sabato 26 gennaio 2013

DEI VERBUM: la Parola di Dio, fede nel Dio che parla


Schema:

1.      Informazioni e introduzione alla Dei Verbum

2.      Grande linee di avvicinamento cattolico alla Parola di Dio

3.      Verbum Domini (schema)

4.      Atto di fiducia in Dio che parla: il CREDO.
 

I. ALCUNE INFORMAZIONI E INTRODUZIONE ALLA DEI VERBUM: 

La Dei Verbum (in lingua italiana Parola di Dio, spesso abbreviata come DV) è una costituzione dogmatica emanata dal Concilio Vaticano II riguardante la «Divina Rivelazione» e la Sacra Scrittura. Fu promulgata da Papa Paolo VI il 18 novembre 1965, in seguito all'approvazione dei vescovi riuniti in assemblea con 2.344 voti favorevoli e 6 contrari.

Il titolo è un rimando sia alle Sacre Scritture (letteralmente, la «Parola di Dio»), sia allo stesso Gesù Cristo (il Verbo di Dio) ed è tratto dall'incipit del documento, com'è consuetudine nei più importanti documenti ufficiali della Chiesa cattolica. 

Le tre tematiche essenziali:

1.      Relazione tra Scrittura e Tradizione

2.      Ispirazione e Interpretazione della Sacra Scrittura

3.      Antico e Nuovo Testamento, in particolare sui Vangeli 

Struttura della Dei Verbum


Prefazione (par. 1)

1.       La Rivelazione (par. 2-6)

2.       La trasmissione della Divina Rivelazione (par. 7-10)

3.       L'ispirazione divina e l'interpretazione della Scrittura (par. 11-13)

4.       Il Vecchio Testamento (par. 14-16)

5.       Il Nuovo Testamento (par. 17-20)

6.       La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa (par. 21-26)


Da XIII Convegno Nazionale dell’Apostolato Biblico – di Mons. Giuseppe Betori (ora cardinale):

 

L’approvazione della Dei Verbum giunse verso la fine del Concilio Vaticano II, nel corso dell’ultima sessione, il 18 novembre 1965, dopo un lungo cammino, maturato lungo tutto il processo conciliare, avendone rappresentato all’inizio la svolta fondamentale. La costituzione conciliare tocca i fondamenti stessi della fede della Chiesa – la Parola di Dio, la sua rivelazione e la sua trasmissione tramite la Tradizione vivente e la Sacra Scrittura – ed è quindi logico che la riflessione che ne ha accompagnato la maturazione abbia costituito, per così dire, l’humus che ha fecondato tutti documenti conciliari.

La ragione di questa lunga maturazione è legata al fatto che la Dei Verbum presenta una nuova comprensione rispetto a concezioni antiche, non errate, ma non pienamente adeguate riguardo alla Parola di Dio, alla Rivelazione e alla fede, al rapporto tra Tradizione e Scrittura, al carisma dell’ispirazione biblica e alla verità della Bibbia, al valore dell’Antico Testamento per i cristiani, alla storicità dei Vangeli, al posto che alla Bibbia spetta nella vita e nella missione della Chiesa.

È un orizzonte che non si è aperto improvvisamente, ma che ha le sue radici in un cammino lungo tre quarti di secolo, che parte dalla Provvidentissimus Deus di Leone XIII (1893) e prosegue in particolare con il magistero di Pio XII, in specie nella Divino affilante spiritu (1943). La Dei Verbum costituisce l’ultimo capitolo di tale cammino e nel contempo il primo di una riflessione che non si è fermata al Concilio Vaticano II, ma da esso è stata stimolata.

Non si può tuttavia negare che con la Dei Verbum viene segnata una svolta. Di qui diventa comprensibile la complessa vicissitudine dell’iter conciliare.

La costituzione conciliare Dei Verbum ha il rango di costituzione dogmatica e il suo oggetto è la divina rivelazione. Seppure largamente si occupi di Sacra Scrittura e questa ne costituisca per certi aspetti il centro, il documento non ha come oggetto la Scrittura stessa, cioè il libro sacro, ma la Parola di Dio, cioè l’evento di grazia che la Scrittura attesta e di cui è peraltro parte integrante. La Scrittura infatti, in forza della sua ispirazione, è documento essenziale per la conoscenza della Parola di Dio, nel suo contenuto e nella sua correttezza. Si comprende allora come questo testo che si occupa della Parola di Dio dedichi alla Sacra Scrittura ben quattro dei suoi sei capitoli.

 

La Dei Verbum si articola in sei capitoli, con complessivi 26 paragrafi:

-          La Rivelazione, e quindi il mistero stesso della Parola di Dio (cap. I);

-          la trasmissione della divina rivelazione, nell’unità di Tradizione e Scrittura e nel servizio del Magistero (cap. II);

-          l’ispirazione divina e l’interpretazione della Sacra Scrittura, ovvero l’identità della Bibbia nella fede della Chiesa, in particolare il carisma dell’ispirazione biblica, la verità della Bibbia, il canone autentico dei libri biblici e i caratteri della sua interpretazione (cap. III);

-          l’Antico Testamento, il suo valore per i cristiani e l’unità tra Antico e Nuovo Testamento (cap. IV); il Nuovo Testamento, segnatamente i Vangeli nella loro origine e identità (cap. V);

-          la Sacra Scrittura nella vita della Chiesa (cap. VI).

