sabato 16 maggio 2015

Gli insegnamenti di Gesù sulla preghiera - Enzo Bianchi

Gesù pregava. Egli apparteneva a un popolo che sapeva pregare, il popolo che ha creato il Libro dei Salmi e ha trovato nella pratica di preghiera di Israele la norma che ha informato la sua stessa fede. La sua preghiera liturgica era improntata a modi e forme della preghiera giudaica del tempo, com'era vissuta nella liturgia sinagogale e nelle feste al Tempio di Gerusalemme (...) E' da tale fonte che Gesù ha tratto ispirazione per la sua capacità creativa. (...)
Grande rilievo ha, inoltre, la preghiera personale di Gesù. Il suo ministero pubblico è, infatti, intervallato da frequenti "ritiri", sopratutto durante la notte o al mattino presto, per pregare: «in luoghi deserti», «in disparte»,
«da solo», «sul monte» (Mt 14,23; Mc 1,35; 6,46; Lc 5,16; 9,18.28), in particolare, «secondo il suo solito, sul monte degli Ulivi» (Lc 22,39). Luca è l'evangelista che inisiste maggiormente sulla preghiera di Gesù, collegandola ai momenti salienti della sua vita e della sua missione (...).
Quella di Gesù è una preghiera personalissima, in cui egli si rivolge a Dio chiamandolo "Papà", con la sfumatura di particolare intimità e confidenza insita nel termine aramaico Abba: essa è porta d'accesso al mistero della sua personalità, tutta sotto il segno della filialità nei confronti del Padre amato. E a Gesù, che prega con insistenza e perseveranza, il Padre risponde entrando con lui in dialogo: «Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato» (Sal 2,7; Eb 1,5; cfr. Mc 1,11), parole che trovano nell'oggi della resurrezione il loro compimento (cfr. At 13, 32-33).
E' a partire dalla sua esperienza di preghiera che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli a pregare, e lo ha fatto attraverso un'interpretazione autorevole dell'insegnamento relativo alla preghiera contenuto nella Scrittura e nella tradizione da lui ricevuta. E' dunque essenziale alla preghiera autentica accolgiere i consigli per la preghiera dati da Gesù ai discepoli e e da questi ascoltati, conservati, consegnati alle comunità cristiane, quindi vissuti dai credenti fino ad essere depositati come Scrittura nei Vangeli. Queste indicazioni sono ancora oggi le linee spirituali e pastorali essenziali per la preghiera cristiana. Prima di esaminarle più da vicino, va ricordato che Gesù ha riassunto il suo insegnamento nell'orazione del "Padre nostro", definito giustamente "compendio di tutto il Vangelo" (Tertulliano). In verità il Pater noster (...) più che una formula rigida, costituisce ubna sintesi delle indicazioni di Gesù sparse come semi nei quattro vangeli: è una traccia (...) capace di ricapitolare l'essenziale della preghiera cristiana.

a) PRIMA DI PREGARE, RICONCILIATI CON IL TUO FRATELLO (cfr. Mt 5,23-24; Mc 11,25)
Nel momento stesso in cui il cristiano si rivolge a Dio chiamandolo Padre, deve essere consapevole che egli non compie da solo questa invocazione, ma la esprime insieme a dei fratelli: dice «Padre», ma subito aggiunge «nostro». (...) La riconciliazione con il fratello e l'amore che si spinge fino al nemico, fino alla volontà di fare il bene a chi ci fa del male (cfr. Lc 6,27): ecco l'atteggiamento che deve accompagnare l'inizio di ogni dialogo con il Signore. Se si dimentica questopreliminare, si depaupera gravemente la preghiera, fino a vanificarla. Lo scopo della preghiera, che è la comunione, è infatti contraddetto dalla situazione di divisione e di odio vissuta dall'orante: come si può pretendere di dialogare con Dio, che ci ha amati mentre eravamo nemici, e di parlare con lui che non si vede, se non si sa perdonare o non si vuole comunicare con il fratello che si vede (cfr. 1Gv 4,20)? (...)
 
