Schema:
1. Informazioni
e introduzione alla Dei Verbum
2. Grande linee
di avvicinamento cattolico alla Parola di Dio
3. Verbum Domini (schema)
4. Atto di
fiducia in Dio che parla: il CREDO.
I. ALCUNE INFORMAZIONI E
INTRODUZIONE ALLA DEI VERBUM:
La Dei
Verbum (in lingua italiana Parola di Dio, spesso abbreviata come
DV) è una costituzione dogmatica emanata dal Concilio Vaticano II riguardante la «Divina
Rivelazione» e la Sacra
Scrittura. Fu promulgata da Papa
Paolo VI il 18 novembre 1965, in seguito all'approvazione dei vescovi riuniti
in assemblea con 2.344 voti favorevoli e 6 contrari.
Il titolo è un
rimando sia alle Sacre
Scritture (letteralmente, la «Parola di Dio»), sia allo stesso Gesù
Cristo (il Verbo di Dio) ed è tratto dall'incipit del documento, com'è
consuetudine nei più importanti documenti ufficiali della Chiesa
cattolica.
Le tre tematiche
essenziali:
1.
Relazione tra Scrittura e Tradizione
2.
Ispirazione e Interpretazione della Sacra Scrittura
3.
Antico e Nuovo Testamento, in particolare sui Vangeli
Struttura della
Dei Verbum
Prefazione (par. 1)
2.
La trasmissione della Divina Rivelazione (par.
7-10)
6.
La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa (par.
21-26)
Da
XIII Convegno Nazionale dell’Apostolato
Biblico – di Mons. Giuseppe Betori (ora cardinale):
L’approvazione
della Dei Verbum giunse verso la fine del Concilio Vaticano II,
nel corso dell’ultima sessione, il 18 novembre 1965, dopo un lungo cammino,
maturato lungo tutto il processo conciliare, avendone rappresentato all’inizio
la svolta fondamentale. La costituzione conciliare tocca i fondamenti stessi
della fede della Chiesa – la Parola di Dio, la sua rivelazione e la sua
trasmissione tramite la Tradizione vivente e la Sacra Scrittura – ed è quindi
logico che la riflessione che ne ha accompagnato la maturazione abbia
costituito, per così dire, l’humus che ha fecondato tutti documenti conciliari.
La ragione di
questa lunga maturazione è legata al fatto che la Dei Verbum presenta
una nuova comprensione rispetto a concezioni antiche, non errate, ma non
pienamente adeguate riguardo alla Parola di Dio, alla Rivelazione e alla fede,
al rapporto tra Tradizione e Scrittura, al carisma dell’ispirazione biblica e
alla verità della Bibbia, al valore dell’Antico Testamento per i cristiani,
alla storicità dei Vangeli, al posto che alla Bibbia spetta nella vita e nella
missione della Chiesa.
È un orizzonte
che non si è aperto improvvisamente, ma che ha le sue radici in un cammino
lungo tre quarti di secolo, che parte dalla Provvidentissimus Deus di Leone
XIII (1893) e prosegue in particolare con il magistero di Pio XII, in specie
nella Divino affilante spiritu (1943). La Dei Verbum costituisce
l’ultimo capitolo di tale cammino e nel contempo il primo di una riflessione
che non si è fermata al Concilio Vaticano II, ma da esso è stata stimolata.
Non si può
tuttavia negare che con la Dei Verbum viene segnata una svolta. Di qui
diventa comprensibile la complessa vicissitudine dell’iter conciliare.
La costituzione
conciliare Dei Verbum ha il rango di costituzione dogmatica e il
suo oggetto è la divina rivelazione. Seppure largamente si occupi di
Sacra Scrittura e questa ne costituisca per certi aspetti il centro, il documento non ha come oggetto la
Scrittura stessa, cioè il libro sacro, ma la Parola di Dio, cioè l’evento di
grazia che la Scrittura attesta e di cui è peraltro parte integrante. La
Scrittura infatti, in forza della sua ispirazione, è documento essenziale per
la conoscenza della Parola di Dio, nel suo contenuto e nella sua correttezza.
Si comprende allora come questo testo che si occupa della Parola di Dio dedichi
alla Sacra Scrittura ben quattro dei suoi sei capitoli.
La Dei Verbum
si articola in sei capitoli, con complessivi 26 paragrafi:
-
La Rivelazione, e quindi il mistero
stesso della Parola di Dio (cap. I);
-
la trasmissione della divina
rivelazione, nell’unità di Tradizione e Scrittura e nel servizio del Magistero
(cap. II);
-
l’ispirazione divina e l’interpretazione
della Sacra Scrittura, ovvero l’identità della Bibbia nella fede della Chiesa,
in particolare il carisma dell’ispirazione biblica, la verità della Bibbia, il
canone autentico dei libri biblici e i caratteri della sua interpretazione
(cap. III);
-
l’Antico Testamento, il suo valore per i
cristiani e l’unità tra Antico e Nuovo Testamento (cap. IV); il Nuovo
Testamento, segnatamente i Vangeli nella loro origine e identità (cap. V);
-
la Sacra Scrittura nella vita della
Chiesa (cap. VI).
Già guardando al
documento nella sua globalità, possiamo far discendere alcune prime implicazioni
pastorali:
a) La Dei
Verbum è una pianta che ha generato molti frutti: al profondo ne è
scaturito un approccio alla fede più legato alla dimensione della Rivelazione
come evento, rispetto al dettato puramente dottrinale (ovviamente non
annullato); il più appariscente di tali frutti è il riconoscimento della
centralità della Bibbia nella liturgia, nella catechesi, nella vita cristiana,
nel mondo della cultura e dell’arte. A riguardo di quest’ultimo aspetto, c’è da
osservare che conoscere la Bibbia nella storia dei suoi effetti è certamente
una strada nuova e altamente feconda per approfondire la dimensione culturale
della fede e per avvicinare la cultura alla stessa fede. Di questo fa parte
anche il collegamento di fatto della Dei Verbum con l’insegnamento della
religione cattolica, contemplato nei nuovi obiettivi specifici di apprendimento
dell’IRC.
b) Si può
comprendere in siffatta prospettiva la raccomandazione che fa la Nota della
CEI, La Bibbia nella vita della Chiesa per cui “la Dei Verbum diventa
indispensabile introduzione e strumento per la retta comprensione della Sacra
Scrittura da far conoscere a tutti i fedeli cristiani” (n. 15).
