sabato 6 agosto 2011

Matteo 11,2-11: Domanda di Giovanni Battista e testimonianza che gli rende Gesù

(Lc 7,18-28) III Domenica di Avvento Anno A

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?».

Ermes Ronchi:
· Grande domanda che permane intatta: perseveriamo dietro il Vangelo o cerchiamo altrove? Giovanni è colto dal dubbio, eppure Gesù non perde niente della stima immensa che nutre per lui: «È il più grande!» I dubbi non diminuiscono la statura di questo gigante dello spirito. Ed è di conforto per tutti i nostri dubbi: io dubito, e Dio continua a volermi bene. Io dubito, e la fiducia di Dio resta intatta.
· Sei tu? Gesù non risponde con argomentazioni, ma con un elenco di fatti: ciechi, storpi, sordi, lebbrosi, guariscono, si rimettono in cammino hanno una seconda opportunità, la loro vita cambia. Dove il Signore tocca, porta vita, guarisce, fa fiorire. La risposta ai nostri dubbi è semplicemente questa: se l'incontro con Lui ha prodotto in me frutti buoni (gioia, coraggio, fiducia nella vita, apertura agli altri, speranza, altruismo). Se invece non sono cambiato, se sono sempre quello di prima, vuol dire che sto sbagliando qualcosa nel mio rapporto con il Signore.
· I fatti che Gesù elenca non hanno trasformato il mondo, eppure quei piccoli segni sono sufficienti perché noi non consideriamo più il mondo come un malato inguaribile. Gesù non ha mai promesso di risolvere i problemi della storia con i miracoli. Ha promesso qualcosa di più forte ancora: il miracolo del seme, la laboriosa costanza del seme. Con Cristo è già iniziato, ma come seme che diventerà albero, un tutt'altro modo di essere uomini. Un seme di fuoco è sceso dentro di noi e non si spegne. Sta a noi ora moltiplicare quei segni (voi farete segni ancora più grandi dei miei), mettendo tempo e cuore nell'aiutare chi soffre, nel curare ogni germoglio che spunta, come il contadino: Guardate l'agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra (Giacomo, II lettura).
· La fede è fatta di due cose: occhi che sanno vedere oltre l'inverno del presente, e la speranza laboriosa del contadino. Fino a che c'è fatica c'è speranza. Beato chi non trova in me motivo di scandalo. Gesù portava scandalo e lo porta oggi, a meno che non ci facciamo un Cristo a nostra misura e addomestichiamo il suo messaggio: non stava con la maggioranza, ha cambiato il volto di Dio e le regole del potere, ha messo la persona prima della legge e il prossimo al mio pari. E tutto con i mezzi poveri, e il più scandalosamente povero è stata la croce. Gesù: un uomo solo, con un pugno di amici, di fronte a tutti i mali del mondo. Beato chi lo sente come piccolo e fortissimo seme di luce, goccia di fuoco che vive e geme nel cuore dell'uomo. Unico miracolo di cui abbiamo bisogno.