b) QUANDO PREGHI, RITIRATI NELLA TUA CAMERA (Mt 6,6)
Il credente vive la sua fede nella comunità, la esprime nella liturgia [che ha il culmine nella celebrazione dell'Eucarestia] preghiera di tutta la Chiesa, e deve pregare insieme agli altri fratelli e sorelle, facendo della preghiera comune la migliore scuola di preghiera personale. (...)
La liturgia è, dunque, l'ambiente vitale in cui crescere nella fede e nella comunione con il Signore.
Tuttavia, la preghiera comune non è sufficiente: essa necessita dell'interiorizzazione, della gratuità di chi dà del tu a Dio personalmente, quando gli altri non sono fisicamente accanto a lui. Pregare nella solitudine, in disparte, non è una forma di individualismo, bensì la possibilità di incontrare Dio quali figli nel segreto del cuore, accettando su di sé quello sguardo penetrante del Dio che conosce, guarda, parla a ciascuno in modo irripetibile e unico. L'invito di Gesù a pregare nel segreto non è solo un antidoto all'ipocrisia di chi prega per essere visto e ammirato dagli altri (cfr. Mt 6,5), ma indica un modo di dialogo amoroso e intimo con Dio, "faccia a faccia" con l'Invisibile... Sì, la preghiera personale è l'occasione di rivolgersi a Dio con libertà, di accogliere nello svolgersi del tempo la sua Presenza, di percepire il suo approssimarsi, il suo stare alla porta e bussare (cfr. Ap 3,20), il suo visitarci con premura. Un orante che si nutre unicamente di preghiera comune rischia di fare di quest'ultima solo un'esperienza di appartenenza al gruppo, se non una sorta di esibizione di fronte agli altri...
Ebbene, oggi è proprio la preghiera personale ad essere maggiormente trascurata, e questa situazione rischia a lungo terminedi svuotare anche la verità della stessa preghiera liturgica. (...) Suonano come un monito ancora attuale le parole di Martin Buber: «Se credere in Dio significa poter parlare di lui in terza persona, non credo in Dio. Se credere in lui significa potergli parlare, allora credo in Dio» (...)

c) TUTTO CIO' CHE CHIEDERETE NEL MIO NOME LO FARO' (Gv 14,13)
Pregare è anche chiedere a Dio ciò di cui abbiamo bisogno, ma chiederlo nel Nome di Gesù. Questo da un lato significa unire la nostra preghiera a quella di Gesù, che «alla destra di Dio intercede per noi» (Rm 8,34; cfr. Eb 7,25); ma, sopratutto, accordare la nostra preghiera con la sua, cioè avere in noi gli stessi sentimenti e gli stessi pensieri che furono in lui. Fine della preghiera, infatti, è ottenere che noi facciamo la volontà di Dio, non che Dio faccia la nostra: non le nostre preghiere trasformano il disegno d'amore di Dio su di noi, ma sono i doni che Dio concede nella preghiera a trasformare noi e a mettereci in sintonia con la sua volontà! Ecco perché, se si prega nel Nome di Gesù - sconcertante ma vero - , si è già esauditi (cfr. Gv 15,16; 16, 23-24), avendo posto come primato su tutto la volontà di Dio che si compie in noi e in utte le creature del cielo e della terra: questo primato è stato la sete di Gesù lungo tutta la sua vita, è stato il suo cibo quotidiano (cfr. Gv 4,34)... A tale esaudimento occorre credere, perché tutto diventa possibile a colui che ha fede (cfr. Mc 9,23; 11,24; 1Gv 5,14-15) (...).

d) PREGARE CON UMILTA', COME IL PUBBLICANO (cfr Lc 18,9-14)
L'orgoglio, il disprezzo degli altri, la sopravvalutazione di se stessi sono tutti impedimenti alla preghiera; al contrario affermare con convinzione come il pubblicano della parabola «O Dio, abbi piteà di me, peccatore» (Lc 18,13), è la prima parola per rivolgersi a Dio. Nessuna auto-esaltazione è possibile di fronte al Dio tre volte Santo, ma solo la conoscenza del proprio peccato (...) Nel vangelo di Luca - come si è già accennato - il modello di tale disposizione interiore è il pubblicano, il peccatore giustificato perché presentatosi a Dio in quell'umiliazione che, sola, può èreludere all'umiltà (...)
La relazione tra Dio e l'uomo nella preghiera va posta nell'intima verità dei protagonisti di tale incontro: il Creatore e la creatura, il Padre prodigo d'amore e il figlio perduto e ritrovato, il Medico e il malato, il Santo e il peccatore.