 

Già guardando al documento nella sua globalità, possiamo far discendere alcune prime implicazioni pastorali:

 

a) La Dei Verbum è una pianta che ha generato molti frutti: al profondo ne è scaturito un approccio alla fede più legato alla dimensione della Rivelazione come evento, rispetto al dettato puramente dottrinale (ovviamente non annullato); il più appariscente di tali frutti è il riconoscimento della centralità della Bibbia nella liturgia, nella catechesi, nella vita cristiana, nel mondo della cultura e dell’arte. A riguardo di quest’ultimo aspetto, c’è da osservare che conoscere la Bibbia nella storia dei suoi effetti è certamente una strada nuova e altamente feconda per approfondire la dimensione culturale della fede e per avvicinare la cultura alla stessa fede. Di questo fa parte anche il collegamento di fatto della Dei Verbum con l’insegnamento della religione cattolica, contemplato nei nuovi obiettivi specifici di apprendimento dell’IRC.

 

b) Si può comprendere in siffatta prospettiva la raccomandazione che fa la Nota della CEI, La Bibbia nella vita della Chiesa per cui “la Dei Verbum diventa indispensabile introduzione e strumento per la retta comprensione della Sacra Scrittura da far conoscere a tutti i fedeli cristiani” (n. 15).

 


3. Il cap. I della Dei Verbum (nn. 2-6): “La Rivelazione”

 

Come può l’uomo avere accesso a Dio?

La risposta che la Dei Verbum a questa domanda è in una prospettiva storica, che fa emergere un’immagine di Dio da sempre aperto all’uomo per comunicare se stesso; un processo che ha come protagonista il Verbo eterno, che segna della sua presenza l’intera creazione, parla per mezzo dei profeti, si fa presenza personale in Gesù di Nazaret.

 

Ne deriva una stretta connessione tra dimensione universale della salvezza e specificità e assolutezza della rivelazione cristiana. Ne deriva un superamento della concezione intellettualistica della Rivelazione e quindi della fede, ricondotte alla globalità della comunicazione interpersonale.

 

Ma vediamo in sintesi alcuni dei caratteri con cui nella Dei Verbum viene descritta la Rivelazione, la Parola di Dio:

-          Prima di poter essere ricondotta a un insieme di formule dottrinali, la Rivelazione è l’atto di auto-comunicazione amorosa di Dio agli uomini, cui egli si dona in vista della loro salvezza. Le Persone divine si manifestano e si consegnano all’uomo, e la storia umana diventa, per volere di Dio, progetto di storia di salvezza.

-          Tale evento di comunicazione avviene nella storia, secondo le modalità proprie con cui si realizza l’agire storico, e quindi mediante “eventi e parole”, che reciprocamente si illuminano.

-          La rivelazione storica ha un centro, che è l’evento di Gesù Cristo.

-          All’uomo che è libero si richiede una libera risposta di consenso, la fede. Come risposta ad un evento, essa non si riduce al riconoscimento di una verità, ma implica l’accoglienza di Dio. Dimensione essenziale ed esistenziale della fede, assenso veritativo e affidamento fiduciale non si oppongono nella fede cristiana, in cui la Verità si manifesta nella persona del Figlio di Dio fatto uomo.

 

 

Da questa articolata visione dell’atto comunicativo di Dio e della risposta dell’uomo possiamo trarre alcune implicazioni pastorali:

 

a) Incontrare la Bibbia è incontrare Dio che, comunicatosi a noi nella storia, oggi ci parla nel libro che l’attesta. La Bibbia stessa infatti è parola di Dio, questa parola amicale e di comunione. È interessante notare l’inclusione che si istituisce tra inizio e fine del documento. Si legge nel c. 1: “Con questa Rivelazione Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (n. 2); si legge nel c. VI a proposito di Bibbia: “Nei libri sacri il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro” (n. 21). C’è molto da fare ancora perché da tutti sia avvertito che aprire la Bibbia è entrare nel mistero di amore del Padre che comunica con noi, nello Spirito, mediante il suo Figlio. Una esperienza non riducibile alla sola sfera dell’intelligenza e della conoscenza, ma che si compie nell’incontro.

 

b) Dio parla di sé a noi come uomini: la Bibbia testimonia la rivelazione di Dio all’uomo e dell’uomo a se stesso, e del loro reciproco rapporto. La Bibbia non parla di Dio e dell’uomo separati, ma in vista di un patto di amore, di un’alleanza, che Dio offre all’uomo, che l’uomo può accogliere o rifiutare, perdendo qualcosa di sé ogni volta che rifiuta qualcosa di Dio. La Bibbia, Parola di Dio, vuol rendere grande l’uomo che la riceve, della grandezza e dignità di Dio, con la responsabilità di esserlo e di viverlo. L’incontro con la Bibbia porta alle altezze della dignità di Dio. Essa va proposta come “libro di alleanza”. Mettersi al suo ascolto deve essere percepito come una pratica di dialogo tra alleati, tra amici.

 

c) Congiunzione visibile e infallibile fra Dio e uomo è Gesù Cristo, il Figlio fatto uomo per opera dello Spirito. Non è da poco proporre l’incontro biblico come incontro con Dio in Gesù Cristo il mediatore, il ponte fra Dio e l’umanità. Importa, quanto meno, dare ai Vangeli un posto privilegiato nell’incontro biblico e concludere i messaggi degli altri contenuti, avanti e dopo Gesù, nell’ultima Parola che è Gesù nella sua Chiesa; ed ancora sforzarsi di leggere in ogni brano biblico la rivelazione di Dio-uomo e del loro rapporto, vedendone la luce piena nella storia di Gesù.

 

d) Che Dio si riveli e dunque comunichi la sua Parola nella storia, intreccio di opere e parole – quella storia che la Bibbia ha raccolto nella storia del popolo di Dio, Israele e la Chiesa –, porta l’animatore a conoscere la storia della Parola di Dio, anzitutto dentro la storia della Bibbia: ciò significa abilitarsi a leggere la Bibbia secondo le tre dimensioni di storia, letteratura, messaggio; ma anche riconoscendo che la storia è luogo in cui la Rivelazione, la Parola di Dio del passato si incarna e rivela la sua verità: il che significa allenarsi al discernimento dei segni di Dio, dei semi del Verbo, nella storia dell’uomo, dai grandi avvenimenti che segnano la storia dei popoli fino alle vicende personali di chi fa con noi un cammino con la Bibbia in mano, e significa anche diventare costruttori di storia secondo un agire illuminato dalla luce della Parola.

