giovedì 29 settembre 2011

Mt 21,33-43: I VIGNAIOLI OMICIDI

XXVII del T.O/A

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

IO:
Ancora una PARABOLA e ancora una volta sul tema della VIGNA, immagine cara alla Scrittura: sempre rivolgendosi ai capi del popolo di Israele ha loro raccontato domenica scorsa la parabola dei 2 figli un po’ restii a collaborare per lavorare nella vigna e 2 domeniche fa ci ha presentato la parabola dei braccianti che, presi a giornata, ricevono la stessa paga indipendentemente dalle ore di lavoro fatto.
Ci mostra in tutte e tre i racconti l’amore di Dio che ha cura della sua vigna e la risposta molto fredda, fatta spesso di mormorazioni e critiche, dei contadini che, nel brano odierno, arrivano al rifiuto completo e violento, persino omicida, del padrone e del figlio.

Gesù si rivolge a chi ha il compito di custodire la vigna, ai capi del popolo, ma si rivolge oggi anche a noi per aiutarci a comprendere un messaggio importante per la nostra vita. Quale?

- Innanzitutto ci ricorda l’AMORE di DIO per ciascuno di noi, parte della sua VIGNA e lo fa descrivendo la CURA che ha per la sua vigna, pianta che richiede particolari attenzioni: la protegge con una siepe, vi scava una buca per mettervi il torchio (e così spremere l’uva e produrre vino), vi costruì una torre, posto di avvistamento e di riparo per chi lavora nella vigna. Isaia arricchisce queste immagini con un cantico d’amore appassionato tra Dio e la sua vigna.

- Ci ricorda inoltre che la vigna, il popolo di Dio, non ci appartiene: noi siamo proprietà di Dio, apparteniamo a lui, ma siamo recalcitranti di fronte a chi sembra limitare la nostra libertà: ci poniamo di fronte a Dio come davanti ad un padrone che ci sfrutta, sfrutta il nostro lavoro, vuole solo il suo tornaconto (i frutti che i contadini dovevano al proprietario della vigna). Da qui la mormorazione, la contesa, la messa in discussione dell’opera del Signore.

- Ecco allora, in maniera molto amara, la rilettura della storia di Israele come una storia d’amore tra un Dio fedele e l’infedeltà del suo popolo che maltratta e uccide gli inviati dal Signore, i profeti, fino a meditare la morte del Figlio stesso (e Gesù si trova nell’ultima fase della sua vita terrena, ben consapevole dell’imminente e tragico finale).

- Si vuole l’eredità: la possibilità di non rispondere ad altri che a noi stessi, di fare senza Dio, senza padroni. Senza renderci conto che così facendo ci vendiamo ad altri padroni di turno: capi politici od economici, o, in maniera più sottile, ma più efficace vendendoci ad un sistema politico-economico che ci vuole consumatori vogliosi di cose che perdono subito il loro fascino e rimbambiti da tutto ciò che ci fa perdere di vista i nostri veri valori e bisogni. Si arriva così non solo a non compiere il bene, ma ad impedire ad altri di compierlo.

- Il messaggio è amaro e apparentemente negativo: la vigna dovrà essere tagliata (così Isaia) o affidata ad un nuovo popolo che produca i frutti (così conclude Gesù la parabola). Eppure l’obiettivo finale non è la vendetta, ma l’invito a prendere coscienza delle proprie infedeltà. Il perdono infatti non può essere accordato in modo unilaterale, senza coinvolgere l’altro in una dinamica di riconciliazione: senza pentimento non c’è disponibilità a cambiare e dunque a ricevere il perdono.

- «Cosa farà il padrone della vigna, dopo l’uccisione del Figlio?». La soluzione proposta dai Giudei è logica: una vendetta esemplare, nuovi vignaioli, nuovi tributi. La loro idea di giustizia è riportare le cose un passo indietro, ritornare a prima del delitto, mantenendo in­tatto il ciclo immutabile del dare e dell’avere.
Ma Gesù non è d’accordo e intro­duce la novità propria del Vange­lo. Il sogno di Dio non è il tributo pagato, ma una vigna che non ma­turi più grappoli rossi di sangue e amari di lacrime, ma grappoli gon­fi di sole e di luce. Per questo è ve­nuto Cristo, vite e vino di festa. Su di lui mi fondo, in lui mi innesto, di lui mi disseto, di lui godo. (Ermes Ronchi)

- Gesù mostra un Dio, padrone appassionato, che nonostante i rifiuti e la violenza, riesce ugualmente a portare avanti la sua azione a nostro favore. Trova un nuovo popolo a cui affidare la vigna e ne produca finalmente frutti da condividere nella gioia (il vino è da sempre simbolo di convivialità e di ebbrezza).

- E noi: siamo consapevoli dell’amore appassionato di Dio senza sentirci defraudati di qualche cosa? Siamo disponibili a lavorare nella vigna del Signore e dunque a vivere da veri cristiani nei nostri ambienti: scuola o lavoro, amici, famiglia, parrocchia, società? o ci lasciamo guidare in maniera passiva da altri padroni dimenticando o rinnegando la nostra fede?

Ancora una volta la conclusione è affidata alle parole di Paolo ascoltate nella seconda lettura: non state ad angosciarvi per le difficoltà della vita, imparate piuttosto ad affidarle e ad affidarvi a Dio con “preghiere, suppliche e ringraziamenti”. Mettete al centro della vostra vita, dei vostri pensieri ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode e lasciate perdere tutte quelle cose che, sapete bene, non meritano rispetto, ma che ci seducono e ci incatenano per gran parte del nostro tempo. Attenzione allora a ciò che vedete, sentite, leggete. Attenzione soprattutto a mettere in pratica ciò che di buono abbiamo imparato, ricevuto e ascoltato da Dio e da coloro che Dio ci mette accanto. Solo così il Dio della pace sarà con voi e la vostra vita ritroverà serenità e entusiasmo nonostante tutto. E così sia.

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