3. Il cap. I
della Dei Verbum (nn. 2-6): “La Rivelazione”
Come può l’uomo
avere accesso a Dio?
La risposta che la Dei Verbum dà a questa
domanda è in una prospettiva storica, che fa emergere un’immagine di Dio da
sempre aperto all’uomo per comunicare se stesso; un processo che ha come
protagonista il Verbo eterno, che segna della sua presenza l’intera creazione,
parla per mezzo dei profeti, si fa presenza personale in Gesù di Nazaret.
Ne deriva una
stretta connessione tra dimensione universale della salvezza e specificità e
assolutezza della rivelazione cristiana. Ne deriva un superamento della
concezione intellettualistica della Rivelazione e quindi della fede, ricondotte
alla globalità della comunicazione interpersonale.
Ma vediamo in
sintesi alcuni dei caratteri con cui nella Dei Verbum viene descritta la
Rivelazione, la Parola di Dio:
-
Prima
di poter essere ricondotta a un insieme di formule dottrinali, la Rivelazione è
l’atto di auto-comunicazione amorosa di Dio agli uomini, cui egli si dona in
vista della loro salvezza. Le Persone divine si manifestano e si consegnano
all’uomo, e la storia umana diventa, per volere di Dio, progetto di storia di
salvezza.
-
Tale
evento di comunicazione avviene nella storia, secondo le modalità proprie con
cui si realizza l’agire storico, e quindi mediante “eventi e parole”, che
reciprocamente si illuminano.
-
La
rivelazione storica ha un centro, che è l’evento di Gesù Cristo.
-
All’uomo
che è libero si richiede una libera risposta di consenso, la fede. Come
risposta ad un evento, essa non si riduce al riconoscimento di una verità, ma
implica l’accoglienza di Dio. Dimensione essenziale ed esistenziale della fede,
assenso veritativo e affidamento fiduciale non si oppongono nella fede
cristiana, in cui la Verità si manifesta nella persona del Figlio di Dio fatto
uomo.
Da questa
articolata visione dell’atto comunicativo di Dio e della risposta dell’uomo
possiamo trarre alcune implicazioni pastorali:
a) Incontrare
la Bibbia è incontrare Dio che, comunicatosi a noi nella storia, oggi ci
parla nel libro che l’attesta. La Bibbia stessa infatti è parola di Dio, questa
parola amicale e di comunione. È interessante notare l’inclusione che si
istituisce tra inizio e fine del documento. Si legge nel c. 1: “Con questa
Rivelazione Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad
amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con
sé” (n. 2); si legge nel c. VI a proposito di Bibbia: “Nei libri sacri il Padre
che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in
conversazione con loro” (n. 21). C’è molto da fare ancora perché da tutti sia avvertito
che aprire la Bibbia è entrare nel mistero di amore del Padre che comunica con
noi, nello Spirito, mediante il suo Figlio. Una esperienza non riducibile alla
sola sfera dell’intelligenza e della conoscenza, ma che si compie
nell’incontro.
b) Dio parla di
sé a noi come uomini: la Bibbia testimonia la rivelazione di Dio all’uomo e
dell’uomo a se stesso, e del loro reciproco rapporto. La Bibbia non parla
di Dio e dell’uomo separati, ma in vista di un patto di amore, di un’alleanza,
che Dio offre all’uomo, che l’uomo può accogliere o rifiutare, perdendo
qualcosa di sé ogni volta che rifiuta qualcosa di Dio. La Bibbia, Parola di
Dio, vuol rendere grande l’uomo che la riceve, della grandezza e dignità di
Dio, con la responsabilità di esserlo e di viverlo. L’incontro con la Bibbia
porta alle altezze della dignità di Dio. Essa va proposta come “libro di
alleanza”. Mettersi al suo ascolto deve essere percepito come una pratica di
dialogo tra alleati, tra amici.
c) Congiunzione
visibile e infallibile fra Dio e uomo è Gesù Cristo, il Figlio fatto uomo
per opera dello Spirito. Non è da poco proporre l’incontro biblico come
incontro con Dio in Gesù Cristo il mediatore, il ponte fra Dio e l’umanità.
Importa, quanto meno, dare ai Vangeli un posto privilegiato nell’incontro
biblico e concludere i messaggi degli altri contenuti, avanti e dopo Gesù,
nell’ultima Parola che è Gesù nella sua Chiesa; ed ancora sforzarsi di leggere
in ogni brano biblico la rivelazione di Dio-uomo e del loro rapporto, vedendone
la luce piena nella storia di Gesù.
d) Che Dio si
riveli e dunque comunichi la sua Parola nella storia, intreccio di opere e
parole – quella storia che la Bibbia ha raccolto nella storia del popolo di
Dio, Israele e la Chiesa –, porta l’animatore a conoscere la storia della
Parola di Dio, anzitutto dentro la storia della Bibbia: ciò significa
abilitarsi a leggere la Bibbia secondo le tre dimensioni di storia,
letteratura, messaggio; ma anche riconoscendo che la storia è luogo in cui la
Rivelazione, la Parola di Dio del passato si incarna e rivela la sua verità: il
che significa allenarsi al discernimento dei segni di Dio, dei semi del Verbo,
nella storia dell’uomo, dai grandi avvenimenti che segnano la storia dei popoli
fino alle vicende personali di chi fa con noi un cammino con la Bibbia in mano,
e significa anche diventare costruttori di storia secondo un agire illuminato
dalla luce della Parola.
e) Se la
Rivelazione è un rapporto, un dialogo fra Dio e uomo in Gesù Cristo, con la
potenza dello Spirito, allora a Dio che si dona nel segno della parola non
può che corrispondere come risposta adeguata la fede, quale atteggiamento
esistenziale che percepisce e ritiene la verità della comunicazione e
insieme si affida fiduciosamente al Padre accogliendo con amore la Parola,
pregandola e ubbidendovi: “A Dio che rivela è dovuta l’obbedienza della fede,
con la quale l’uomo si abbandona tutto a Dio, liberamente, prestando il pieno
ossequio dell’intelletto e della volontà” (n. 5).