 

e) Se la Rivelazione è un rapporto, un dialogo fra Dio e uomo in Gesù Cristo, con la potenza dello Spirito, allora a Dio che si dona nel segno della parola non può che corrispondere come risposta adeguata la fede, quale atteggiamento esistenziale che percepisce e ritiene la verità della comunicazione e insieme si affida fiduciosamente al Padre accogliendo con amore la Parola, pregandola e ubbidendovi: “A Dio che rivela è dovuta l’obbedienza della fede, con la quale l’uomo si abbandona tutto a Dio, liberamente, prestando il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà” (n. 5).

L’azione pastorale non può prescindere da questa soggettività credente – che non esclude ma al contrario include l’oggettività del dato di fede –, richiedendo ed educando all’atteggiamento di fede e di amore nel Signore che parla. La preghiera non può essere un’appendice, ma la spina dorsale dell’incontro biblico. Per questo la lectio divina è antica quanto la Chiesa ed è proposta in maniera privilegiata da Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte al n. 39 e dai Vescovi italiani in Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia al n. 49.

 

4. Il cap. II della Dei Verbum (nn. 7-10): “La trasmissione della divina rivelazione”

 

La trasmissione della Rivelazione ha una sua complessità, che nel passato non poche volte è stata proposta nella divisione e nella contrapposizione tra Tradizione e Scrittura, o per svilire questa o per negare quella. La Dei Verbum mette in rilievo tre grandi verità:

- La Rivelazione, che si realizza per incarnazione della Parola nello spazio e nel tempo, per arrivare ad ogni uomo deve essere trasmessa di generazione in generazione, con l’annuncio, i segni e la testimonianza, tra cui anche i testi scritti. La Tradizione attua la vocazione missionaria della Parola di Dio: “Dio dispose che quanto egli aveva rivelato per la salvezza di tutte le genti, rimanesse sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni” (n. 7). Alla base della Tradizione sta la “predicazione apostolica” (n. 8), che continua la sua vita nel tempo in diverse modalità: orali, scritte, testimoniali, nella dottrina, nella celebrazione e nella vita della comunità, salvaguardandone l’autenticità, senza deformazioni, da vivente a vivente, secondo le mediazioni di trasmissione del tempo, dando figura di volta in volta alla dinamicità che è propria della Parola di Dio.

 

- Soggetto responsabile della trasmissione della Rivelazione rimane sempre Cristo, per l’impulso dello Spirito Santo, rappresentato ed espresso dal Corpo stesso di Gesù dopo Pasqua che è la Chiesa, la quale, “nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede” (n. 8). È una Tradizione che “progredisce” grazie allo studio, all’esperienza di fede, alla predicazione e “tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa giungano a compimento le parole di Dio” ( n. 8).

 

- Tradizione e Scrittura sono “come uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio” (n. 7), sono “strettamente tra loro congiunte e comunicanti”, come canali “che scaturiscono dalla stessa divina sorgente” sono “un solo sacro deposito della parola di Dio affidata alla Chiesa” (n. 10). La Scrittura nasce dentro la Tradizione viva, dalla Tradizione viene trasmessa e dunque ha bisogno del contesto di Tradizione per essere capita nel significato vitale, come Parola di Dio. D’altra parte la Scrittura costituisce per così dire il centro della Tradizione, l’oggettivazione della sua aurora, la fa emergere nella freschezza alla sorgente, collegandola alla genuinità della Tradizione apostolica. La Tradizione è criterio di attualità, di vivificazione della Parola; la Scrittura, di autenticità. Il Magistero fa opera di discernimento in quanto ha l’ufficio di “interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa” (n. 10).

Provo a riassumere alcune principali implicazioni pastorali, tra molte che le considerazioni del capitolo fanno emergere:

 

a) Il cristiano apprende la Bibbia nel contesto vitale della Chiesa, della sua riflessione,

della sua preghiera, della sua carità, della sua vita. Vuol dire che criterio di genuino incontro biblico è l’appartenenza sempre più matura e costruttiva alla Chiesa. Il gruppo biblico che si chiude e si isola, rischia di tagliare il ramo su cui sta seduto.

Si può comprendere perché la Chiesa in certo modo preferisca gli incontri con la Bibbia che coinvolgono il popolo di Dio, quello ordinario, cui Gesù parlava volentieri, illuminandolo, sfamandolo, incoraggiandolo.

 

b) Incontrare la Bibbia nella Chiesa significa che l’incontro con la Parola di Dio ha il suo primario contatto con le parole della Scrittura (primario contatto anzitutto ontologico e spesso anche cronologico); ma, come in una reazione a catena, la Parola letta nella Bibbia chiede di essere approfondita nella riflessione di fede della Chiesa e diventare “anima e libro” dell’annuncio e della catechesi (Il rinnovamento della catechesi, 105), chiede di essere celebrata nella preghiera e nella liturgia, segnatamente nei segni di presenza di Cristo, i sacramenti, con al vertice, l’Eucaristia; la Parola letta e celebrata chiede di essere vissuta nella diaconia della carità e della missione, ridiventare cioè quella tradizione vivente da cui è nata e a cui tende. È quanto poi si dirà sostanzialmente nel cap. VI che riporta appunto nella “vita della Chiesa” la Bibbia, che dalla vita e per la vita della Chiesa è sorta.

