L’Avvento
ci offre la grazia di un NUOVO INIZIO, la possibilità di RICOMINCIARE (bene e
meglio, almeno all’inizio!), nel segno della PACE (1L).
L’Avvento
ci invita a GUARDARE AL FUTURO, al FINE (oltre che a la fine) della storia: non siamo padroni del tempo, ma padroni di
dargli un senso.
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Non
possiamo accontentarci di mangiare e bere, prendere moglie o marito. Che male
c’è? Nessuno! Ma sarebbe come accontentarci di beccare il cibo come le galline,
senza vivere, ma pensando solo a sopravvivere, senza cercare e scoprire il
senso della vita, senza cogliere i segni del tempo. Viviamo spesso nella
superficialità, senza saper vedere il mistero della vita che è sempre oltre
noi, le innumerevoli cose belle della vita.
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In
una recente intervista la comica Anna Marchesini, affetta da una malattia
grave, ha affermato in maniera toccante: - Io vi
garantisco – ve lo giuro – che sono così interessata, appiccicata, morbosamente
ghiotta e obesa di vita… sono così interessata alla vita che mi interessa anche
la morte, che di essa è il finale. E non è detto!
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Alziamo
lo sguardo al Signore che viene a visitarci e che, così come è venuto nella
storia, tornerà alla fine dei tempi (ma non più nell’umiltà di un bambino nato
in una grotta, ma nella gloria del suo essere Re dell’universo).
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Siamo
chiamati a PREPARARE il suo arrivo, a non rendere quell’incontro come con un
ladro ovviamente inatteso, ma con un re venuto ad offrirci un posto d’onore nel
suo regno.
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“Non
si accorsero di nulla”: è il rischio continuo di vivere senza accorgerci della
presenza di Dio, senza neanche accorgerci di chi ci passa accanto, distratti da
un mondo virtuale, fasullo.
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Il tempo dell'Avvento è un tempo per svegliarci dal sonno, per
accorgerci di Dio e degli altri. Il tempo dell'attenzione per rendere profondo
ogni momento.
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Due uomini saranno nel campo, uno verrà portato via e uno
lasciato. Non è dell'angelo della morte che parla il Vangelo, ma di due modi
diversi di vivere nel campo della vita: uno vive in modo adulto, uno infantile;
uno vive affacciandosi sull'infinito, uno è chiuso solo dentro la sua pelle;
uno è chino solo sul suo piatto, uno è generoso con gli altri di pane e di
amore. Tra questi due uno è pronto all'incontro con il Signore, quello che vive
attento, l'altro non si accorge di nulla.
“VEGLIATE
dunque” (per essere pronti al suo arrivo): l’Avvento è il tempo per risvegliarci
dal torpore del quotidiano, dalla pesantezza dei nostri eccessi e dalle
distrazioni continue.
“Gettiamo
via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce” (2L): è tempo di
combattere, di compiere una rivoluzione interiore, di addestrarci all’uso delle
armi più potenti: la preghiera, la carità, i sacramenti, l’amore reciproco…
solo così nascerà almeno (o anche) quest’anno una presenza in noi capace di
illuminarci, di guidarci, di riempirci di energia positiva.
Buon
AvventoErmes Ronchi: Inizia l'«Avvento», un termine latino che significa avvicinarsi, camminare verso... Tutto si fa più prossimo, tutto si rimette in cammino e si avvicina: Dio, noi, l'altro, il nostro cuore profondo.
L'avvento è tempo di strade. L'uomo d'avvento è quello che, dice il salmo, ha sentieri nel cuore, percorsi dai passi di Dio, e che a sua volta si mette in cammino: per riscoprirTi nell'ultimo povero, ritrovarTi negli occhi di un bimbo, vederTi piangere le lacrime nostre oppure sorridere come nessuno (D.M. Turoldo).
L'avvento è tempo di attenzione. Il Vangelo ricorda i giorni di Noè, quando «nei giorni che precedettero il diluvio gli uomini mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito e non si accorsero di nulla». Alimentarsi, sposarsi sono azioni della normalità originaria della vita. Sono impegnati a vivere, a semplicemente vivere. Con il rischio però che la routine non faccia avvertire la straordinarietà di ciò che sta per accadere: e non si accorsero di nulla. Loro, del diluvio; noi, dell'occasione di vita che è il Vangelo.
Lo senti che ad ogni pagina Gesù ripete: non vivere senza mistero! Ti prego: sotto il familiare scopri l'insolito, sotto il quotidiano osserva l'inspiegabile. Che ogni cosa che diciamo abituale, possa inquietarti (B. Brecht).
I giorni di Noè sono i giorni della superficialità: «Il vizio supremo della nostra epoca è di essere superficiale» (R. Panikkar). Invece occorre l'attenzione vigile delle sentinelle, allora ti accorgi della sofferenza che preme, della mano tesa, degli occhi che ti cercano e delle lacrime silenziose che vi tremano. E dei mille doni che i giorni recano, delle forze di bontà e di bellezza all'opera in ciascuno, ti accorgi di quanta luce, di quanto Dio vive in noi: «Il vostro male è di non rendervi conto di quanto siete belli!» (Dostoewski).
Avvento: tempo per attendere, perché qualcosa o qualcuno manca. Come i soldati romani detti «desiderantes» che, riferisce Giulio Cesare, attendevano vegliando sotto le stelle i compagni non ancora rientrati all'accampamento dopo la battaglia. Attendere è declinazione del verbo amare.
Avvento: tempo per desiderare e attendere quel Dio che viene, dice il Vangelo di oggi, con una metafora spiazzante, come un ladro. Che viene nel tempo delle stelle, in silenzio, senza rumore e clamore, senza apparenza, che non ruba niente e dona tutto. Si accorgono di lui i desideranti, quelli che vegliano in punta di cuore, al lume delle stelle, quelli dagli occhi profondi e trasparenti che sanno vedere quanto dolore e quanto amore, quanto Dio c'è, incamminato nel mondo. Anche Dio, fra le stelle, come un desiderante, accende la sua lucerna e attende che io mi incammini verso casa.
(Letture: Isaia 2,1-5; Salmo 121; Romani 13,11-14; Matteo 24,37-44)
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