sabato 4 gennaio 2014

Giovanni 1,1-18: II domenica dopo Natale

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In principio era il Verbo, 
e il Verbo era presso Dio 
e il Verbo era Dio. 
Egli era, in principio, presso Dio: 
tutto è stato fatto per mezzo di lui 
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. 
In lui era la vita 
e la vita era la luce degli uomini; 
la luce splende nelle tenebre 
e le tenebre non l'hanno vinta. (...)

Ci sono modi diversi di raccontare il Natale: c'è soprattutto quello dei sinottici (Luca e Matteo) che offrono una sorta di cronaca dell'evento, e quello di Giovanni che racconta il significato di questo evento, vi riflette profondamente e ci tiene a premettere che:
- Dio è OLTRE e ALTRO rispetto ogni persona umana e ogni cosa creata, ma ha scelto, nel suo figlio, di essere anche di porre la sua dimora IN MEZZO a noi, IN noi: "in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio".
- Ogni persona e ogni cosa creata ha in origine Dio stesso, la sua impronta, la sua vocazione: "tutto è stato fatto per mezzo di lui...".
- Dio è LUCE che illumina le tenebre (cioè ogni realtà priva della sua presenza), è VITA che vivifica ogni vivente (che lo anima, perchè non viva solo in una dimensione animale/istintiva e superficiale).
- Dio si PROPONE, non si IMPONE: è un DONO che viene offerto, non imposto. Sta a noi ACCOGLIERLO. Si può scegliere le TENEBRE o una VITA SUPERFICIALE: è il modo per nascondere i nostri compromessi, i nostri peccati. Ci sembra comodo, semplice, più sicuro vivere nell'oscurità. Possiamo così continuare a vivacchiare senza fare i conti con Dio, chiusi e in difesa nelle nostre abitudini o vizi.
Direbbe il Papa: meglio una Chiesa (e dunque una persona) incidentata perchè si è aperta alla vita, che malata interiormente perchè chiusa in se stessa.
La nascita di Gesù mette in rilievo tutto questo: è venuto per illuminarci, per donarci una vita piena, eterna, vera. E' venuto per darci il POTERE di diventare FIGLI DI DIO. Potere indica la possibilità, l'occasione, ma anche l'energia, gli strumenti, la potenzialità di diventare ciò per cui siamo stati creati.
Accogliere tutto questo significa fare i conti con le nostre oscurità, con i nostri compromessi, con i nostri vizi, con le nostre paure e debolezze per aprirci ad una vita autentica, difficile, ma felice.

Ermes Ronchi:

In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. Giovanni comincia il Vangelo non con la cronaca di un evento, ma con un volo d'aquila che proietta subito Gesù in tre direzioni: l'inizio, Dio, il tutto. È come se Giovanni volesse rendere impossibile raccontare un'altra storia che risalga più indietro, che vada più lontano di questa. Un avvio grandioso, che può intimidire, ma poi il volo dell'aquila plana fra le tende dell'accampamento umano: e venne ad abitare, a piantare la sua tenda, in mezzo a noi.
Poi Giovanni apre di nuovo le ali e si lancia verso l'origine delle cose: tutto è stato fatto per mezzo di Lui. Nulla di nulla senza di lui. «In principio», «tutto», «nulla», parole assolute che inseriscono Gesù nella totalità e nella vastità dell'essere. Non solo gli esseri umani, ma il filo d'erba, la pietra, la luce, tutto plasmato dalle sue mani. 
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. È venuto a portare vita, vita da vivere, vita che sia luce. Ciò che fa l'uomo «umano» è il respiro di Dio in lui. 
Io sono la vita, dirà Gesù. E infatti non ha mai compiuto un miracolo per punire, per intimidire, ma sempre segni che accrescevano vita, che la facevano fiorire. E la vita era la luce degli uomini. Una cosa enorme: la vita stessa è luce. La vita è come una grande parabola che racconta di Dio. Il Vangelo ci insegna a sorprendere parabole nella vita, a sorprendere perfino nelle pozzanghere della vita il riflesso del cielo. Ci dà la coscienza che noi stessi siamo parabole, icone di Dio.
E accade allora che il Dio della religione (quello cioè delle celebrazioni, delle solenni liturgie, del culto) si ricongiunge con il Dio della vita, quello dei gesti, degli affetti e degli incantamenti.
Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo. Ogni uomo, ripetiamo questo aggettivo, ogni uomo, ogni donna, ogni bambino, ogni clandestino ha quella luce, che come un'onda immensa, come una sorgente che non viene meno, come un sole nella notte, è venuta a posarsi su ciascuno.
Venne fra i suoi ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Accogliere: parola che sa di porte che si aprono, di mani che accettano doni, di cuori che fanno spazio alla vita, come una donna fa spazio al figlio che accoglie in grembo.
A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli...: un potere, non solo la possibilità, l'opportunità, l'occasione, ma un potere, un'energia, un potenziamento d'umanità capace di farla sconfinare in Dio.
Il Verbo è in noi come una forza di nascite, come una duplice forza: di pienezza e di sconfinamento, che ti fa fiorire in tutte le tue forme e poi ti fa sconfinare.
(Letture: Siracide 24, 1-4.8-12; Salmo 147; Efesini 1, 3-6. 15-18; Giovanni 1,1-18)

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