 

c) Il discorso si fa concreto mettendo sul tappeto il rapporto tra Bibbia e catechismo (nel concreto i catechismi della CEI). Si può capire che l’interesse per la Bibbia attiri gli adulti più che il Catechismo degli adulti, ma dopo i primi passi, diventa necessario da un punto di vista teologico e pastorale che l’apostolato biblico lanci un ponte che saldi Bibbia e catechismo. È quanto dovrà avvenire nella catechesi dell’iniziazione cristiana per grandi e piccoli.

 

d) La promozione che la Chiesa fa dell’apostolato biblico nelle sue varie forme anzitutto quella della lectio divina , non viene fatta al posto della catechesi, ma per dare a questa fondamento biblico – peraltro non ignorato dai catechismi della Chiesa italiana –, per incrementare lo spirito di fede e di preghiera, che non è per sé obiettivo diretto della catechesi. D’altra parte l’incontro con la Bibbia può ricevere dalla catechesi un respiro più ecclesiale, ossia una maggiore sensibilità sui bisogni ed esperienze di fede del popolo di Dio, e dare quindi concretezza all’attualizzazione della Parola.

 

e) Quanto veniamo dicendo non abbassa il livello di valore della Bibbia, ma ne sottolinea la qualità di libro della sorgente. Il Documento di base della catechesi, che dovrebbe diventare con la Bibbia il secondo libro dell’animatore biblico, afferma: “Alla Scrittura la Chiesa si riconduce per il suo insegnamento, la sua vita e il suo culto; perciò la Scrittura ha sempre il primo posto nelle varie forme del ministero della parola, come in ogni attività pastorale. […] La Scrittura è il ‘libro’; non un sussidio fosse pure il primo” (Il rinnovamento della catechesi, 105 e 107). In questo flusso organico di Scrittura e Tradizione avviene l’evento della Parola.

 

5. Il cap. III della Dei Verbum (nn. 11-13): “L’ispirazione divina e

l’interpretazione della Sacra Scrittura”

 

Il cap. III della Dei Verbum, dedicato all’identità della Scrittura nella sua globalità ha avuto un cammino di maturazione progressiva, che ha portato a un testo largamente condiviso, con contenuti da collocare e comprendere nel contesto della riflessione di secoli. Notiamo in sintesi:

- Anzitutto viene l’affermazione sul fatto della ispirazione delle Scritture, cioè che i libri sacri “hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa” (n. 11). Più precisamente, hanno per autore Dio con la mediazione di veri autori umani.

- Viene poi il senso da dare alla verità della Bibbia: “I libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre lettere” (n. 11). Sottolineatura importante: proprio della Bibbia è dire verità rivelate da Dio in funzione non della nostra cultura o di finalità profane, ma della salvezza delle persone, e quindi da comprendere non come risposte scientifiche, ma religiose. Non viene limitata l’ispirazione, ma ne viene compresa la ragion d’essere. Qui si inserisce il giusto dialogo con le scienze, senza che vi sia ragione per conflitti perniciosi.

- Tutto ciò esige un corrispondente processo di interpretazione della Bibbia accolta per quello che è: Parola di Dio in linguaggio umano, affidata alla Chiesa. Comporta un doppio livello di lettura: la ricerca del senso immediato del testo, secondo le sue connotazioni storiche e letterarie, e la sua trasfigurazione nel senso spirituale, ovvero secondo lo “stesso Spirito mediante il quale è stata scritta” (n. 12), quello Spirito che rimanda a Cristo e alla Chiesa. È il nodo fondamentale dell’ermeneutica, affermato dalla Dei Verbum nei principi sostanziali, ma affatto esaurito. Qui ha il suo posto il documento della Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa” (1993), che ogni animatore biblico deve conoscere.

- La Dei Verbum, a conclusione del capitolo sull’identità della Bibbia, ricorda che la Bibbia appartiene al mistero dell’incarnazione, che abbraccia tutte le parole di Dio nella Bibbia, racchiuse nella figura della divina Sapienza, e che ha il suo culmine nell’incarnazione del Figlio di Dio, parole quindi che rispecchiano in se stesse l’umanità e la divinità del Verbo, la debolezza umana e la forza di Dio (cfr. n. 13).

Cercare i volti di Dio e dell’uomo facendo perno sul mistero di Cristo, uomo e Dio, diventa la via necessaria e indispensabile di intelligenza corretta e vitale delle Scritture.

Le implicazioni pastorali connesse a tali indicazioni sono molteplici e formano l’impianto stesso dell’apostolato biblico:

a) È un dovere per l’animatore biblico conoscere bene la teologia della Scrittura, ossia come la Chiesa intende la Bibbia, secondo le indicazioni del cap. III della Dei Verbum.

b) Egli deve porre attenzione a comprendere il testo biblico non strumentalizzandolo con letture fondamentaliste o ideologiche, ma anche non riducendolo a una pura comprensione naturale, alla stregua di un poema antico: i testi parlano di un Dio vivente, che nel Cristo Risorto parla oggi. Perciò una lettura che non si fa “lettura nello Spirito” secondo la Chiesa, rischia la rigidità della lettera che uccide (cfr 2Cor

3,6).

c) Un altro nodo importante dell’animazione biblica è la correlazione tra Parola di Dio ed esperienza umana: non si va dall’una all’altra senza un processo ermeneutico che implica quella fusione di orizzonti tra testo e lettore che il pensiero la filosofico contemporaneo ha posto in luce. Senza tale ricerca si corre il rischio di una utilizzazione della Bibbia come ricettario, di parola colta solo in superficie, di moralismo, ecc. È un rischio in agguato anche nei gruppi di ascolto più devoti.

Quanto dice la Dei Verbum va arricchito con la nota della Pontificia Commissione Biblica già ricordata.