L’azione
pastorale non può prescindere da questa soggettività credente – che non esclude
ma al contrario include l’oggettività del dato di fede –, richiedendo ed
educando all’atteggiamento di fede e di amore nel Signore che parla. La
preghiera non può essere un’appendice, ma la spina dorsale dell’incontro
biblico. Per questo la lectio divina è antica quanto la Chiesa ed è
proposta in maniera privilegiata da Giovanni Paolo II nella Novo millennio
ineunte al n. 39 e dai Vescovi italiani in Comunicare il Vangelo in un
mondo che cambia al n. 49.
4. Il cap. II
della Dei Verbum (nn. 7-10): “La trasmissione della divina rivelazione”
La trasmissione
della Rivelazione ha una sua complessità, che nel passato non poche volte è
stata proposta nella divisione e nella contrapposizione tra Tradizione e
Scrittura, o per svilire questa o per negare quella. La Dei Verbum mette
in rilievo tre grandi verità:
- La
Rivelazione, che si realizza per incarnazione della Parola nello spazio e nel
tempo, per arrivare ad ogni uomo deve essere trasmessa di generazione in
generazione, con l’annuncio, i segni e la testimonianza, tra cui anche i
testi scritti. La Tradizione attua la vocazione missionaria della Parola di
Dio: “Dio dispose che quanto egli aveva rivelato per la salvezza di tutte le
genti, rimanesse sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni” (n.
7). Alla base della Tradizione sta la “predicazione apostolica” (n. 8), che
continua la sua vita nel tempo in diverse modalità: orali, scritte,
testimoniali, nella dottrina, nella celebrazione e nella vita della comunità,
salvaguardandone l’autenticità, senza deformazioni, da vivente a vivente,
secondo le mediazioni di trasmissione del tempo, dando figura di volta in volta
alla dinamicità che è propria della Parola di Dio.
- Soggetto
responsabile della trasmissione della Rivelazione rimane sempre Cristo,
per l’impulso dello Spirito Santo, rappresentato ed espresso dal Corpo stesso
di Gesù dopo Pasqua che è la Chiesa, la quale, “nella sua dottrina, nella sua
vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che
essa è, tutto ciò che essa crede” (n. 8). È una Tradizione che “progredisce”
grazie allo studio, all’esperienza di fede, alla predicazione e “tende
incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa giungano a
compimento le parole di Dio” ( n. 8).
- Tradizione
e Scrittura sono “come uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra
contempla Dio” (n. 7), sono “strettamente tra loro congiunte e comunicanti”,
come canali “che scaturiscono dalla stessa divina sorgente” sono “un solo sacro
deposito della parola di Dio affidata alla Chiesa” (n. 10). La Scrittura nasce
dentro la Tradizione viva, dalla Tradizione viene trasmessa e dunque ha bisogno
del contesto di Tradizione per essere capita nel significato vitale, come Parola
di Dio. D’altra parte la Scrittura costituisce per così dire il centro della
Tradizione, l’oggettivazione della sua aurora, la fa emergere nella freschezza
alla sorgente, collegandola alla genuinità della Tradizione apostolica. La
Tradizione è criterio di attualità, di vivificazione della Parola; la
Scrittura, di autenticità. Il Magistero fa opera di discernimento in quanto ha
l’ufficio di “interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa”
(n. 10).
Provo a
riassumere alcune principali implicazioni pastorali, tra molte che le
considerazioni del capitolo fanno emergere:
a) Il cristiano
apprende la Bibbia nel contesto vitale della Chiesa, della sua
riflessione,
della sua
preghiera, della sua carità, della sua vita. Vuol dire che criterio di genuino incontro
biblico è l’appartenenza sempre più matura e costruttiva alla Chiesa. Il gruppo
biblico che si chiude e si isola, rischia di tagliare il ramo su cui sta
seduto.
Si può
comprendere perché la Chiesa in certo modo preferisca gli incontri con la
Bibbia che coinvolgono il popolo di Dio, quello ordinario, cui Gesù parlava
volentieri, illuminandolo, sfamandolo, incoraggiandolo.
b) Incontrare la
Bibbia nella Chiesa significa che l’incontro con la Parola di Dio ha il suo
primario contatto con le parole della Scrittura (primario contatto anzitutto
ontologico e spesso anche cronologico); ma, come in una reazione a catena, la
Parola letta nella Bibbia chiede di essere approfondita nella riflessione di
fede della Chiesa e diventare “anima e libro” dell’annuncio e della
catechesi (Il rinnovamento della catechesi, 105), chiede di essere
celebrata nella preghiera e nella liturgia, segnatamente nei segni di presenza
di Cristo, i sacramenti, con al vertice, l’Eucaristia; la Parola letta e
celebrata chiede di essere vissuta nella diaconia della carità e della
missione, ridiventare cioè quella tradizione vivente da cui è nata e a cui
tende. È quanto poi si dirà sostanzialmente nel cap. VI che riporta appunto
nella “vita della Chiesa” la Bibbia, che dalla vita e per la vita della Chiesa
è sorta.
