VI domenica di Pasqua Anno C
In quel
tempo, Gesù disse: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo
amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non
osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che
mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il
Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà
ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do
la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro
cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”.
Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più
grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi
crediate».
Enzo Bianchi: http://www.monasterodibose.it/content/view/3541/47/lang,it/
Ermes Ronchi: Se uno mi ama, osserverà la mia parola.
Affermazione così importante da essere ribadita subito al negativo: chi non
mi ama non osserva le mie parole, non riesce, non ce la può fare, non da
solo.
Una limpida constatazione: solo se ami il Signore, allora e solo
allora la sua Parola, il tuo desiderio e la tua volontà cominciano a coincidere.
Come si fa ad amare il Signore Gesù? L'amore verso di lui è un'emozione,
un gesto, molti gesti di carità, molte preghiere o sacrifici? No. Amare comincia
con una resa, con il lasciarsi amare. Dio non si merita, si accoglie.
Io sono
un campo dove circola vento, cade pioggia di vita, scoccano dardi di sole.
«Capisco che non posso fare affidamento sui pochi centesimi di amore che soli mi
appartengono, non bastano per quasi nulla. Nei momenti difficili, se non ci
fossi tu, Padre saldo, Figlio tenero, Spirito vitale, cosa potrei comprare con
le mie monetine?» (M. Marcolini).
Proprio come continua il Vangelo oggi: e
noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Noi siamo il cielo di
Dio, abitati da Dio intero, Padre Figlio e Spirito Santo. Un cielo trinitario è
dentro di noi. Ci hanno spesso insegnato che l'incontro con il Signore era il
premio per le nostre buone azioni. Il Vangelo però dice altro: se, come
Zaccheo, ti lasci incontrare dal Signore, allora sarà lui a trasformarti in
tutte le tue azioni.
Simone Weil usa questa delicata metafora: Le amiche
della sposa non conoscono i segreti della camera nuziale, ma quando vedono
l'amica diversa, gloriosa di vita nuova, con il grembo che s'inarca come una
vela, allora capiscono che a trasformarla è stato l'incontro d'amore. Ci è
rivolta qui una delle parole più liberanti di Gesù: il centro della fede non è
ciò che io faccio per Dio, ma ciò che Dio fa per me. Al centro non stanno le mie
azioni, buone o cattive, ma quelle di Dio, il Totalmente Altro che viene e mi
rende altro.
Il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede,
alla relazione affettuosa con Dio, allo stringersi a Lui come un bambino si
stringe al petto della madre e non la vuol lasciare, perché per lui è
vita.
Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi
ho detto. Una affermazione colma di bellissimi significati profetici. Due
verbi: Insegnare e Ricordare. Sono i due poli entro cui soffia lo
Spirito: la memoria cordiale dei grandi gesti di Gesù e l'apprendimento di nuove
sillabe divine; le parole dette «in quei giorni» e le nuove conquiste della
mente e dell'anima che lo Spirito induce. Colui che in principio covava le
grandi acque e si librava sugli abissi, continua ancora a covare le menti e a
librarsi, creatore, sugli abissi del cuore.
(Letture: Atti 15, 1-2.22-29;
Salmo 66; Apocalisse 21, 10-14.22-23; Giovanni 14. 23-29)
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