 

6. Il cap. IV della Dei Verbum (nn. 14-16): “L’Antico Testamento”

 

L’Antico Testamento viene presentato come parte organica della storia della salvezza. I suoi libri “conservano valore perenne” (n. 14), Parola di Dio anche per i cristiani, nell’ottica di una “preparazione evangelica”, di “una vera pedagogia divina” (n. 15), formando così un’unità articolata con il Nuovo Testamento, alla luce del quale “acquistano e manifestano il loro complesso significato” (n. 16).

Per l’apostolato biblico emergono alcune implicazioni pastorali; ne segnalo due:

 

a) Una situazione che fa pensare: molti gruppi di ascolto evitano quasi l’Antico Testamento; è trascurato un annuncio corretto di esso; si ha fastidio di un certo linguaggio; si diffondono gli stereotipi sul Dio “violento” e su una religione “nazionalista”, facendo ricadere il sospetto sulla religione ebraica e sull’ebraismo; è difficile vedere la continuità fra Antico e Nuovo Testamento, ossia non si sa realizzare una lettura cristiana della prima alleanza.

b) Tutto ciò richiede nell’animatore la conoscenza della teologia dell’Antico Testamento nel quadro cristiano e segnatamente l’ultimo documento della Pontificia Commissione Biblica, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana (2001).

 

7. Il cap. V della Dei Verbum (nn. 17-20): “Il Nuovo Testamento”

 

Il cap. V della Dei Verbum affronta alcune questioni relative al Nuovo Testamento: il suo essere il vertice di tutta la Sacra Scrittura, perché in esso ci è data “testimonianza perenne e divina” del mistero del Verbo fatto carne, che si manifesta nella “pienezza dei tempi” ( n. 7); questa testimonianza ha al suo centro i santi vangeli, di cui è affermata l’origine apostolica (n. 18) e si sottolinea il valore storico, punto sostanziale per la fede, per cui è da riconoscerne la corretta genesi, partendo dalla predicazione di Gesù, attraverso la predicazione degli apostoli, fino alla redazione dei quattro evangelisti (n. 19); senza dimenticare l’importanza degli altri scritti neotestamentari (n. 20).

Anche in questo caso proviamo a indicare due implicazioni pastorali per l’apostolato biblico:

 

a) Va dato il primato al Nuovo Testamento nell’esperienza biblica, segnatamente alla persona di Gesù; ma questo non dovrebbe estromettere altri scritti del Nuovo Testamento, San Paolo in particolare, il grande sconosciuto. Il primato non è tanto o soltanto materiale, ma prima di tutto di centralità, così che ogni lettura biblica abbia nel Nuovo Testamento la sua chiave interpretativa.

 

b) In secondo luogo occorre non rinunciare a dare un giusto profilo biografico della persona di Gesù Cristo (non basterebbe trattarlo in frammenti di parole e di fatti). Vi è la missione terrena da porre in risalto nelle coordinate storiche, geografiche, ambientali e contestuali; c’è da cogliere nell’integralità il suo messaggio e infine il suo “mistero”, quello che la risurrezione svela, con l’approfondimento armonico di tale mistero nel credo della Chiesa. Le varie esperienze bibliche, specialmente se continuate, come nei gruppi di ascolto, dovrebbero permettere di dare e ricevere il volto di Gesù nella sua pienezza.

 

8. Il cap. VI della Dei Verbum (nn. 21-26): “La Sacra Scrittura nella vita della

Chiesa”

 

Questo capitolo non fa che esplicitare e raccogliere in chiave pastorale, o con più precisione in rapporto alla “vita della Chiesa”, con linguaggio ricco ed intenso, quanto dagli altri capitoli è stato motivato. È un capitolo pratico, ma è pratico come pratica è la vita: è alla vita che tende l’esegesi, che a sua volta dalla vita riceve arricchimento. Giustamente il cap. VI della Dei Verbum è stato definito la magna charta della spiritualità e pastorale biblica della Chiesa. La prima conseguenza pastorale è farne oggetto di lettura come testo-guida, documento base, che sta sullo sfondo della già citata nota della CEI su La Bibbia nella vita della Chiesa.

Il n. 21 rappresenta in certo modo la “teoria” della pratica, le ragioni fondanti e direttive dell’incontro con la Bibbia che fa il cristiano. Si articola in tre nuclei: la Scrittura, insieme con il Corpo di Cristo, è il “pane di vita” di un’unica mensa; essa è “regola suprema della fede” che compenetra la religione cristiana, in tutte le sue manifestazioni; è “sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale”. Ne scaturiscono implicazioni pastorali notevolissime, fondamentali:

a) La Scrittura è attivamente efficace, dona ciò che dice, a patto che non rimanga congelata nello scritto, in un libro collocato in biblioteca, ma ridiventi parola viva nel suo ambiente vitale (tradizione e comunità), sotto la forza dello Spirito, irradiando la vita personale e sociale; ambedue queste dimensioni vanno sviluppate.

b) L’ambito dove la Scrittura irradia la maggior efficacia è laddove la Parola che ha al centro Gesù si coniuga con la presenza stessa di Gesù: l’Eucaristia, e più ampiamente i sacramenti, da sempre “segni dell’incontro con Cristo”. Questa è una dimensione che il presente “anno eucaristico”, e più da vicino il prossimo Congresso eucaristico nazionale di Bari, sollecitano a riscoprire. La lectio divina ha una sua caratteristica, analogica ma efficace realizzazione nella Messa domenicale, e mantiene come momento privilegiato di contemplazione la presenza di Gesù esposto nell’adorazione eucaristica.

c) Globalmente, il primo buon uso della Bibbia è dato dalla sua capacità di diventare spiritualità, vita interiore, mondo simbolico, motivazione, convinzione, mentalità, “cultura cristiana” di chi l’accosta.