c) Il discorso
si fa concreto mettendo sul tappeto il rapporto tra Bibbia e catechismo (nel
concreto i catechismi della CEI). Si può capire che l’interesse per la Bibbia
attiri gli adulti più che il Catechismo degli adulti, ma dopo i primi
passi, diventa necessario da un punto di vista teologico e pastorale che
l’apostolato biblico lanci un ponte che saldi Bibbia e catechismo. È quanto
dovrà avvenire nella catechesi dell’iniziazione cristiana per grandi e piccoli.
d) La promozione
che la Chiesa fa dell’apostolato biblico nelle sue varie forme anzitutto quella
della lectio divina , non viene fatta al posto della catechesi, ma per
dare a questa fondamento biblico – peraltro non ignorato dai catechismi della
Chiesa italiana –, per incrementare lo spirito di fede e di preghiera, che non
è per sé obiettivo diretto della catechesi. D’altra parte l’incontro con la
Bibbia può ricevere dalla catechesi un respiro più ecclesiale, ossia una
maggiore sensibilità sui bisogni ed esperienze di fede del popolo di Dio, e
dare quindi concretezza all’attualizzazione della Parola.
e) Quanto
veniamo dicendo non abbassa il livello di valore della Bibbia, ma ne sottolinea
la qualità di libro della sorgente. Il Documento di base della
catechesi, che dovrebbe diventare con la Bibbia il secondo libro dell’animatore
biblico, afferma: “Alla Scrittura la Chiesa si riconduce per il suo
insegnamento, la sua vita e il suo culto; perciò la Scrittura ha sempre il
primo posto nelle varie forme del ministero della parola, come in ogni attività
pastorale. […] La Scrittura è il ‘libro’; non un sussidio fosse pure il primo”
(Il rinnovamento della catechesi, 105 e 107). In questo flusso organico
di Scrittura e Tradizione avviene l’evento della Parola.
5. Il cap. III
della Dei Verbum (nn. 11-13): “L’ispirazione divina e
l’interpretazione
della Sacra Scrittura”
Il cap. III
della Dei Verbum, dedicato all’identità della Scrittura nella sua
globalità ha avuto un cammino di maturazione progressiva, che ha portato a un
testo largamente condiviso, con contenuti da collocare e comprendere nel
contesto della riflessione di secoli. Notiamo in sintesi:
- Anzitutto
viene l’affermazione sul fatto della ispirazione delle Scritture, cioè
che i libri sacri “hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla
Chiesa” (n. 11). Più precisamente, hanno per autore Dio con la mediazione di
veri autori umani.
- Viene poi il
senso da dare alla verità della Bibbia: “I libri della Scrittura insegnano
fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza
volle fosse consegnata nelle sacre lettere” (n. 11). Sottolineatura importante:
proprio della Bibbia è dire verità rivelate da Dio in funzione non della nostra
cultura o di finalità profane, ma della salvezza delle persone, e quindi da
comprendere non come risposte scientifiche, ma religiose. Non viene limitata
l’ispirazione, ma ne viene compresa la ragion d’essere. Qui si inserisce il
giusto dialogo con le scienze, senza che vi sia ragione per conflitti perniciosi.
- Tutto ciò
esige un corrispondente processo di interpretazione della Bibbia accolta
per quello che è: Parola di Dio in linguaggio umano, affidata alla Chiesa.
Comporta un doppio livello di lettura: la ricerca del senso immediato del
testo, secondo le sue connotazioni storiche e letterarie, e la sua
trasfigurazione nel senso spirituale, ovvero secondo lo “stesso Spirito
mediante il quale è stata scritta” (n. 12), quello Spirito che rimanda a Cristo
e alla Chiesa. È il nodo fondamentale dell’ermeneutica, affermato dalla Dei
Verbum nei principi sostanziali, ma affatto esaurito. Qui ha il suo posto
il documento della Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della
Bibbia nella Chiesa” (1993), che ogni animatore biblico deve conoscere.
- La Dei
Verbum, a conclusione del capitolo sull’identità della Bibbia, ricorda che
la Bibbia appartiene al mistero dell’incarnazione, che abbraccia tutte
le parole di Dio nella Bibbia, racchiuse nella figura della divina Sapienza, e
che ha il suo culmine nell’incarnazione del Figlio di Dio, parole quindi che
rispecchiano in se stesse l’umanità e la divinità del Verbo, la debolezza umana
e la forza di Dio (cfr. n. 13).
Cercare i volti
di Dio e dell’uomo facendo perno sul mistero di Cristo, uomo e Dio, diventa la
via necessaria e indispensabile di intelligenza corretta e vitale delle
Scritture.
Le implicazioni
pastorali connesse a tali indicazioni sono molteplici e formano l’impianto
stesso dell’apostolato biblico:
a) È un dovere
per l’animatore biblico conoscere bene la teologia della Scrittura,
ossia come la Chiesa intende la Bibbia, secondo le indicazioni del cap. III
della Dei Verbum.
b) Egli deve
porre attenzione a comprendere il testo biblico non strumentalizzandolo con
letture fondamentaliste o ideologiche, ma anche non riducendolo a una pura
comprensione naturale, alla stregua di un poema antico: i testi parlano di un
Dio vivente, che nel Cristo Risorto parla oggi. Perciò una lettura che non si
fa “lettura nello Spirito” secondo la Chiesa, rischia la rigidità della lettera
che uccide (cfr 2Cor
3,6).
c) Un altro nodo
importante dell’animazione biblica è la correlazione tra Parola di Dio ed
esperienza umana: non si va dall’una all’altra senza un processo
ermeneutico che implica quella fusione di orizzonti tra testo e lettore che il
pensiero la filosofico contemporaneo ha posto in luce. Senza tale ricerca si
corre il rischio di una utilizzazione della Bibbia come ricettario, di parola
colta solo in superficie, di moralismo, ecc. È un rischio in agguato anche nei
gruppi di ascolto più devoti.
Quanto dice la Dei
Verbum va arricchito con la nota della Pontificia Commissione Biblica già
ricordata.
