https://acasadicornelio.wordpress.com/2014/12/27/il-maschile-e-il-femminile-della-sequela-san-giovanni-evangelista/
‘…e vide e credette…’
La memoria di san Giovanni evangelista è occasione per mettere a fuoco i tratti della sequela così come è impersonata dai generi maschili e femminili dei discepoli stessi.
Giovanni, attraverso l’incontro di Gesù con alcuni personaggi del suo vangelo, ci presenta due forme di sequela: una al maschile e una al femminile, che poi danno origine a due forme di Chiesa: la Chiesa dell’ufficio e la Chiesa dell’amore. In realtà non si tratta di due Chiese ma dell’unica Chiesa nel suo duplice volto, quello ministeriale e quello comunionale.
Il maschile che si pone alla sequela di Gesù nella via del discepolato mostra dei suoi tratti peculiari:
– entusiasmo e curiosità non trattenuti, evidenti nei primi due discepoli che seguono il Messia;
– la chiusura nel proprio modo di comprendere la realtà, quando la novità del cammino non ha degli itinerari facilmente riconoscibili: Nicodemo, Natanaele, Pietro;
martedì 30 dicembre 2014
lunedì 22 dicembre 2014
Natale in compagnia di Giuseppe
Gianfranco Ravasi
Nonostante le stravaganze introdotte dal consumo dei "seria! televisivi", gli italiani continuano a privilegiare nei nomi assegnati ai loro figli quelli tradizionali (o almeno così si è fatto per lunghi decenni fino ai nostri giorni). Risulta, in tal modo, che all'anagrafe il nome maschile detentore del primato sia ancora l'antico e buon "Giuseppe", assegnato certamente sulla base di un rimando alla figura discreta e silenziosa dell'omonimo padre legale di Gesù. Abbiamo allora pensato dato che questo numero del Notiziario apparirà in connessione col mese natalizio – di proporre ai nostri lettori un'analisi essenziale dell'evento della nascita di Cristo da un angolo di visuale molto particolare, stando appunto in compagnia di Giuseppe. Il suo è un nome chiaramente ebraico che significa "Dio aggiunga!" o "che egli raduni!", un nome portato da altri sei personaggi biblici, tra i quali il più celebre è quel figlio di Giacobbe che fece fortuna in Egitto divenendo da schiavo viceré, così da trasformarsi, secoli dopo, nel protagonista del fluviale romanzo Giuseppe e i suoi fratelli di Thomas Mann.
giovedì 4 dicembre 2014
Le dieci parole del Signore: prima tavola. Interpretazione dei primi tre comandamenti, di Dietrich Bonhoeffer
Riprendiamo dal web un testo di D. Bonhoeffer manoscritto nel corso della prigionia a Tegel. Egli racconta che iniziò a scrivere il testo il 27 giugno 1944. Il testo è stato edito in italiano in D. Bonhoeffer, Venga il tuo regno, Queriniana, Brescia, 1988, pp. 43-61. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (1/12/2014)
In mezzo a tuoni, lampi, dense nubi, terremoti e terrificante squillare di tromba Dio manifesta al suo servo Mosè sul Monte Sinai i dieci comandamenti. Non si tratta del risultato di lunghe riflessioni di uomini saggi ed esperti della vita umana e dei suoi ordini: è la Parola rivelata di Dio, al cui suono la terra trema e gli elementi si scatenano. Non si tratta di una saggezza universale, offerta ad ogni uomo pensante, ma di un avvenimento sacro, al quale persino il popolo di Dio non può avvicinarsi pena la morte; di una rivelazione di Dio nella solitudine della vetta di un vulcano fumante: ecco come i dieci comandamenti entrano nel mondo.
lunedì 1 dicembre 2014
Mt 25,1-13: Enzo Bianchi medita la parabola delle dieci vergini. Vegliate!
Vegliate perchè non sapete nè il giorno nè l'ora
Roma, S. Maria in Traspontina, 21 novembre 2014
Vorrei innanzitutto esprimere la mia gioia di essere ancora una volta in mezzo a voi per leggere, meditare, pregare e contemplare insieme la Parola di Dio contenuta nelle Scritture, di cui i vangeli sono il cuore.
Questa sera mi è stato chiesto di meditare sulla parabola evangelica delle dieci vergini (Mt 25,1-13). Mi pare una scelta particolarmente felice, perché ci consente di fare l’unità tra i brani evangelici ascoltati nelle ultime domeniche del tempo ordinario (annata A) e l’Avvento ormai alle porte. Prima di venire al brano che ci interessa, cerchiamo dunque di collocarlo nel suo contesto, in modo da coglierlo in tutta la sua ricchezza di senso, per la nostra vita, qui e ora.