Il n. 22 afferma una prima conseguenza del valore intrinseco appena affermato: essere a disposizione di tutti in ogni tempo. In concreto sono segnalate due applicazioni notevolissime:

- “È necessario che i fedeli abbiano largo acceso alla Sacra Scrittura”. Con ciò viene enunciata la ragione stessa e l’obiettivo dell’apostolato biblico, che mira a mettere la Bibbia in mano a tutti, superando un passato di lontananza che si vorrebbe ricacciare definitivamente indietro, come sta capitando felicemente anche nelle nostre comunità ecclesiali.

- Di conseguenza si rende necessario che il Libro Sacro sia accessibile, il che avviene con buone traduzioni, anche in collaborazione ecumenica.

Due implicazioni pastorali:

a) Va ricordata a tutti la presenza e l’attività della Federazione Biblica Cattolica, cui anche la CEI aderisce, di cui il Settore dell’Apostolato Biblico, insieme all’Associazione Biblica Italiana, è la mediazione operativa. Analoga attenzione occorre avere per le Società Bibliche, un tempo di matrice evangelica, ma oggi in collaborazione preziosa con la Chiesa cattolica.

b) L’apostolato biblico deve estendersi sempre di più nelle nostre comunità e il popolo di Dio deve scoprire la Bibbia come libro di vita; deve averne una copia in casa, abituarsi ad averla in mano, a sfogliarne le pagine, a leggerla come Parola di Dio. Quindi è compito dell’apostolato biblico, ma non solo, diffondere delle buone Bibbie a prezzo minimo, magari nel contesto dell’iniziazione cristiana, la quale è anche iniziazione alla Bibbia. Diffondere Bibbie sì, ma insieme insegnare a leggerle da cristiani, nell’orizzonte della fede della Chiesa.

I nn. 23-26 esplicitano altre indicazioni riguardanti gli operatori biblici: esegeti, teologi, pastori. Agli esegeti tocca lo studio del testo, con l’ausilio delle diverse scienze bibliche, che aiutano a penetrare sempre di più la Parola (n. 23). Ai teologi, nello studio della teologia, la Bibbia si propone come fondamento, forza che la ringiovanisce, anima che porta la vita (n. 24). Ai pastori si rivolge inizialmente il n. 25, con la scelta di una frase di San Girolamo, precisa ed eloquente, che è il titolo anche di questo Convegno: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Ma ben presto l’esortazione a “essere attaccati alle Scritture” si estende a tutti i fedeli, su misura dei compiti di ciascuno.

In particolare in questo n. 25 si incontra, in prospettiva propriamente pastorale, una breve, densa sintesi di apostolato biblico, con esplicito accenno alle varie espressioni di frequentazione della Parola, segnalando in particolare la centralità della lectio divina, qui definita come “pia lettura”. Si parla di presenza della Bibbia nella liturgia, di iniziative di iniziazione, di sussidi, ecc. Preme sottolineare come sia soprattutto sollecitata l’attenzione su quattro poli:

a) La frequentazione assidua: il “contatto continuo”, la “sacra lettura assidua”, lo “studio accurato”, la “frequente lettura”, ecc. va superata l’episodicità, la disarticolazione rispetto ai ritmi della vita spirituale ed ecclesiale.

b) L’intenzione di fede, per cui nella parole del testo si incontra Dio (“ascoltiamo lui, quando leggiamo gli oracoli divini”), e dunque la necessità della interiorizzazione personale, il riferimento alla liturgia, in una parola il clima di preghiera “affinché possa svolgersi il dialogo fra Dio e l’uomo”. Questo vale in particolare per chi propone la Bibbia agli altri e si dispone ad aiutarli nel cammino della lettura. Qui entrano in considerazione le tantissime modalità ed attività di apostolato biblico ben conosciute, cui richiamano gli orientamenti pastorali Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia al n. 49, che a loro volta rimandano alla nota della CEI , La Bibbia nella vita della Chiesa del 1995, e ora, in maniera aggiornata, gli Orientamenti operativi per l’apostolato biblico del 2005.

c) La Parola di Dio vuol essere “pane di vita”. Significa che l’incontro biblico si fa maturo non quando si ferma in appropriazioni tanto devote quanto intime, ma quando porta ad una lettura sapienziale del testo sacro, cioè a una lettura per la trasformazione della vita, ove si esercita il discernimento cristiano dei segni dei tempi e si diventa testimoni ad alta voce della Parola letta e detta silenziosamente nei propri gruppi di ascolto. Questa testimonianza che scaturisce dalla lettura sapienziale non si esaurisce nella sfera personale ma si allarga all’impegno sociale del credente.

d) È fondamentale vivere tanto intensamente l’incontro con la pagina sacra in forma diretta, segnatamente con la lectio divina, quanto è vitale proseguire nel cammino che viene aperto dalla medesima Parola di Dio trovata nel testo. Questa richiede di risuonare nella Chiesa dove è stata pronunciata per la prima volta, animando l’apostolato biblico, ma non trascurando gli altri canali della Parola, quali la catechesi, la liturgia, il servizio della carità. E, finalmente, la Parola di Dio della Bibbia arriva alle frontiere, dove vivono uomini e donne di altre religioni o di cultura solo laica, con cui intende entrare in un dialogo che salva, come faceva Gesù iniziando il Vangelo nella “Galilea delle genti” (Mt 4,15). Qui si possono incontrare anche le intenzionalità più profonde del cosiddetto progetto culturale della Chiesa italiana, con cui si vuole rendere la fede di sempre significativa e plausibile nel contesto delle culture che caratterizzano il nostro tempo.

 

9. Conclusione

Non bisogna separare il mistero della Parola di Dio dalla mediazione del testo: la Parola si dice con l’alfabeto della Bibbia. Ma l’alfabeto della Bibbia è quello della Tradizione originaria, così come l’ha sillabato la Chiesa nel suo dialogo con lo Sposo.