6. Il cap. IV
della Dei Verbum (nn. 14-16): “L’Antico Testamento”
L’Antico
Testamento viene presentato come parte organica della storia della salvezza. I
suoi libri “conservano valore perenne” (n. 14), Parola di Dio anche per i
cristiani, nell’ottica di una “preparazione evangelica”, di “una vera pedagogia
divina” (n. 15), formando così un’unità articolata con il Nuovo Testamento, alla
luce del quale “acquistano e manifestano il loro complesso significato” (n.
16).
Per l’apostolato
biblico emergono alcune implicazioni pastorali; ne segnalo due:
a) Una
situazione che fa pensare: molti gruppi di ascolto evitano quasi l’Antico
Testamento; è trascurato un annuncio corretto di esso; si ha fastidio di un
certo linguaggio; si diffondono gli stereotipi sul Dio “violento” e su una
religione “nazionalista”, facendo ricadere il sospetto sulla religione ebraica
e sull’ebraismo; è difficile vedere la continuità fra Antico e Nuovo
Testamento, ossia non si sa realizzare una lettura cristiana della prima
alleanza.
b) Tutto ciò
richiede nell’animatore la conoscenza della teologia dell’Antico Testamento nel
quadro cristiano e segnatamente l’ultimo documento della Pontificia Commissione
Biblica, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana (2001).
7. Il cap. V
della Dei Verbum (nn. 17-20): “Il Nuovo Testamento”
Il cap. V della Dei
Verbum affronta alcune questioni relative al Nuovo Testamento: il suo
essere il vertice di tutta la Sacra Scrittura, perché in esso ci è data
“testimonianza perenne e divina” del mistero del Verbo fatto carne, che si
manifesta nella “pienezza dei tempi” ( n. 7); questa testimonianza ha al suo
centro i santi vangeli, di cui è affermata l’origine apostolica (n. 18) e si
sottolinea il valore storico, punto sostanziale per la fede, per cui è da
riconoscerne la corretta genesi, partendo dalla predicazione di Gesù,
attraverso la predicazione degli apostoli, fino alla redazione dei quattro
evangelisti (n. 19); senza dimenticare l’importanza degli altri scritti
neotestamentari (n. 20).
Anche in questo
caso proviamo a indicare due implicazioni pastorali per l’apostolato
biblico:
a) Va dato il
primato al Nuovo Testamento nell’esperienza biblica, segnatamente alla
persona di Gesù; ma questo non dovrebbe estromettere altri scritti del Nuovo
Testamento, San Paolo in particolare, il grande sconosciuto. Il primato non è
tanto o soltanto materiale, ma prima di tutto di centralità, così che ogni
lettura biblica abbia nel Nuovo Testamento la sua chiave interpretativa.
b) In secondo
luogo occorre non rinunciare a dare un giusto profilo biografico della
persona di Gesù Cristo (non basterebbe trattarlo in frammenti di parole e
di fatti). Vi è la missione terrena da porre in risalto nelle coordinate
storiche, geografiche, ambientali e contestuali; c’è da cogliere
nell’integralità il suo messaggio e infine il suo “mistero”, quello che la
risurrezione svela, con l’approfondimento armonico di tale mistero nel credo
della Chiesa. Le varie esperienze bibliche, specialmente se continuate, come
nei gruppi di ascolto, dovrebbero permettere di dare e ricevere il volto di
Gesù nella sua pienezza.
8. Il cap. VI
della Dei Verbum (nn. 21-26): “La Sacra Scrittura nella vita della
Chiesa”
Questo capitolo
non fa che esplicitare e raccogliere in chiave pastorale, o con più precisione
in rapporto alla “vita della Chiesa”, con linguaggio ricco ed intenso, quanto
dagli altri capitoli è stato motivato. È un capitolo pratico, ma è pratico come
pratica è la vita: è alla vita che tende l’esegesi, che a sua volta dalla vita
riceve arricchimento. Giustamente il cap. VI della Dei Verbum è stato
definito la magna charta della spiritualità e pastorale biblica della Chiesa. La
prima conseguenza pastorale è farne oggetto di lettura come testo-guida,
documento base, che sta sullo sfondo della già citata nota della CEI su La
Bibbia nella vita della Chiesa.
Il n. 21 rappresenta
in certo modo la “teoria” della pratica, le ragioni fondanti e direttive
dell’incontro con la Bibbia che fa il cristiano. Si articola in tre nuclei: la
Scrittura, insieme con il Corpo di Cristo, è il “pane di vita” di un’unica
mensa; essa è “regola suprema della fede” che compenetra la religione
cristiana, in tutte le sue manifestazioni; è “sostegno e vigore della Chiesa, e
per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e
perenne della vita spirituale”. Ne scaturiscono implicazioni pastorali notevolissime,
fondamentali:
a) La Scrittura
è attivamente efficace, dona ciò che dice, a patto che non rimanga
congelata nello scritto, in un libro collocato in biblioteca, ma ridiventi
parola viva nel suo ambiente vitale (tradizione e comunità), sotto la forza
dello Spirito, irradiando la vita personale e sociale; ambedue queste
dimensioni vanno sviluppate.
b) L’ambito dove
la Scrittura irradia la maggior efficacia è laddove la Parola che ha al centro
Gesù si coniuga con la presenza stessa di Gesù: l’Eucaristia, e più
ampiamente i sacramenti, da sempre “segni dell’incontro con Cristo”. Questa è
una dimensione che il presente “anno eucaristico”, e più da vicino il prossimo
Congresso eucaristico nazionale di Bari, sollecitano a riscoprire. La lectio
divina ha una sua caratteristica, analogica ma efficace realizzazione nella
Messa domenicale, e mantiene come momento privilegiato di contemplazione la
presenza di Gesù esposto nell’adorazione eucaristica.
c) Globalmente,
il primo buon uso della Bibbia è dato dalla sua capacità di diventare spiritualità,
vita interiore, mondo simbolico, motivazione, convinzione, mentalità, “cultura
cristiana” di chi l’accosta.