e) PREGARE INSIEME, ACCORDANDOSI CON I FRATELLI (cfr. Mt 18, 19-20)
Se è vero che anche la preghiera solitaria dovrebbe essere fatta in comunione con tutta l'umanità, tale comunione deve essere la nostra preoccupazione principale nel momento della preghiera comune. Cristo Signore, infatti, ha assicurato la sua presenza in tale situazione «Dove sono due o tre riuniti nel mio Nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). L'accento specifico dell'esortazione di Gesù cade sul symphonein, sul far convergere le voci, che ha come esigenza l'accordarsi, il far convergere i cuori, ossia il compiere un cammino verso una comunione profonda di sentimenti, al fine di presentarsi insieme davanti a Dio. La preghiera "sinfonica" fatta sulla terra trova esaudimento nei cieli (cfr. Mt 18,19) (...) Nella preghiera, dunque, non si tratta solo di unire le voci in domande e azioni di grazie, ma di farlo unendo il cuore di tutti. Arte difficile quella dell'accordarsi, ma non si può pregare insieme senza questo cammino faticoso di riconoscimento dell'altro, della sua alterità, della sua differenza, dei suoi doni e del suo servizio nella Chiesa. (...)

 f) PREGARE CON FIDUCIA (cfr Mt 6, 7-8)
E' un consiglio importante che precede l'insegnamento del "Padre Nostro"; ma anche altrove Gesù afferma: «Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete»  (Mt 21,22). La pregheira cristiana non è come quella dei pagani che affaticano gli dèi moltiplicando le parole e confidando in esse; la nostra fiducia va posta in colui che ci parla e ci chiama alla preghiera: Dio, il Padre. 
La preghiera filiale non si misura, dunque, sulle ripetizioni e sulla lunghezza (cfr. Mc 12,40; Lc 20,47), ma sulla fede che la anima. Infatti, «il Padre nostro sa di quali cose abbiamo bisogno ancor prima che gliele chiediamo» (cfr. Mt 6,8.32), e nessun orante ha da temere che egli gli dia pietre al posto del pane (...) Nessuna paura per chi sa di essere figlio di Dio, per chi è certo di mettere la propria preghiera nelle mani di colui che è nostro avvocato presso il Padre (cfr. 1Gv 2,1). (...) Se anche la nostra coscienza ci rimproverasse, «Dio è più grande del nostro cuore» e ci permette di stare davanti a lui con parresia: senza questa franchezza non c'è vera preghiera cristiana perché essa è alla base della fiducia che anima il credente e la comunità cristiana nel suo insieme.

g) PREGARE SEMPRE, SENZA STANCARSI (cfr. Lc 18,1-8 e 21,34-36)
La preghiera richiede perseveranza, continuità. Più volte Gesù ha chiesto la preghiera senza interruzione. (...) Pregare sempre non significa imepgnarsi nel ripetere continuamente formule o invocazioni, ma vivere un'esistenza contrassegnata da quella che i Padri chiamavano memoria Dei, il ricordo costante di Dio (...). In altri termini, è questione di riconoscere che il Dio vivente è costantemente all'opera nella nostra esistenza e nella storia; di lottare per essere sempre consapevoli della presenza di Dio in noi, ossia della comunione che egli ci dona, perché la accogliamo e la condividiamo con tutti i nostri fratelli e sorelle.
Se c'è questa consapevolezza della presenza di Dio, allora lo Spirito Santo, che prega continuamente in noi, può invaderci talmente con la sua preghiera, da scavare a poco a poco in noi una sorgente d'acqua viva (cfr. Gv 7,38), un torrente che non si arresta. Così perveniamo a una preghiera continua, che non nasce da noi: è un flusso sotterraneo, un costante ricordo di Dio che ogni tanto emerge e diventa preghiera esplicita, ma che non ci abbandona mai. In tal modo possiamo anche farci voce di ogni creatura e di tutto il creato, perché l'universo è un oceano di preghiere che sale a Dio: preghiere inarticolate, gemiti rivolti al Creatore in attesa della manifestazione dei figli di Dio (cfr. Rm 8,19).

 
Enzo Bianchi
 tratto da "Perché pregare, come pregare" 

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