Da questa convinzione di fede, che unisce parola scritta e vita della comunità ecclesiale, può scaturire un modello di iniziazione alla Parola di Dio che ne faccia accrescere la venerazione facendo accrescere la vita della Chiesa (cf. n. 26). Su questa crescita si esercita il vostro impegno ecclesiale, per il quale volentieri esprimo la riconoscenza dei Vescovi italiani.

Roma, 4 febbraio 2005

 

II. LE GRANDI LINEE DI UNA EVOLUZIONE negli scritti della Chiesa e nella comprensione del fatto che Dio si rivela tramite documenti scritti da uomini:  dalla DV- Dei Verbum  -   alla  VD-Verbum Domini.

DV
= Dei Verbum
 
18/11/1965
Pontificia Commissione Biblica
per l’ Interpretazione
1993
CCC. Catechismo della Chiesa cattolica
1997
Messaggio post-sinodale
2008
VD  -  Verbum Domini
2010
I  -  LA RIVELAZIONE
 
I.  METODI E APPROCCI PER L’INTERPRETAZIONE 

A. Metodo storico-critico 

B. Nuovi metodi di analisi letteraria  

C. Approcci basati sulla Tradizione  

D. Approcci attraverso le scienze umane  

E. Approcci contestuali  

F. Lettura fondamentalista  

 
I.   Il Cristo –
Parola unica della Sacra Scrittura
 
I. LA VOCE DELLA PAROLA:
 
LA RIVELA-ZIONE
 
 
 
PRIMA PARTE
 
 
 
 
II -  LA TRASMISSIONE DELLA DIVINA RIVELAZIONE
 
 
 
II. IL VOLTO DELLA PAROLA:
GESÙ CRISTO
 
 
III - L'ISPIRAZIONE DIVINA
E L'INTERPRETAZIONE DELLA SACRA SCRITTURA
 
 
II. QUESTIONI DI ERMENEUTICA
 A. Ermeneutiche filosofiche  
B.  Sensi della Scrittura ispirata  
III . DIMENSIONI CARATTERISTICHE DELL’INTERPRETAZIONE CATTOLICA 
A.  Interpretazione nella Tradizione biblica  
B.  Interpretazione nella Tradizione della Chiesa  
C.  Compito dell’esegeta  
D.  Rapporti con le altre discipline teologiche  
IV. INTERPRETAZIONE DELLA BIBBIA NELLA VITA DELLA CHIESA 
A.  Attualizzazione  
B.  Inculturazione  
C.  Uso della Bibbia 
II.   Ispirazione e verità della Sacra Scrittura
 
 
 
 
III.   Lo Spirito Santo, interprete della Scrittura
 
I sensi della Scrittura
 
 
 
 
L’ermeneutica
della S. Scrittura
 
Nella Chiesa
IV -  IL VECCHIO TESTAMENTO
 
 
IV. Il Canone delle Scritture
 L'Antico Testamento
 
 
 
V - IL NUOVO TESTAMENTO
 
 
Il Nuovo Testamento.
L'unità dell'Antico e del Nuovo Testamento
 
 
 
VI - LA SACRA SCRITTURA NELLA VITA DELLA CHIESA
 
(IV. INTERPRETAZIONE DELLA BIBBIA NELLA VITA DELLA CHIESA 
A.  Attualizzazione  
B.  Inculturazione  
C.  Uso della Bibbia )
 
V. La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa
III. LA CASA DELLA PAROLA:
LA CHIESA
 
SECONDA PARTE
 
 
 
 
 
 
IV. LE STRADE DELLA PAROLA:
 
LA MISSIONE
 
 
TERZA PARTE
 

 

Il “canone” biblico della Chiesa cattolica segue è il seguente:

 
ANTICO TESTAMENTO
 
 
 
1
2
3
4
5
 
6
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8
9
10
11
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15
16
17
18
19
20
21
 
 
PENTATEUCO  (5 libri):
Genesi 
Esodo
Levitico
Numeri
Deuteronomio
LIBRI STORICI (16 libri):
Giosuè
Giudici
 Rut
1. Samuele
2. Samuele
1. Re
2. Re
1. Cronache
2. Cronache
Esdra
Neemia
Tobia
Giuditta
Ester
1. Maccabei
2. Maccabei
 
 
22
23
24
25
26
27
28
 
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
LIBRI SAPIENZIALI (7 libri):
Giobbe
Salmi
Proverbi
Qohèlet (Ecclesiaste)
Cantico dei cantici,
Sapienza
Siracide (Ecclesiastico)
LIBRI PROFETICI
Isaia   (PROF. MAGGIORI)
Geremia
Lamentazioni
Baruc
Ezechiele
Daniele
Osea  (PROFETI MINORI)
Gioele
Amos
Abdia
Giona
Michea
Naum
Abacuc
Sofonia
Aggeo
Zaccaria
Malachia

 

 

CAPITOLO V - IL NUOVO TESTAMENTO

17 ‑ Eccellenza del nuovo testamento

18 ‑ Origine apostolica dei vangeli

19 ‑ Carattere storico dei vangeli

20 ‑ Gli altri scritti del nuovo testamento

 

Il “canone” biblico della Chiesa cattolica è il seguente:

 

 
NUOVO TESTAMENTO
 
NUOVO TESTAMENTO
 
 
1
2
3
4
5
 
 
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
 
VANGELI e ATTI degli APOSTOLI
 
Matteo (Mt)
Marco (Mc)
Luca (Lc)
Giovanni (Gv)
Atti degli Apostoli (At)
 