Il n. 22 afferma una
prima conseguenza del valore intrinseco appena affermato: essere a
disposizione di tutti in ogni tempo. In concreto sono segnalate due
applicazioni notevolissime:
- “È necessario
che i fedeli abbiano largo acceso alla Sacra Scrittura”. Con ciò viene
enunciata la ragione stessa e l’obiettivo dell’apostolato biblico, che mira a
mettere la Bibbia in mano a tutti, superando un passato di lontananza che si
vorrebbe ricacciare definitivamente indietro, come sta capitando felicemente
anche nelle nostre comunità ecclesiali.
- Di conseguenza
si rende necessario che il Libro Sacro sia accessibile, il che avviene con
buone traduzioni, anche in collaborazione ecumenica.
Due implicazioni
pastorali:
a) Va ricordata
a tutti la presenza e l’attività della Federazione Biblica Cattolica,
cui anche la CEI aderisce, di cui il Settore dell’Apostolato Biblico, insieme
all’Associazione Biblica Italiana, è la mediazione operativa. Analoga
attenzione occorre avere per le Società Bibliche, un tempo di matrice
evangelica, ma oggi in collaborazione preziosa con la Chiesa cattolica.
b) L’apostolato
biblico deve estendersi sempre di più nelle nostre comunità e il popolo di Dio
deve scoprire la Bibbia come libro di vita; deve averne una copia in casa,
abituarsi ad averla in mano, a sfogliarne le pagine, a leggerla come Parola di
Dio. Quindi è compito dell’apostolato biblico, ma non solo, diffondere delle
buone Bibbie a prezzo minimo, magari nel contesto dell’iniziazione cristiana,
la quale è anche iniziazione alla Bibbia. Diffondere Bibbie sì, ma insieme
insegnare a leggerle da cristiani, nell’orizzonte della fede della Chiesa.
I nn. 23-26
esplicitano altre indicazioni riguardanti gli operatori biblici: esegeti,
teologi, pastori. Agli esegeti tocca lo studio del testo, con l’ausilio delle
diverse scienze bibliche, che aiutano a penetrare sempre di più la Parola (n.
23). Ai teologi, nello studio della teologia, la Bibbia si propone come
fondamento, forza che la ringiovanisce, anima che porta la vita (n. 24). Ai
pastori si rivolge inizialmente il n. 25, con la scelta di una frase di San
Girolamo, precisa ed eloquente, che è il titolo anche di questo Convegno:
“L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Ma ben presto
l’esortazione a “essere attaccati alle Scritture” si estende a tutti i fedeli,
su misura dei compiti di ciascuno.
In particolare
in questo n. 25 si incontra, in prospettiva propriamente pastorale, una breve,
densa sintesi di apostolato biblico, con esplicito accenno alle varie
espressioni di frequentazione della Parola, segnalando in particolare la
centralità della lectio divina, qui definita come “pia lettura”. Si
parla di presenza della Bibbia nella liturgia, di iniziative di iniziazione, di
sussidi, ecc. Preme sottolineare come sia soprattutto sollecitata l’attenzione
su quattro poli:
a) La frequentazione
assidua: il “contatto continuo”, la “sacra lettura assidua”, lo “studio accurato”,
la “frequente lettura”, ecc. va superata l’episodicità, la disarticolazione
rispetto ai ritmi della vita spirituale ed ecclesiale.
b) L’intenzione
di fede, per cui nella parole del testo si incontra Dio (“ascoltiamo lui,
quando leggiamo gli oracoli divini”), e dunque la necessità della
interiorizzazione personale, il riferimento alla liturgia, in una parola il
clima di preghiera “affinché possa svolgersi il dialogo fra Dio e l’uomo”.
Questo vale in particolare per chi propone la Bibbia agli altri e si dispone ad
aiutarli nel cammino della lettura. Qui entrano in considerazione le tantissime
modalità ed attività di apostolato biblico ben conosciute, cui richiamano gli
orientamenti pastorali Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia al
n. 49, che a loro volta rimandano alla nota della CEI , La Bibbia nella vita
della Chiesa del 1995, e ora, in maniera aggiornata, gli Orientamenti
operativi per l’apostolato biblico del 2005.
c) La Parola di
Dio vuol essere “pane di vita”. Significa che l’incontro biblico si fa maturo
non quando si ferma in appropriazioni tanto devote quanto intime, ma quando
porta ad una lettura sapienziale del testo sacro, cioè a una lettura per
la trasformazione della vita, ove si esercita il discernimento cristiano dei
segni dei tempi e si diventa testimoni ad alta voce della Parola letta e detta
silenziosamente nei propri gruppi di ascolto. Questa testimonianza che
scaturisce dalla lettura sapienziale non si esaurisce nella sfera personale ma
si allarga all’impegno sociale del credente.
d) È
fondamentale vivere tanto intensamente l’incontro con la pagina sacra in forma
diretta, segnatamente con la lectio divina, quanto è vitale proseguire
nel cammino che viene aperto dalla medesima Parola di Dio trovata nel testo.
Questa richiede di risuonare nella Chiesa dove è stata pronunciata per la prima
volta, animando l’apostolato biblico, ma non trascurando gli altri canali della
Parola, quali la catechesi, la liturgia, il servizio della carità. E,
finalmente, la Parola di Dio della Bibbia arriva alle frontiere, dove vivono
uomini e donne di altre religioni o di cultura solo laica, con cui intende
entrare in un dialogo che salva, come faceva Gesù iniziando il Vangelo nella
“Galilea delle genti” (Mt 4,15). Qui si possono incontrare anche le intenzionalità
più profonde del cosiddetto progetto culturale della Chiesa italiana, con cui
si vuole rendere la fede di sempre significativa e plausibile nel contesto
delle culture che caratterizzano il nostro tempo.
