Per arrivare alla fede si può passare anche attraverso un itinerario tormentato o incerto ma accessibile a tutti, come quello di Tommaso che ha bisogno dei segni per credere.
Proprio per questo lo sentiamo vicino, affine alla nostra sensibilità, conforto per quanti procedono a fatica nella galleria, spesso oscura, che conduce alla ricerca di Dio.
Era l'unico degli undici a non essere nel cenacolo la domenica di Pasqua, quando il Signore si mostrò vivo; ed ora, la seconda domenica di Pasqua, otto giorni dopo, come dice Giovanni, eccolo protagonista di un incontro memorabile. I suoi amici gli dicono “abbiamo visto…”, ma Tommaso replica: "Se non vedo… non crederò". Come biasimarlo? Probabilmente, avremmo fatto la stessa cosa…
Il vedere è il modo più semplice per conoscere, ed anche il modo più semplice per credere. Anche il discepolo che si era recato al sepolcro vide e credette, Maria Maddalena vide il Signore e poi lo riconobbe. Persino il cieco nato prima vide il Signore e poi credette in lui. La fede nasce da un'esperienza, come la conoscenza. Si può parlare solo di quello che si è visto e sentito. Perciò il desiderio di vedere è naturale, ovvio, un'esigenza che può essere considerata quasi alla stregua di un diritto.
Il problema si pone perché, per qualche motivo che non sappiamo, la sera di quel memorabile primo giorno dopo il sabato, in quello stesso luogo dove erano riuniti tutti gli altri, lui non c'era e l'assenza impedisce l'esperienza. Tommaso non ha potuto credere non perché fosse duro e testardo, incredulo e poco sensibile, come a volte è dipinto, ma semplicemente perché, a differenza dei suoi amici più fortunati, non c'era.
Tutti gli altri credono perché hanno visto; prima di aver visto erano esattamente come lui. Quando Gesù gli appare, in realtà non lo rimprovera per aver desiderato vedere, ma lo invita a fare un salto di qualità che agli altri non era stato chiesto: "Metti qua il tuo dito guarda…".
Il problema di Tommaso ed eventualmente nostro, agli occhi del Signore, non è di aver desiderato vedere, ma di non aver creduto prima di vedere. Gesù non mette il credere contro il vedere, non mette la fede contro l'esperienza, non invita ad una fede cieca. Invita, piuttosto, a credere per riacquistare la vista, esattamente come aveva fatto con il cieco nato. In altre parole Tommaso ragionava dicendo: bisogna vedere per credere. Gesù contesta questa logica contraddicendolo: bisogna credere per vedere. Gesù non disapprova il desiderio di vedere, ma rifiuta la pretesa di farlo senza fede.
Nel tempo della Chiesa, credente è chi, superata la pretesa di vedere, accetta la testimonianza autorevole di chi ha veduto.
Nel tempo di Gesù visione e fede erano abbinate, ma ora, nel tempo della Chiesa, la visione non deve essere più pretesa, il segno che conduce alla fede si è trasformato; non è più oggetto di visione diretta ma di testimonianza.
Provvidenzialmente, però, nella Chiesa non c'è posto solo per i poveri ed i malati nel corpo ma anche per chi vive una crisi di fede o ha una fede ancora immatura ed imperfetta. E' sufficiente che costoro non blocchino il loro desiderio di ricerca e la loro attesa. Alla fine, anche per loro, potrà capitare quello che accadde quella sera a Tommaso.
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