(...) Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (...).
Zaccheo è un farabutto, un ladro dalla piccola statura, ma dalle ampie tasche. Un ometto che si approfitta del potere dei romani, gli invasori odiosi che hanno occupato il suo paese, per riscuotere a loro nome le tasse e aggiungervi una buona quota per lui.
Zaccheo però è uno curioso che non teme di fare una figuraccia davanti agli altri salendo su un albero per superare la folla e guardare negli occhi questo uomo, Gesù, di cui si parla tanto.
E Gesù passa nella nostra città, anche oggi, l’attraversa e guarda negli occhi di chi lo cerca, di chi si sforza di incontrarlo.
Lui ci precede (ci “primerìa” dice il Papa) e ci viene incontro, cerca la pecorella smarrita, non disdegna il cuore indurito di un ladro che, probabilmente, non è fiero della sua vita, ma non ha il coraggio di cambiarla, è imprigionato nel proprio ruolo.
Sempre citando il Papa, Gesù è uno che và nelle periferie esistenziali, che si muove cercando che si è allontanato, chi si è perduto.
Conosce il suo nome e si autoinvita ad andare a casa sua: è coraggioso Gesù, non teme rifiuti, non teme di essere invadente, non teme il giudizio degli altri. Fa il primo passo. Non attende di essere invitato, ma sa guardare negli occhi il desiderio dell’altro di cambiare vita, di incontrarlo.
La folla, la gente, la società, la cultura spesso diventa un ostacolo che ci impedisce di vedere Gesù che passa.
Dobbiamo anche noi sforzarci di salire su di un albero, simbolo di uno sforzo non così impegnativo. Uno sforzo che ci può far risultare ridicoli agli occhi degli altri (non dobbiamo temere il giudizio degli altri).
Come autentici cristiani dobbiamo portare Gesù, la speranza della salvezza, nelle strade e nelle case dove Lui è stato eliminato, non è presente. Dio, in Gesù, è venuto ad annullare le distanze tra sacro e profano, ad abitare in mezzo a noi, a piantare la sua tenda.
E se questo incontro avviene ecco l’incredibile: la conversione entra nella nostra casa, e con essa la giustizia, la generosità, la gioia.
Gesù ha creduto in lui, ha avuto fede nella sua possibilità di salvarsi, di cambiare vita. Ed ecco Zaccheo rinascere, trasformarsi: “oggi in questa casa è entrata la salvezza”.
Per la folla Zaccheo era solo un pubblicano, un ladro odioso che si era arricchito. Solo un ruolo. Per Gesù Zaccheo è un uomo con un nome, un uomo che è oltre i suoi sbagli, un uomo a cui restituisce la dignità perduta.
Oggi mi fermo a casa tua. Dio viene ancora alla mia tavola, intimo come una persona cara, un Dio alla portata di tutti. Ognuno ha una dimora da offrire a Dio. E il passaggio del Signore lascerà un segno inconfondibile: un senso di pienezza e poi il superamento di sé, uno sconfinare nella gioia e nella condivisione.
Ermes Ronchi: Zaccheo ha un handicap (la bassa statura) e un desiderio (vedere Gesù) e, a questo conflitto tra due forze che potrebbero annullarsi, risponde con creatività e coraggio, diventando figura di tutti coloro che, anziché chiudersi nei loro limiti e arrendersi, cercano soluzioni, inventano alternative senza timore di apparire diversi. Nella vita avanza solo chi agisce mosso dal desiderio e non dalla paura.
Allora corse avanti e salì su di un albero. Correre, sotto l'urgenza del richiamo di cose lontane, seguendo il vento del desiderio che gonfia le vele. Avanti, verso il proprio oggetto d'amore, verso un Dio che viene non dal passato, ma dall'avvenire. Sull'albero, in alto, come per leggere se stesso e tutto ciò che accade da un punto di vista più alto. Perché il quotidiano è abitato da un oltre.
Gesù passando alzò lo sguardo. Lo sguardo di Gesù è il solo che non si posa mai per prima cosa sui peccati di una persona, ma sempre sulla sua povertà, su ciò che ancora manca ad una vita piena. La sua parola è la sola che non porta ingiunzioni, ma interpella la parte migliore di ciascuno, che nessun peccato arriverà mai a cancellare. Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre che Gesù cerca di vedere lui. Il cercatore si accorge di essere cercato, l'amante scopre di essere amato, ed è subito festa: Zaccheo, scendi, oggi devo fermarmi a casa tua.
