lunedì 12 maggio 2014

A chi ha, sarà dato: doti spirituali
 da far fiorire

L'amministratore infedele, Dipinto di Marinus van Reymerswaele (1493 ca.-1567 ca.). Vienna, Kunsthistorisches Museum."A chiunque ha, sarà dato
e sarà nell'abbondanza.
Ma a chi non ha, sarà tolto
anche quello che ha"
(Matteo 25, 29)

di Gianfranco Ravasi
È la seconda volta che Gesù pronuncia una simile frase sconcertante, che sembrerebbe giustificare l’accumulo capitalistico che spesso sottrae il poco che è di tante persone per arricchire pochi. Anche la parabola che precede questa dichiarazione sembra andare in una direzione simile. In scena ci sono alcuni amministratori con dotazioni enormi di ricchezza affidate loro in gestione: cinque o due talenti, una cifra imponente legata a quantità d’oro (dai 35 ai 26 chili secondo le varie epoche storiche).

Costoro riescono a raddoppiare i beni monetari assegnati. C’è poi un amministratore che ha ricevuto un solo talento e alla fine, non essendo riuscito a raddoppiarlo con investimenti, è privato anche di esso.
In realtà Gesù ricorre a un’immagine della vita sociale per dedurre un messaggio simbolico di indole religiosa o morale. 
Per comprendere questo trapasso, è utile una semplice nota lessicale. Nel nostro linguaggio, proprio sulla base della parabola di Gesù, il “talento” è diventato una metafora di indole etica e spirituale: sono i doni di intelligenza, le capacità operative, la sensibilità umana e i carismi personali. L’impegno del discepolo è di far fiorire questa dotazione spirituale a servizio dell’umanità e quindi del Regno di Dio.
Chi, invece, rimane inerte, custodendo questi “talenti” in sé stesso, alla fine si ritrova privo di quello che si illude di possedere. Infatti, le doti spirituali sono realtà viventi che devono crescere come semi per dare frutto. 

Si comprende, allora, la frase di Cristo: chi ha alcuni “talenti” vitali interiori e li impiega con passione, alla fine avrà una vera e propria ricchezza. Chi, invece, si culla nell’idea di essere dotato di un “talento” e se ne sta pigro e senza impegno, alla fine gli «sarà tolto anche quello che ha». La prima volta che Matteo riferisce questa frase è nel Discorso in parabole (13,12), e là è esplicito il rimando alla «conoscenza dei misteri del Regno dei cieli». Chi ha una mente e un cuore aperti alla comprensione e all’adesione nei confronti della verità di Cristo, riceverà una capacità di conoscenza ancor più alta.

Invece, chi ha chiuso il suo spirito a questa conoscenza, fatta di intelligenza, di amore e di fede, perderà anche quello che crede di possedere. Forse Gesù allude anche a un altro aspetto. Chi ha l’anima aperta e sensibile al possesso dell’antica alleanza aggiungerà a essa la pienezza della nuova alleanza offerta da Cristo. Alle anime chiuse e pigre sarà tolta anche la prima alleanza, e il riferimento può essere a quei Giudei che si rivelano autosufficienti e inerti di fronte al messaggio del Vangelo.
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09 maggio 2014

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