1. “Vegliate!”
venerdì 28 novembre 2014
Marco 13,33-37: I domenica di AVVENTO
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Spesso Gesù ci racconta parabole in cui un padrone (evidentemente Dio stesso) se ne và e lascia tutto nelle mani dei suoi servi (che dovremmo essere noi): mette il mondo nelle nostre mani, si fida di noi, ce lo affida.
E noi cosa facciamo? A volte ci sentiamo padroni di quello che ci viene affidato e spadroneggiamo sugli altri; spesso siamo distratti, addormentati, annoiati (come capita spesso a Messa) come se Dio fosse realmente lontano, assente e non debba da un momento all'altro tornare. Ci sembra che Dio non abbia molto da dire alla nostra vita, che possiamo cavarcela meglio senza di lui, che gli interessi che abbiamo nel frattempo trovato (divertimenti e distrazioni) siano molto più importanti.
Spesso Gesù ci racconta parabole in cui un padrone (evidentemente Dio stesso) se ne và e lascia tutto nelle mani dei suoi servi (che dovremmo essere noi): mette il mondo nelle nostre mani, si fida di noi, ce lo affida.
E noi cosa facciamo? A volte ci sentiamo padroni di quello che ci viene affidato e spadroneggiamo sugli altri; spesso siamo distratti, addormentati, annoiati (come capita spesso a Messa) come se Dio fosse realmente lontano, assente e non debba da un momento all'altro tornare. Ci sembra che Dio non abbia molto da dire alla nostra vita, che possiamo cavarcela meglio senza di lui, che gli interessi che abbiamo nel frattempo trovato (divertimenti e distrazioni) siano molto più importanti.
sabato 22 novembre 2014
Matteo 25,31-46: XXXIV Domenica del tempo ordinario: CRISTO RE
In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà
nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, sederà sul trono della sua gloria.
Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli
altri. (...) Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti
abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo
dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o
nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e
siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico:
tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli,
l'avete fatto a me”».
La solennità di Cristo Re viene a concludere un anno liturgico incentrato sulla sua esistenza: l’attesa del suo avvento (che prenderà il via domenica prossima, con il Vangelo di Marco che ci accompagnerà durante l’anno) e insieme del suo ritorno glorioso della Parusia. La sua incarnazione nel tempo del Natale, il suo ministero pubblico (con discorsi e miracoli) durante il tempo ordinario, la sua Passione, Morte e Resurrezione nel tempo della Quaresima e della Pasqua.
La solennità di Cristo Re viene a concludere un anno liturgico incentrato sulla sua esistenza: l’attesa del suo avvento (che prenderà il via domenica prossima, con il Vangelo di Marco che ci accompagnerà durante l’anno) e insieme del suo ritorno glorioso della Parusia. La sua incarnazione nel tempo del Natale, il suo ministero pubblico (con discorsi e miracoli) durante il tempo ordinario, la sua Passione, Morte e Resurrezione nel tempo della Quaresima e della Pasqua.
domenica 26 ottobre 2014
Matteo 22,34-40: XXX Domenica Tempo ordinario - Anno A
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i profeti».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i profeti».
“Al cuor non si
comanda” recita un detto popolare. Del
resto è possibile obbligare qualcuno ad amare?
Come spiegare
allora il duplice comandamento che Gesù ci presenta come “il più grnade”,
sintesi dei molteplici comandi e divieti contenuti nell’A.T. (se ne calcolavano
365, 1 per ogni giorno dell’anno)?
Certo se per amore
si intende solo il sentimento spontaneo, c’è poco da comandare. Ma l’amore non
coinvolge solo i sentimenti: l’amore è la realtà prima dell’uomo, il vero
bisogno di tutti (quello di amare e di sentirci amati) e ci coinvolge in
maniera completa, dunque anche la ragione e la volontà.
venerdì 17 ottobre 2014
Matteo 22,15-21: XXIX Domenica Tempo ordinario - A
Se iniziassimo a parlare di Renzi o
Berlusconi, di Grillo o di qualunque altro politico, dopo poco saremo divisi e
offesi dalle opinioni altrui. Un cristiano non può disinteressarsi della
politica, anche se spesso divide e mostra il suo volto peggiore, perché la
politica deve occuparsi del bene comune, della società e non possiamo amare gli
altri senza occuparci del loro (e del nostro) contesto socio-politico.
Gesù ci invita a dividere e distinguere
tra potere temporale e potere spirituale, riconoscendo il primato a Dio a cui
appartengono tutte le cose ed è Signore della storia.