«Devo» dice Gesù, devo fare casa con te per un intimo bisogno: a Dio manca qualcosa, manca Zaccheo, manca l'ultima pecora, manco io. Se Gesù avesse detto: «Zaccheo, ti conosco bene, se restituisci ciò che hai rubato verrò a casa tua», Zaccheo sarebbe rimasto sull'albero. Se gli avesse detto: «Zaccheo scendi e andiamo insieme in sinagoga», non sarebbe successo nulla. Il pubblicano di Gerico prima incontra, poi si converte: incontrare uno come Gesù fa credere nell'uomo; incontrare un uomo così rende liberi; incontrare questo sguardo che ti rivela a te stesso fa nascere.
Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Sono poche parole: fretta, accogliere, gioia, ma che dicono sulla conversione più di tanti trattati. Apro la casa del cuore a Dio e la gioia e la vita si rimettono in moto.
Infatti la casa di Zaccheo si riempie di amici, lui si libera dalle cose: «Metà di tutto è per i poveri e se ho rubato...». Ora può abbracciare tutta intera la sua vita, difetti e generosità, e coprire il male di bene...
Oggi mi fermo a casa tua. Dio viene ancora alla mia tavola, intimo come una persona cara, un Dio alla portata di tutti. Ognuno ha una dimora da offrire a Dio. E il passaggio del Signore lascerà un segno inconfondibile: un senso di pienezza e poi il superamento di sé, uno sconfinare nella gioia e nella condivisione.
(Letture: Sapienza 11, 22-12,2; Salmo 144; 2 Tessalonicesi 1, 11-2,2; Luca 19,1-10)
Allora corse avanti e salì su di un albero. Correre, sotto l'urgenza del richiamo di cose lontane, seguendo il vento del desiderio che gonfia le vele. Avanti, verso il proprio oggetto d'amore, verso un Dio che viene non dal passato, ma dall'avvenire. Sull'albero, in alto, come per leggere se stesso e tutto ciò che accade da un punto di vista più alto. Perché il quotidiano è abitato da un oltre.
Gesù passando alzò lo sguardo. Lo sguardo di Gesù è il solo che non si posa mai per prima cosa sui peccati di una persona, ma sempre sulla sua povertà, su ciò che ancora manca ad una vita piena. La sua parola è la sola che non porta ingiunzioni, ma interpella la parte migliore di ciascuno, che nessun peccato arriverà mai a cancellare. Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre che Gesù cerca di vedere lui. Il cercatore si accorge di essere cercato, l'amante scopre di essere amato, ed è subito festa: Zaccheo, scendi, oggi devo fermarmi a casa tua.
«Devo» dice Gesù, devo fare casa con te per un intimo bisogno: a Dio manca qualcosa, manca Zaccheo, manca l'ultima pecora, manco io. Se Gesù avesse detto: «Zaccheo, ti conosco bene, se restituisci ciò che hai rubato verrò a casa tua», Zaccheo sarebbe rimasto sull'albero. Se gli avesse detto: «Zaccheo scendi e andiamo insieme in sinagoga», non sarebbe successo nulla. Il pubblicano di Gerico prima incontra, poi si converte: incontrare uno come Gesù fa credere nell'uomo; incontrare un uomo così rende liberi; incontrare questo sguardo che ti rivela a te stesso fa nascere.
Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Sono poche parole: fretta, accogliere, gioia, ma che dicono sulla conversione più di tanti trattati. Apro la casa del cuore a Dio e la gioia e la vita si rimettono in moto.
Infatti la casa di Zaccheo si riempie di amici, lui si libera dalle cose: «Metà di tutto è per i poveri e se ho rubato...». Ora può abbracciare tutta intera la sua vita, difetti e generosità, e coprire il male di bene...
Oggi mi fermo a casa tua. Dio viene ancora alla mia tavola, intimo come una persona cara, un Dio alla portata di tutti. Ognuno ha una dimora da offrire a Dio. E il passaggio del Signore lascerà un segno inconfondibile: un senso di pienezza e poi il superamento di sé, uno sconfinare nella gioia e nella condivisione.
(Letture: Sapienza 11, 22-12,2; Salmo 144; 2 Tessalonicesi 1, 11-2,2; Luca 19,1-10)
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