Gesù pregava. Egli apparteneva a un popolo che sapeva pregare, il popolo che ha creato il Libro dei Salmi e ha trovato nella pratica di preghiera di Israele la norma che ha informato la sua stessa fede. La sua preghiera liturgica era improntata a modi e forme della preghiera giudaica del tempo, com'era vissuta nella liturgia sinagogale e nelle feste al Tempio di Gerusalemme (...) E' da tale fonte che Gesù ha tratto ispirazione per la sua capacità creativa. (...)
Grande rilievo ha, inoltre, la preghiera personale di Gesù. Il suo ministero pubblico è, infatti, intervallato da frequenti "ritiri", sopratutto durante la notte o al mattino presto, per pregare: «in luoghi deserti», «in disparte»,
«da solo», «sul monte» (Mt 14,23; Mc 1,35; 6,46; Lc 5,16; 9,18.28), in particolare, «secondo il suo solito, sul monte degli Ulivi» (Lc 22,39). Luca è l'evangelista che inisiste maggiormente sulla preghiera di Gesù, collegandola ai momenti salienti della sua vita e della sua missione (...).
Quella di Gesù è una preghiera personalissima, in cui egli si rivolge a Dio chiamandolo "Papà", con la sfumatura di particolare intimità e confidenza insita nel termine aramaico Abba: essa è porta d'accesso al mistero della sua personalità, tutta sotto il segno della filialità nei confronti del Padre amato. E a Gesù, che prega con insistenza e perseveranza, il Padre risponde entrando con lui in dialogo: «Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato» (Sal 2,7; Eb 1,5; cfr. Mc 1,11), parole che trovano nell'oggi della resurrezione il loro compimento (cfr. At 13, 32-33).