9. Conclusione
Non bisogna
separare il mistero della Parola di Dio dalla mediazione del testo: la Parola
si dice con l’alfabeto della Bibbia. Ma l’alfabeto della Bibbia è quello della
Tradizione originaria, così come l’ha sillabato la Chiesa nel suo dialogo con
lo Sposo.
Da questa
convinzione di fede, che unisce parola scritta e vita della comunità
ecclesiale, può scaturire un modello di iniziazione alla Parola di Dio che ne
faccia accrescere la venerazione facendo accrescere la vita della Chiesa (cf.
n. 26). Su questa crescita si esercita il vostro impegno ecclesiale, per il
quale volentieri esprimo la riconoscenza dei Vescovi italiani.
Roma,
4 febbraio 2005
II. LE GRANDI LINEE DI UNA
EVOLUZIONE negli scritti della Chiesa e nella comprensione del fatto che Dio si
rivela tramite documenti scritti da uomini: dalla DV- Dei Verbum - alla VD-Verbum Domini.
DV
= Dei
Verbum
18/11/1965
|
Pontificia
Commissione Biblica
per l’
Interpretazione
1993
|
CCC.
Catechismo della Chiesa cattolica
1997
|
Messaggio post-sinodale
2008
|
VD -
Verbum Domini
2010
|
I - LA RIVELAZIONE
|
I. METODI
E APPROCCI PER L’INTERPRETAZIONE
A. Metodo storico-critico
B. Nuovi metodi di analisi letteraria
C. Approcci basati sulla Tradizione
D. Approcci attraverso le scienze umane
E. Approcci contestuali
F. Lettura fondamentalista
|
I. Il Cristo –
Parola unica della Sacra Scrittura
|
I. LA VOCE
DELLA PAROLA:
LA RIVELA-ZIONE
|
PRIMA PARTE –
|
II
- LA TRASMISSIONE DELLA DIVINA
RIVELAZIONE
|
|
|
II. IL VOLTO
DELLA PAROLA:
GESÙ CRISTO
|
|
III -
L'ISPIRAZIONE DIVINA
E L'INTERPRETAZIONE DELLA SACRA SCRITTURA |
II. QUESTIONI DI ERMENEUTICA
A.
Ermeneutiche filosofiche
B. Sensi della Scrittura ispirata
III . DIMENSIONI CARATTERISTICHE DELL’INTERPRETAZIONE CATTOLICA
A. Interpretazione nella Tradizione
biblica
B. Interpretazione nella Tradizione della Chiesa
C. Compito dell’esegeta
D. Rapporti con le altre discipline teologiche
IV. INTERPRETAZIONE DELLA BIBBIA NELLA
VITA DELLA CHIESA
A. Attualizzazione
B. Inculturazione
C. Uso della Bibbia
|
II. Ispirazione e verità della
Sacra Scrittura
III. Lo Spirito Santo, interprete della
Scrittura
I sensi della Scrittura
|
|
L’ermeneutica
della S. Scrittura
Nella Chiesa
|
IV
- IL VECCHIO TESTAMENTO
|
|
IV. Il Canone
delle Scritture
L'Antico Testamento
|
|
|
V -
IL NUOVO TESTAMENTO
|
|
Il Nuovo Testamento.
L'unità dell'Antico e del Nuovo
Testamento
|
|
|
VI -
LA SACRA SCRITTURA NELLA VITA DELLA CHIESA
|
(IV. INTERPRETAZIONE DELLA BIBBIA NELLA VITA DELLA CHIESA
A. Attualizzazione
B. Inculturazione
C. Uso della Bibbia )
|
V. La Sacra Scrittura nella
vita della Chiesa
|
III. LA CASA
DELLA PAROLA:
LA CHIESA
|
SECONDA PARTE –
|
|
|
|
IV. LE STRADE
DELLA PAROLA:
LA MISSIONE
|
TERZA PARTE –
|
Il “canone” biblico della Chiesa cattolica segue è il
seguente:
|
ANTICO TESTAMENTO
|
|
|
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
|
PENTATEUCO (5 libri):
Genesi
Esodo
Levitico
Numeri
Deuteronomio
LIBRI STORICI (16 libri):
Giosuè
Giudici
Rut
1. Samuele
2. Samuele
1. Re
2. Re
1. Cronache
2. Cronache
Esdra
Neemia
Tobia
Giuditta
Ester
1. Maccabei
2. Maccabei
|
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
|
LIBRI SAPIENZIALI (7 libri):
Giobbe
Salmi
Proverbi
Qohèlet (Ecclesiaste)
Cantico dei cantici,
Sapienza
Siracide
(Ecclesiastico)
LIBRI PROFETICI
Isaia (PROF. MAGGIORI)
Geremia
Lamentazioni
Baruc
Ezechiele
Daniele
Osea
(PROFETI MINORI)
Gioele
Amos
Abdia
Giona
Michea
Naum
Abacuc
Sofonia
Aggeo
Zaccaria
Malachia
|
CAPITOLO V - IL NUOVO TESTAMENTO
17 ‑ Eccellenza del nuovo testamento
18 ‑ Origine apostolica dei vangeli
19 ‑ Carattere storico dei vangeli
20 ‑ Gli altri scritti del nuovo testamento
Il “canone” biblico della Chiesa cattolica è il
seguente:
|
NUOVO TESTAMENTO
|
|
NUOVO TESTAMENTO
|
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
|
VANGELI e ATTI degli APOSTOLI
Matteo (Mt)
Marco (Mc)
Luca (Lc)
Giovanni (Gv)
Atti degli
Apostoli (At)
LETTERE:
Lettera ai
Romani (Rm)
Prima lettera
ai Corinzi (1 Cor)
Seconda lettera
ai Corinzi (2 Cor)
Lettera ai
Galati (Gal)
Lettera agli
Efesini (Ef)
Lettera ai
Filippesi (Fil)
Lettera ai
Colossesi (Col)
Prima lettera
ai Tessalonicesi (1 Ts)
Seconda lettera
ai Tessalonicesi (2Ts)
Prima lettera a
Timoteo (1 Tm)
Seconda lettera
a Timoteo (2 Tm)
|
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
|
VANGELI e ATTI degli APOSTOLI
Lettera a Tito (Tt)
Lettera a
Filemone (Fm)
Lettera agli
Ebrei (Eb)
Lettera di
Giacomo (Gc)
Prima lettera
di Pietro (1 Pt)
Seconda lettera
di Pietro (2 Pt)
Prima lettera
di Giovanni (1 Gv)
Seconda lettera
di Giovanni (2 Gv)
Terza lettera
di Giovanni (3 Gv)
Lettera di
Giuda (Gd)
Libro dell’Apocalisse (Ap)
NB. L’ordine cronologico di
apparizione degli scritti del nuovo testamento è diverso:
|
CAPITOLO VI - LA SACRA SCRITTURA NELLA VITA DELLA
CHIESA
21 ‑ La chiesa venera le sacre
scritture
22 ‑ Le tradizioni devono
essere appropriate
23 ‑ Impegno apostolico degli
apostoli
24 ‑ Importanza della sacra
scrittura per la teologia
25 ‑ Si raccomanda la lettura
della sacra scrittura. 26 ‑ Conclusione
===================
La
struttura:
|
VERBUM
DOMINI - (124 numeri)
LA PAROLA DI DIO E’ GIOIA
(è centrata sul
Prologo del Vangelo di Gv)
|
|||
Introduzione
(1-5)
|
siamo posti di fronte al
mistero di Dio che comunica se stesso mediante il dono della sua Parola … alcune
linee fondamentali per una riscoperta, nella vita della Chiesa, della divina
Parola, sorgente di costante rinnovamento, auspicando al contempo che essa
diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale.