Come mettere in trappola Gesù? Il metodo
migliore è quello di adularlo per poi spingerlo a prendere una posizione
politica: è giusto pagare le tasse ad un impero che ci ha occupato con la
violenza e ci sfrutta? Se avesse detto di si, avrebbe dovuto fare i conti con
il suo popolo e con i pugnali degli zeloti. Se avesse detto di no, sarebbe
stato denunciato alle autorità romane per sovversione e avrebbe dovuto fare i
conti con le loro spade.
giovedì 16 ottobre 2014
PREFAZIO DEGLI INVITATI ALLE NOZZE (XXVIII T.O./ A)
Il Signore sia con voi
E con il tuo SpiritoIn alto i nostri cuori
Sono rivolti al Signore
Rendiamo grazie al Signore nostro Dio
E’ cosa buona e giusta
E’ veramente cosa buona e
giusta
renderti sempre grazie perché
tu, o Dio, ci inviti al banchetto di nozze del tuo Figlio,
che è questa Eucarestia
che celebriamo nel giorno del Signore, la Domenica.
venerdì 10 ottobre 2014
Matteo 22,1-14: XXVIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
In quel tempo,
Gesù, riprese a parlare con parabole [...] e disse: «Il regno dei cieli è
simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi
servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò
di nuovo altri servi con quest'ordine: Dite agli invitati: "Ecco, ho
preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e
tutto è pronto; venite alle nozze!". Ma quelli non se ne curarono [...].
Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e
diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è
pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e
tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei
servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle
nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse
un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei
entrato qui senza l'abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai
servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e
stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Il significato della parabola è semplice: c’è un Re (Dio) che ha preparato la festa di nozze del figlio (Gesù, sposo dell’umanità). Gli invitati (il popolo d’Israele) hanno rifiutato l’invito, troppo preoccupati dei loro affari. Il Re non si arrende: manda i suoi servi (tutti coloro che collaborano con Dio) per invitare tutti coloro che avrebbero incontrato. La sala si riempie, è piena di cose buone da mangiare. Ma un tale non ha indossato l’abito nuziale (cioè non ha preso sul serio l’invito, è venuto mostrando poco rispetto) e viene cacciato dal re.
Il significato della parabola è semplice: c’è un Re (Dio) che ha preparato la festa di nozze del figlio (Gesù, sposo dell’umanità). Gli invitati (il popolo d’Israele) hanno rifiutato l’invito, troppo preoccupati dei loro affari. Il Re non si arrende: manda i suoi servi (tutti coloro che collaborano con Dio) per invitare tutti coloro che avrebbero incontrato. La sala si riempie, è piena di cose buone da mangiare. Ma un tale non ha indossato l’abito nuziale (cioè non ha preso sul serio l’invito, è venuto mostrando poco rispetto) e viene cacciato dal re.
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sabato 4 ottobre 2014
Matteo 21, 33-43: XXVII domenica del tempo ordinario, anno A
La VIGNA amata dal Signore (1L) rappresenta ciascuno di noi e il
popolo di Dio in generale.
La prima dimensione da sottolineare è, con Isaia, la passione
che Dio ha per la sua vigna: amata, vezzeggiata, curata. Non perde occasione
per mostrare il suo attaccamento amoroso nei confronti della sua creatura: “che
potevo fare di più per te che io non abbia fatto?”. Che mostra ben poca
gratitudine e corrisponde a tale amore con insofferenza e violenza.
Il padrone si aspettava un raccolto abbondante: il frutto della
giustizia, della rettitudine, della solidarietà. Si ritrova invece uva
inselvatichita: grida di oppressi, sangue e ingiustizia.
E’ chiaro il riferimento immediato di Gesù: parla ai capi del
popolo, ai responsabili religiosi. Hanno preteso di farsi padroni di ciò che
non è loro, ma è di Dio. Hanno disprezzato, fatto violenza, ucciso coloro che
il Padrone ha, negli anni, mandato loro come suo rappresentante (vedi
soprattutto i profeti). Ora si preparano ad uccidere il Figlio stesso del
Padrone (ovvero Gesù, che sta anticipando gli eventi che lo porteranno alla
morte di croce) pensando di diventare così unici eredi della vigna.
sabato 20 settembre 2014
Matteo 20,1-16: XXV del tempo ordinario, anno A
In quel tempo, Gesù disse ai
suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di
casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si
accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi
verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e
disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed
essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro:
(...) “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna
disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando
dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio,
ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che
avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel
ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone (...)».
Nel mondo che Dio sogna non ci sono disoccupati, ma qualche problema sindacale.