LETTERE:
Lettera ai Romani (Rm)
Prima lettera ai Corinzi (1 Cor)
Seconda lettera ai Corinzi (2 Cor)
Lettera ai Galati (Gal)
Lettera agli Efesini (Ef)
Lettera ai Filippesi (Fil)
Lettera ai Colossesi (Col)
Prima lettera ai Tessalonicesi (1 Ts)
Seconda lettera ai Tessalonicesi (2Ts)
Prima lettera a Timoteo (1 Tm)
Seconda lettera a Timoteo (2 Tm)
 
 
 
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
 
27
 
 
VANGELI e ATTI degli APOSTOLI
 
Lettera a Tito (Tt)
Lettera a Filemone (Fm)
Lettera agli Ebrei (Eb)
Lettera di Giacomo (Gc)
Prima lettera di Pietro (1 Pt)
Seconda lettera di Pietro (2 Pt)
Prima lettera di Giovanni (1 Gv)
Seconda lettera di Giovanni (2 Gv)
Terza lettera di Giovanni (3 Gv)
Lettera di Giuda (Gd)
 
Libro dell’Apocalisse (Ap)
 
NB. L’ordine cronologico di apparizione degli scritti del nuovo testamento è diverso:
 
 

 


 

CAPITOLO VI - LA SACRA SCRITTURA NELLA VITA DELLA CHIESA

21 ‑ La chiesa venera le sacre scritture

22 ‑ Le tradizioni devono essere appropriate

23 ‑ Impegno apostolico degli apostoli

24 ‑ Importanza della sacra scrittura per la teologia

25 ‑ Si raccomanda la lettura della sacra scrittura. 26 ‑ Conclusione

 

===================

 

La struttura:
 
VERBUM DOMINI  -  (124 numeri)
LA PAROLA DI DIO E’ GIOIA
(è centrata sul Prologo del Vangelo di Gv)
 
Introduzione
(1-5)
siamo posti di fronte al mistero di Dio che comunica se stesso mediante il dono della sua Parola … alcune linee fondamentali per una riscoperta, nella vita della Chiesa, della divina Parola, sorgente di costante rinnovamento, auspicando al contempo che essa diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale.
Le 3 componenti
del documento:
TEOLOGICA
(nn. 6-49)
59 numeri
 
PASTORALE
(nn. 50-89)
39 numeri
MISSIONARIA
(90-120)
30 numeri
Titolo
VERBUM Dei
VERBUM in Ecclesia
VERBUM mundo
La Parola di Dio
È il cuore della teologica
Parola accolta e vissuta vissuta nella Chiesa
È annuncio di salvezza per il mondo
Contenuto
La Parola di Dio nelle S. Scritture
La Parola di Dio anima una comunità che crede
La Parola di Dio guida la comunità apostolica
La Parola
con-voca
La Parola è dialogo Dio ► uomo
Il Dialogo uomo ► Dio si fa preghiera, liturgia
La Parola invita tutti all’incontro con Dio Salvatore
La rivelazione
La Parola RIVELA Dio nella sua Parola e nel suo Figlio (Verbo)
L’uomo accoglie e risponde, celebra la Parola, e nella Parola celebra … tutto
La Chiesa credente e accogliente, predica la Parola ad ogni uomo
Incontro
La Parola è incontro tra Dio e l’uomo.
Diventa incontro inti-mo e sacramentale nell’eucaristia
La Parola è l’anima della liturgia della Chiesa, liturgia sacramentale e delle Ore
La Parola spinge all’apostolato, e l’apostolato porta all’incontro con Dio
Conclusione
(121-124)
 
a fondamento di ogni autentica e viva spiritualità cristiana sta la Parola di Dio annunciata, accolta, celebrata e meditata nella Chiesa
Tempo di un nuovo ascolto della Parola di Dio e di una nuova evangelizzazione.
Teologi, esegeti, biblisti a servizio della Parola e del popolo di Dio.
 
Vivere in tensione missionaria di annuncio della Parola di Dio che risana e redime ogni uomo: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15)
1° Gv: nella Parola di Dio, anche noi abbiamo udito, veduto e toccato il Verbo della vita. Abbiamo accolto per grazia l’annuncio che la vita eterna si è manifestata … la comunicazione di questo annuncio è data perché «la nostra gioia sia piena» (1 Gv 1,4). // Ci guida e sorregge Maria «Mater Verbi et Mater laetitiae». Così anche noi potremo entrare nel grande dialogo nuziale con cui si chiude la sacra Scrittura: «Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”. E chi ascolta ripeta: “Vieni!” … Colui che attesta queste cose dice: “Sì, vengo presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù». (Ap 22,17.20).    (a cura di Fr. Lino DC – 12/11/2011)
 

 

 


La nostra risposta di fede:

 

Simbolo degli Apostoli
È composto di 12 articoli:
 
Credo niceno-costantinopolitano
Dai concili di Necea (325) e Costantinopoli (381)
 
 
« 1. Io credo in Dio, Padre onnipotente,
creatore del cielo e della terra
 
2. e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore,

3. il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,

4. patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;

5. discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte;

6. salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente:

7. di là verrà a giudicare i vivi e i morti.

8. Credo nello Spirito Santo,

9. la santa Chiesa cattolica,
10. la remissione dei peccati,

11. la risurrezione della carne,

12. la vita eterna.
Amen. »
 
 
Credo in un solo Dio
Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili ed invisibili.

Credo  in un solo Signore,
Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio.
Nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero,
Generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di Lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo.
E per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi: sotto Ponzio Pilato morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture,
È salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti
e il suo regno non avrà fine.

Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita,
e procede dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato
e ha parlato per mezzo dei Profeti.

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti
E la vita del mondo che verrà.
Amen
 

 

A cura di Fr. Lino Da Campo

Pecetto 13/12/2012

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