tuo prossimo come te stesso. Quasi un terzo comandamento: ama anche te stesso, insieme a Dio e al prossimo. Come per te ami libertà e giustizia così le amerai anche per tuo fratello, sono le orme di Dio. Come per te desideri amicizia e dignità, e vuoi che fioriscano talenti e germogli di luce, questo vorrai anche per il tuo prossimo.
L'amore trasforma: ognuno diventa ciò che ama. Se Lo amerai, sarai simile a Lui, cioè creatore di vita.

Ermes Ronchi:
Amerai Dio con tutto il tuo cuore. Amerai il prossimo tuo come te stesso.
Che cosa c'è al centro della fede? Ciò che più di ogni cosa dona felicità all'uomo: amare. Non obbedire a regole né celebrare riti, ma semplicemente, meravigliosamente: amare.
Gesù non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla legge antica: il primo e il secondo comandamento sono già nel Libro. Eppure il suo è un comando nuovo. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l'unico comandamento. L'averli separati è l'origine dei nostri mali.
La risposta di Gesù inizia con la formula: shemà Israel, ascolta popolo mio. Fa tenerezza un Dio che chiede: «Ascoltami, per favore. Voglimi bene, perché io ti amo. Amami!» Invocazione, desiderio di Dio.
Cuore del comandamento, sua radice è un'invocazione accorata, non una ingiunzione.
Dio prega di essere amato. Amare «è tenere con tenerezza e passione Dio e l'uomo dentro di sé: se uno ama, l'altro è come se dimorasse dentro di lui» (A. Casati). Amare è desiderio di fare felice qualcuno, coprirlo di un bene che si espande oltre lui, va verso gli altri, inonda il mondo...
Amare è avere un fuoco nel cuore.Ma amare che cosa? Amare l'Amore stesso.

Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza. Amerò ogni briciola di cosa bella che scoprirò vicino a me, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un'intuizione illuminante, un angolo di armonia. Amerò ciò che Lui più ama: l'uomo, di cui è orgoglioso.
Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente, cuore, mente, anima, forza. Gesù sa che fare questo è già la guarigione dell'uomo. Perché chi ama così ritrova l'unità di se stesso, la sua pienezza felice: «Questi sono i comandi del Signore vostro Dio... Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice" (Dt 6,1-3). Non c'è altra risposta al desiderio profondo di felicità dell'uomo, nessun'altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amare.
Ama il tuo prossimo come te stesso. Quasi un terzo comandamento: ama anche te stesso, insieme a Dio e al prossimo. Come per te ami libertà e giustizia così le amerai anche per tuo fratello, sono le orme di Dio. Come per te desideri amicizia e dignità, e vuoi che fioriscano talenti e germogli di luce, questo vorrai anche per il tuo prossimo. Ama questa polifonia della vita, e farai risplendere l'immagine di Lui che è dentro di te. Perché l'amore trasforma, ognuno diventa ciò che ama. Se Lo amerai, sarai simile a Lui, cioè creatore di vita, perché «Dio non fa altro che questo, tutto il giorno: sta sul lettuccio della partoriente e genera» (M. Eckhart).
Amerai, perché l'amore genera vita sul mondo.
SCHEDA LITURGICA:
Il vangelo ci presenta un concittadino di Gesù che pone al Maestro la domanda di fondo: “Qual è il primo dei comandamenti”? Gli risponde direttamente il Signore: “Amerai il Signore Dio tuo…” e “amerai il prossimo tuo come te stesso…” Il fatto è molto importante perché tra i tanti comandamenti, - gli ebrei ne ricavavano 613 dall’ Antico Testamento, 365 negativi tanti quanti erano i giorni dell’anno e 248 positivi tanti quante si ritenevano fossero le ossa del corpo umano, simbolo della struttura della persona. Se ne desiderava uno che li riassumesse o desse loro una scala di importanza. La risposta di Gesù indica l’essenza della legge nel comandamento dell’amore.

