Gesù è Signore dell’universo: principio e
fine di ogni cosa, è Re di “diritto divino”. Ma che tipo di re è Gesù?
Nel nostro immaginario il Re è una persona
che ha un Regno e un popolo su cui esercita il suo potere, spesso in maniera
dispotica e lunatica. Una persona ricchissima che ha una corte al suo servizio.
Ha un esercito pronto a difenderlo a costo della loro vita…
Gesù è Re di un Regno spirituale che ha
inaugurato qui in terra e affidato a ciascuno dei suoi discepoli, ha un popolo
su cui esercita il potere dell’amore, del servizio.
Gesù era scappato di fronte alla folla
entusiasta del miracolo del pane, pronta a proclamarlo loro re. Non esita a
riconoscersi re (“ma non di questo mondo”) di fronte a Pilato, nel momento
della Passione, della derisione.
“Come in cielo, così in terra”: in cielo
regnare significa amare, e Gesù è Re dell’universo, di ogni realtà vivente,
perché è capace di amare tutti, anche i propri nemici, anche coloro che lo
mettono in croce.
Noi siamo re, sovrani e signori della
nostra vita, nel momento in cui siamo liberi, capaci di spenderla per qualcosa
e qualcuno per cui valga la pena vivere e dunque anche morire.
- un gruppo rimane a
guardare a distanza: INDIFFERENTI;
- un gruppo deride:
OSTILI;
- un malfattore apre
il cuore: APERTI A NUOVA VITA.
Di fronte al crocifisso sono scandalizzati:
- i DEVOTI, gli
uomini religiosi: ma che Dio è questo che lascia morire il suo eletto?
- I SOLDATI, gli
uomini forti: se sei il re usa la forza (“salva te stesso”, ripetuto 3 volte!);
Ma c’è qualcosa che vale più della vita? Si:
l’amore vale più della vita, spenderla per amore. Gesù ha ben chiaro questo:
ecco allora un re giustiziato, ma non vinto; un re con una derisoria corona di
spine che muore ostinatamente amando; un re che noi possiamo rifiutare,
deridere, ma che non potrà mai più rifiutare noi.
“Costui non ha fatto nulla di male”, mai,
solo bene: è una delle più belle definizioni date a Gesù che si preoccupa fino
all’ultimo non di sé, ma di chi gli muore accanto. Che gli si aggrappa:
“Ricordati di me quando sarai nel tuo regno”.
La vittoria di Dio sta proprio nella fede
umile del malfattore: in quest’uomo è iniziato il regno di Dio. E a Dio basta
questa vittoria, perché il suo trionfo sta nell’insegnarci a donare; Dio vince
quando il cuore di qualcuno si rinnova e si accende di carità.Ermes Ronchi: Sta morendo e lo deridono tutti, lo prendono in giro: «guardatelo, il re!» Sono scandalizzati i devoti, gli uomini religiosi: ma che Dio è questo che lascia morire il suo eletto? Si scandalizzano i soldati, gli uomini forti: se sei il re usa la forza! «Salva, salva, salva te stesso!» per tre volte. C'è forse qualcosa che vale più di aver salva la vita? Sì. Qualcosa vale di più: l'amore vale più della vita. E appare un re giustiziato, ma non vinto; un re con una derisoria corona di spine che muore ostinatamente amando; un re che noi possiamo rifiutare, ma che non potrà mai più rifiutare noi. E gli si accostavano per dargli da bere aceto. Il vino nella Bibbia è il simbolo dell'amore, l'aceto è il suo contrario, il simbolo dell'odio. Tutti odiano quell'uomo, lo rigettano. Di che cosa hanno bisogno questi che uccidono e deridono e odiano il loro re? Di una condanna definitiva, della pena di morte? No, hanno bisogno di un supplemento d'amore. E Dio si mette in gioco, si gioca il tutto per tutto per conquistare l'uomo.
C'è un malfattore, uno almeno che intuisce e usa una espressione rivelatrice: non vedi che anche lui è nella stessa nostra pena... Dio nel nostro patire, Dio sulla stessa croce dell'uomo, Dio vicinissimo nella passione di ogni uomo. Che entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Perché il primo dovere di chi ama è di essere con l'amato. Costui non ha fatto nulla di male. Che bella definizione di Gesù, nitida semplice perfetta: niente di male, per nessuno, mai, solo bene, tutto bene. E si preoccupa fino all'ultimo non di sé ma di chi gli muore accanto. Che gli si aggrappa: Ricordati di me quando sarai nel tuo regno. E Gesù non si ricorda, fa molto di più, lo porta con sé, se lo carica sulle spalle come fa il pastore con la pecora perduta e ritrovata, per riportarla a casa, nel regno: sarai con me! E mentre la logica della nostra storia sembra avanzare per esclusioni, per separazioni, per respingimenti alle frontiere, il Regno di Dio avanza per inclusioni, per abbracci, per accoglienza. Non ha nessun merito da vantare questo malfattore. Ma Dio non guarda ai meriti. Non ha virtù da presentare questo ladro. Ma Dio non guarda alle virtù. Guarda alla povertà, al bisogno, come un padre o una madre guardano al dolore e alle necessità del figlio. Sarai con me: la salvezza è un regalo, non un merito. E se il primo che entra in paradiso è quest'uomo dalla vita sbagliata, che però sa aggrapparsi al crocifisso amore, allora le porte del cielo resteranno spalancate per sempre per tutti quelli che riconoscono Gesù come loro compagno d'amore e di pena, qualunque sia il loro passato: è questa la Buona Notizia di Gesù Cristo. (Letture: 2 Samuele 5, 1-3; Salmo 121; Colossesi 1, 12-20; Luca 23, 35-43)
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