Le profezie riguardanti la nascita del Messia secondo i vangeli di Luca e di Matteo si sono compiute: il Cristo è sorto dalla stirpe di David ed è nato a Betlemme di Giudea. Genealogie e racconti della nascita di Gesù lo testimoniano, anche se durante la sua vita Gesù sarà detto Nazareno (cf. Mt 2,23; 26,71, ecc.) e Galileo (cf. Mt 21,10; 26,70, ecc.).
Se per Luca il rinvenimento della nascita di Gesù avviene da parte di poveri pastori che di notte, sui monti vicini alla stalla vegliavano sul loro gregge (cf. Lc 2,8-20), per Matteo avviene ad opera di magi, sapienti venuti da lontano, dall’oriente. Sono gojim, pagani dunque, non in alleanza con il Dio di Israele e privi della rivelazione della parola del Signore contenuta nelle sante Scritture.
Ma anche per loro c’è una traccia di ricerca: una stella nel cielo. Sì, il cielo non è dio né divino, è piuttosto una creatura di Dio, al servizio di Dio, ma può essere un segno, può dare un orientamento da seguire. Quei magi, quei sapienti, sono dei cercatori, capaci di mettersi in cammino, di non restare chiusi nei loro confini, di non essere soddisfatti dei propri orizzonti, e per questo partono, fanno un viaggio, seguendo la stella, senza sapere dove avrebbe potuto portarli.
Perché dicono che sono venuti da tanto lontano per “adorarlo”, come se fosse Dio? Non possiamo saperlo, e il vangelo non ci svela questo processo cognitivo, tanto meno la sua dinamica psicologica. Ci dice solo che i magi hanno seguito un “oriente” inscritto nel cielo stellato e hanno cercato non in cielo ma in terra ciò che poteva essere la loro meta: non si sono prostrati ad adorare la stella ma sono stati pronti ad adorare colui che la stella annunciava.
A Gerusalemme, dunque, fanno domande a quelli che avevano ricevuto la rivelazione, la parola di Dio, nella convinzione che essi possano conoscere ciò che loro non sanno. Si accorgono però ben presto che le loro domande destano turbamento in tutta Gerusalemme, in particolare nel re Erode. Il re, come tutti i potenti ignoranti riguardo a Dio e alla sua azione, fa chiedere agli “esperti” dove deve nascere il Messia, il re dei Giudei, ricevendo quale risposta la profezia della sua nascita a Betlemme (cf. Mi 5,1-3). Alla notizia della nascita di un altro re, Erode, seppur nella menzogna e nell’ipocrisia, dice ai magi i suoi propositi assassini, ed essi più tardi capiranno in sogno le sue intenzioni.
I magi, obbedienti alle Scritture, pur svelate loro da nemici di quel re bambino nato da poco, vanno verso Betlemme, ed ecco ricomparire la stella che li accompagna, quasi a profetizzare che il libro della natura e quello della parola di Dio concordano e sono unanimi nel convergere verso il bambino Gesù. Nella grande gioia per questa rivelazione, giungono nella casa e trovano il bambino con Maria sua madre. Una stella nel cielo e dei credenti increduli li hanno portati fin qui, davanti a una povera, umile scena: un neonato e sua madre…
A lui offrono i loro doni più preziosi, adempiendo così le profezie riguardo al pellegrinaggio escatologico di tutte le genti, che sarebbero venute dai confini della terra ad adorare il Signore (cf. Is 2,2-5; 60; 62,1-2): l’oro che solo i re possono ricevere, l’incenso offerto a Dio nella liturgia, la mirra farmaco di vita per sempre.
Epifania, manifestazione dall’alto, rivelazione alle genti dell’identità di quel bimbo nato da Maria. Le genti, con la loro sapienza, la loro ricerca di Dio fuori dall’appartenenza al popolo di Israele e alla chiesa, hanno un orientamento, la loro ricerca del senso del senso: lo trovano in cielo? Lo trovano in terra? Lo trovano nel loro cuore e nelle loro convinzioni più profonde? Noi cristiani a queste domande rispondiamo con franchezza: sì, possono trovarlo, perché la parola di Dio non è al di là dei mari, non è al di là dei confini della terra, ma è vicina a ogni uomo, nel suo cuore e nella sua bocca (cf. Dt 30,11-14; Rm 10,6-8). Occorre solo ascoltarla e dovremmo semplicemente aiutarci a vicenda nel discernerla: noi, chiesa, Israele, genti, dovremmo aiutarci a vicenda, perché siamo tutti cercatori, tutti pellegrini, tutti mendicanti.
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