|
|||
Le 3
componenti
del
documento:
|
TEOLOGICA
(nn. 6-49)
59 numeri
|
PASTORALE
(nn.
50-89)
39 numeri
|
MISSIONARIA
(90-120)
30 numeri
|
|
Titolo
|
VERBUM Dei
|
VERBUM in Ecclesia
|
VERBUM mundo
|
|
La Parola
di Dio
|
È il cuore
della teologica
|
Parola
accolta e vissuta vissuta nella Chiesa
|
È annuncio
di salvezza per il mondo
|
|
Contenuto
|
La Parola di Dio nelle S. Scritture
|
La Parola
di Dio anima una comunità che crede
|
La Parola
di Dio guida la comunità apostolica
|
|
La Parola
con-voca
|
La Parola è dialogo Dio ► uomo
|
Il Dialogo uomo ► Dio si fa preghiera, liturgia
|
La Parola invita tutti all’incontro con Dio Salvatore
|
|
La
rivelazione
|
La Parola RIVELA Dio nella sua Parola e nel suo Figlio (Verbo)
|
L’uomo accoglie e risponde, celebra la Parola, e nella Parola celebra
… tutto
|
La Chiesa credente e accogliente, predica la Parola ad ogni uomo
|
|
Incontro
|
La Parola è incontro tra Dio e l’uomo.
Diventa incontro inti-mo e sacramentale nell’eucaristia
|
La Parola è l’anima della liturgia della Chiesa, liturgia
sacramentale e delle Ore
|
La Parola spinge all’apostolato, e l’apostolato porta all’incontro
con Dio
|
|
Conclusione
(121-124)
|
a fondamento di ogni autentica e viva spiritualità cristiana sta la
Parola di Dio annunciata, accolta, celebrata e meditata nella Chiesa
|
Tempo di un nuovo ascolto della Parola di Dio e di una nuova
evangelizzazione.
Teologi, esegeti, biblisti a servizio della Parola e del popolo di
Dio.
|
Vivere in tensione missionaria di annuncio della Parola di Dio che
risana e redime ogni uomo: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a
ogni creatura» (Mc 16,15)
|
|
1° Gv: nella Parola di Dio, anche noi abbiamo udito, veduto e
toccato il Verbo della vita. Abbiamo accolto per grazia l’annuncio che la
vita eterna si è manifestata … la comunicazione di questo annuncio è data
perché «la nostra gioia sia piena» (1 Gv 1,4). // Ci guida e
sorregge Maria «Mater Verbi et Mater laetitiae». Così anche noi
potremo entrare nel grande dialogo nuziale con cui si chiude la sacra
Scrittura: «Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”. E chi ascolta ripeta:
“Vieni!” … Colui che attesta queste cose dice: “Sì, vengo presto!”. Amen.
Vieni, Signore Gesù». (Ap 22,17.20).
(a cura di Fr. Lino DC –
12/11/2011)
|
||||
La nostra risposta di fede:
Simbolo degli
Apostoli
È composto
di 12 articoli:
|
Credo
niceno-costantinopolitano
Dai
concili di Necea (325) e Costantinopoli (381)
|
« 1.
Io credo in Dio, Padre onnipotente,
creatore
del cielo e della terra
2. e in
Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore,
3. il
quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
4. patì
sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
5.
discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte;
6. salì
al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente:
7. di là
verrà a giudicare i vivi e i morti.
8. Credo
nello Spirito Santo,
9. la
santa Chiesa cattolica,
10. la
remissione dei peccati,
11. la
risurrezione della carne,
12. la
vita eterna.
Amen. »
|
Credo in un solo Dio
Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,
di tutte
le cose visibili ed invisibili.
Credo in un solo Signore,
Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio. Nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, Generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;
per mezzo
di Lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo. E per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi: sotto Ponzio Pilato morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, È salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti
e il suo
regno non avrà fine.
Credo
nello Spirito Santo, che è Signore
e dà la vita,
e procede
dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato
e ha
parlato per mezzo dei Profeti.
Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e
apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti E la vita del mondo che verrà. Amen |
A cura di Fr. Lino Da Campo
Pecetto 13/12/2012
Ottima lezione grazie mille
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