AMORE DI DIO E AMORE DEGLI UOMINI
La prima lettura costituisce l’inizio della preghiera ebraica dello Shema Israel (“ Ascolta, Israele”), che i fedeli recitavano tre volte al giorno, e in modo speciale al mattino. Questa preghiera conserva i caratteri essenziali della fede degli Ebrei: la professione di un Dio unico il compendio di tutta la legge nel comandamento dell’amore, infine il ricordo dell’alleanza
Il vertice della Legge è l’amore
Già nell’Antico Testamento il comandamento dell’amore di Dio è completato dal «secondo comandamento»: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18). In realtà nell’Antico Testamento non si è mai creduto di poter amare Dio senza interessarsi dell’uomo. L’amore verso Dio si prolunga necessariamente nell’amore verso il prossimo.
Da un capo all’altro del Nuovo Testamento, l’amore del prossimo appare indissolubile dall’amore di Dio: i due comandamenti non sono, in realtà, che uno solo, che è il vertice e la chiave di volta di tutta la Legge. La carità fraterna diventa il contenuto e la realizzazione di ogni esigenza morale (Gal 5,14; Rm 13,8s.; Col 3,14); è, in definitiva, l’unico comandamento (Gv 15,12; 2 Gv 5), l’opera unica e multiforme di ogni fede che pretende di non essere morta (Gal 5,6.22): « Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede... Chi ama Dio, ami anche il suo fratello » (1 Gv 4,20s.). Non si potrebbe affermare con più chiarezza che, in sostanza, non c’è che un unico amore.
L’amore del prossimo è, quindi, essenzialmente religioso, non è semplice filantropia. È religioso per il suo modello: il cristiano ama il suo prossimo per imitare Dio, che ama tutti senza distinzione (Mt 5,44; Ef 5,1s.25; 1Gv 4,11s.); ma lo è soprattutto per la sua sorgente, perché è l’opera di Dio in noi: come, infatti, potremmo essere misericordiosi come il Padre celeste, se il Signore non ce lo insegnasse (1Ts 4,9) e se lo Spirito non lo effondesse nei nostri cuori (Rm 5,5; 15,30)?
La questione del legame tra amore di Dio e amore degli uomini è sempre al centro della vita cristiana. Essa è tanto chiara e precisa nella sua formulazione teorica, quanto problematica e instabile nella sua traduzione pratica ed esistenziale. In ogni epoca della storia della Chiesa, questa realtà essenziale corre il rischio di essere parzialmente velata spostando l’ago della bilancia sull’uno o sull’altro dei due poli: Dio-prossimo.
Oggi, per esempio, i cristiani sono portati a mettere in pieno valore le esigenze dell’amore fraterno senza frontiere, ma si preoccupano molto meno di sapere in che cosa il vero amore fraterno è identico all’amore di Dio. Capita, allora, che ci si inganna sulle dimensioni integrali dell’amore fraterno stesso. Dove Dio non ha più il posto che gli compete, comincia a perdere d’importanza anche la relazione verso il prossimo.
Di fronte alla fame, l’ingiustizia e l’oppressione c’è il rischio di una risposta di violenza; per risolvere i problemi della sovrappopolazione, si suggerisce una pianificazione indiscriminata delle nascite o l’aborto legalizzato; di fronte alla crisi della famiglia, si propone come rimedio il divorzio; ad un malato inguaribile che soffre, si suggerisce l’eutanasia...
La Chiesa: segno di un amore che salva
Un vero amore verso il prossimo richiede inevitabilmente un concreto impegno nel mondo e nella lotta di liberazione dell’uomo da ogni forma di schiavitù. C’è stata, in un passato non molto lontano, una spiritualità e una mistica che, per sottolineare l’altro polo, l’amore di Dio, ha predicato la fuga dal mondo e il disprezzo delle cose; ha parlato di una scelta ineluttabile tra Dio e il mondo, rischiando di lacerare il cuore del cristiano in due amori antitetici...
I cristiani nella Chiesa hanno il compito di manifestare agli uomini i segni autentici dell’amore che ha salvato il mondo. Essendo corpo di Cristo, la Chiesa non cessa mai di essere questo segno; ma dipende dalla fedeltà dei cristiani che questo segno dispieghi tutta la sua potenza di significazione..

Canto al Vangelo: Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. Questo versetto dà la chiave per comprendere i testi biblici della messa di oggi.

Vangelo: Mc 12,28b-34: Questo è il primo comandamento, il secondo poi gli è simile.
E' interessante notare ciò che Marco ha in proprio: 1) lo scriba non si avvicina a Gesù per metterlo alla prova (cf Mt 22,35; Lc 10,25), ma è disponibile ad accogliere la parola; 2) alla dichiarazione di Gesù, (che unifica in un solo comandamento l’amore di Dio e del prossimo), Marco aggiunge la riflessione dello scriba sulla Legge (vv. 32-33; 1ª lettura): costui conviene con Gesù nell’affermare che l’amore è il segno del culto gradito a Dio e perciò accetta la rivelazione di Gesù che fonda sull’amore del prossimo, segno dell’amore di Dio, la vera religione. Quando si è capito ciò non si è lontani dal regno dì Dio.Allo scriba manca soltanto l’esplicita adesione a Cristo, riconoscendolo come il Messia promesso.
Questo dialogo interrompe un po’ la lunga controversia tra Gesù e il potere costituito, controversia che è caratteristica dei cc. 11-12 di Marco e aiuta a capire i motivi umani che hanno portato alla morte di Gesù.
I Lettura: Dt 6.2-6: Ascolta, Israele: ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore.
Il brano, dopo un’introduzione, offre un estratto della preghiera che i Giudei recitano ogni giorno ancora oggi. Essa contiene una professione di fede nel Dio unico (v. 4) e riassume tutta la legge in un solo comandamento: l’amore di Dio (v. 5). Questo è l’unico comandamento dato da Dio, che esige una risposta di amore al suo amore. Tutti gli altri comandamenti sono soltanto una specificazione per dire come concretamente si può in ogni circostanza amare Dio. Questo è l’unico brano dell’AT in cui viene esplicitato il comandamento dell’amore di Dio, ma si trova l’equivalente in 2 Re 23,25; Os 6,6.

Salmo  Sal 17: Ti amo, Signore, mia forza. Questa reciprocità nell’amore tra Dio e il suo eletto fa eco al Deuteronomio dove troviamo indicato il primo e principale comandamento.
Le immagini del Salmo esprimono l’azione di Dio anche oggi per noi nelle diverse difficoltà della vita.

     II Lettura: Eb 7,23-28: Egli, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.
Gesù è l’unico e perfetto sacerdote della nuova alleanza. Egli infatti è risorto e vive per sempre in cielo al cospetto di Dio dove esercita la sua funzione di intermediario tra noi e Dio, eliminando la necessità di altri sacerdoti È un intermediario perfetto perché è senza peccato e non ha quindi bisogno di rendere prima puro se stesso per santificare gli altri. Lo è in ragione della vittima: offrì se stesso e nessuno più di lui poteva essere una vittima santa, innocente e senza macchia (v. 26).

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