Io:
· «Rallegratevi sempre nel Signore… il Signore è vicino» è l’annuncio di questa Terza Domenica di Avvento. Gesù ci libera dal male, ma noi, immersi nel peccato, facciamo fatica ad accorgercene e a lasciarlo agire nella nostra vita.
· Ritroviamo Giovanni il Battista, ma questa volta non grida nel deserto, bensì dal fondo di una prigione. Preparava l’arrivo del grande Messia promesso per liberare il popolo dai potenti, ed ecco che i potenti lo hanno azzittito mettendolo in prigione. Da qui la domanda drammatica che affida ai suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
· E’ una domanda che molti ancora oggi si fanno: “Se non ha cambiato il mondo, Gesù è il vero Messia?”. Questa domanda mette in discussione anche noi: nelle comunità cristiane “i ciechi vedono? Gli zoppi camminano? I sordi odono? I malati guariscono? I poveri vedono realizzata la “buona notizia” del Signore?”.
· Sono domande che vorrei rivolgere personalmente a ciascuno di noi per fare, attraverso le immagini di liberazione annunziate dal profeta Isaia e realizzate da Gesù, una revisione di vita, per renderci conto che spesso siamo noi i ciechi, gli zoppi, i lebbrosi e malati, i sordi, i morti e che solo rendendoci conto di questo possiamo invocare l’aiuto di Dio e rallegrarci per la liberazione ottenuta.
- siamo stati CIECHI? Incapaci di VEDERE la presenza di Dio nella nostra vita e nella nostra storia? Incapaci di vedere oltre le apparenze? Di vedere l’altro oltre i pregiudizi? Ci siamo lasciati accecare da tante IMMAGINI che, dalla TV alla playstation ad internet parlano di sesso e di violenza?
- Siamo stati ZOPPI? Incapaci di CAMMINARE lungo il sentiero della fede, della volontà di Dio? Incapaci di andare verso l’altro, soprattutto se povero, malato, emarginato o con un carattere difficile? Ci siamo lasciati azzoppare dall’EGOISMO e dalla PIGRIZIA che ci rendono flaccidi e immobili? Siamo sfiniti dalle tante corse verso il CONSUMISMO? Azzoppati dai tanti peccati che sono pietre d’inciampo che ci fanno cadere e ci impediscono di camminare verso Dio?
- Siamo stati SORDI? Sordi alla Parola di Dio e alle richieste di aiuto?
· E’ vero: spesso i nostri peccati ci rendono ciechi, zoppi, malati, sordi, morti. Ma Dio viene incontro ai nostri limiti e ci offre continuamente l’occasione per risanarci. Lo fa attraverso la Confessione , attraverso l’Eucaristia che è la medicina che ci guarisce, attraverso la Comunità che ci sostiene e ci stimola. Ma solo se siamo consapevoli di essere malati chiediamo aiuto ed evitiamo tutte quelle cose che aggravano la malattia.
· E proprio mentre Giovanni esce di scena, Gesù manifesta con solennità alle folle l’identità del Battista. Egli annuncia che Giovanni non è una canna sbattuta dal vento delle mode, né un potente che, avvolto in morbide vesti, sta nei palazzi del potere: egli è un profeta, anzi «è più di un profeta, è colui del quale sta scritto: "Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te"». Sì, Giovanni è il nuovo Elia, è l’Elia venuto e non riconosciuto, che con la sua vita e la sua morte ha aperto e annunciato l’Esodo definitivo, la salvezza portata dal Signore Gesù.
· Il nostro DESERTO, immagine di tutti i luoghi dove c’è miseria fisica e morale, ingiustizia, fame, malattia può RIFIORIRE attraverso la presenza di Dio. Questo diventa motivo per cambiare vita e RALLEGRARCI: Dio ci offre la SPERANZA : CORAGGIO, NON TEMETE!
· Il deserto è spesso accanto a noi, in ogni situazione di degrado e di emarginazione, dove la gente, priva di risorse e soprattutto di speranza, vaga incapace di trovare una meta e delle oasi dove dissetarsi: Dio ci chiede di agire e trasformare questo deserto, di farlo rifiorire, di rendere la nostra società un luogo accogliente. Per questo siamo invitati a “IRROBUSTIRE le mani fiacche, a rendere salde le ginocchia vacillanti”.
· Dio è presente e agisce, ma mai senza il nostro contributo. Dobbiamo essere allora COSTANTI e PAZIENTI come l’agricoltore che attende fiducioso (ma mai con le mani in mano) la stagione dei fiori e dei frutti. La pazienza non è rassegnazione, ma è CORAGGIO di lavorare pur sapendo che non avremo tutto e subito, che costa fatica e a volte le avversità mettono in crisi i nostri sforzi. L’opera di Dio è misteriosa, esige pazienza attiva, attesa fiduciosa. Dio è fedele, non delude.
· Con Gesù è cominciato un mondo nuovo: ciò che all’uomo era impossibile viene compiuto da Dio. Intorno a Gesù sta sorgendo una comunità di donne e uomini nuovi capaci di credere, sperare, amare, persone che trovano in Dio una rinnovata energia di vivere. Anche noi siamo chiamati ad essere i continuatori pazienti e coerenti di quella comunità che sta nascendo attorno a Gesù.

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