La prima immagine riguarda il padrone-Dio: esce incessantemente
per cercare collaboratori! E non tanto per necessità: anche quando il lavoro
giunge al termine continua ad invitare a raggiungere gli altri lavoranti, per
non lasciare disoccupato nessuno. Sembra uscire con l’intento di non lasciare a
mani vuote nessuno.
Perché Dio comprende bene il dramma di chi rimane senza un
lavoro, di chi rischia di perdere la stessa dignità sentendosi inutile,
rifiutato, incapace di provvedere alla sua vita e dunque, tanto più, della
propria famiglia.
venerdì 12 settembre 2014
Giovanni 3,13-17: ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Ad essere esaltata non può essere (ovviamente?) uno degli strumenti di morte più crudeli che l’umanità abbia creato. Ad essere esaltata è la Croce che Cristo ha trasformato da strumento di morte in strumento di vita, da strumento di vendetta a strumento di amore.
Così Dio aveva già fatto nell’Esodo: i serpenti avvelenavano e uccidevano un popolo sfiduciato e lamentoso. Al pentimento del popolo e all’intercessione di Mosè, Dio gli fa innalzare un serpente di bronzo su un palo perché chi lo vedesse potesse guarire. Gesù stesso ricorda a Nicodemo questo episodio, perché possa comprendere il gesto che stava per compiere.
Anche a noi, popolo sfiduciato e lamentoso, avvelenato dal peccato, Dio offre l’opportunità di guarire: guardando al Figlio che ha donato la vita per noi, siamo spinti ad uscire dal nostro egoismo, dai calcoli del nostro personale interesse.
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Ad essere esaltata non può essere (ovviamente?) uno degli strumenti di morte più crudeli che l’umanità abbia creato. Ad essere esaltata è la Croce che Cristo ha trasformato da strumento di morte in strumento di vita, da strumento di vendetta a strumento di amore.
Così Dio aveva già fatto nell’Esodo: i serpenti avvelenavano e uccidevano un popolo sfiduciato e lamentoso. Al pentimento del popolo e all’intercessione di Mosè, Dio gli fa innalzare un serpente di bronzo su un palo perché chi lo vedesse potesse guarire. Gesù stesso ricorda a Nicodemo questo episodio, perché possa comprendere il gesto che stava per compiere.
Anche a noi, popolo sfiduciato e lamentoso, avvelenato dal peccato, Dio offre l’opportunità di guarire: guardando al Figlio che ha donato la vita per noi, siamo spinti ad uscire dal nostro egoismo, dai calcoli del nostro personale interesse.
giovedì 4 settembre 2014
Chi era veramente san Luca (Ravasi)
di Gianfranco Ravasi, Avvenire, 4.9.14
Una tradizione leggendaria l’ha voluto pittore e a lui sono state attribuite alcune delle "Madonne nere" venerate in famosi santuari mariani. In realtà, se vogliamo cercare un’altra, vera, professione di Luca prima di divenire evangelista, dobbiamo rifarci a una nota della Lettera di Paolo ai Colossesi: «Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema» (4,14). Luca, dunque, esercitava la professione medica prima di avviarsi sulle strade dell’annunzio cristiano al seguito di Paolo. La sua presenza fa capolino in altri due scritti paolini. Nel biglietto dell’Apostolo a Filemone, Luca è definito «collaboratore» di Paolo (v. 24) e nella Seconda Lettera a Timoteo appare un elogio implicito quando Paolo afferma che «solo Luca è con me» (4, 11).
Medico, dunque, ma soprattutto evangelista, sia collaborando alla missione evangelizzatrice di Paolo sia componendo il suo Vangelo, il più lungo dei quattro, fatto com’è di ben 19.404 parole, il più ricco a livello di vocaboli (Luca usa ben 2.055 termini diversi), il più raffinato dal punto di vista stilistico, dotato di un prologo che ammicca a quelli dei grandi storici greci. I quadri più belli, dunque, Luca li ha dipinti non con il pennello ma con la sua penna. Egli è inoltre autore di un altro affresco grandioso, quello degli Atti degli Apostoli, un ritratto complesso, storico e teologico, della Chiesa delle origini nella quale dominano le figure di Pietro e Paolo.
Una tradizione leggendaria l’ha voluto pittore e a lui sono state attribuite alcune delle "Madonne nere" venerate in famosi santuari mariani. In realtà, se vogliamo cercare un’altra, vera, professione di Luca prima di divenire evangelista, dobbiamo rifarci a una nota della Lettera di Paolo ai Colossesi: «Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema» (4,14). Luca, dunque, esercitava la professione medica prima di avviarsi sulle strade dell’annunzio cristiano al seguito di Paolo. La sua presenza fa capolino in altri due scritti paolini. Nel biglietto dell’Apostolo a Filemone, Luca è definito «collaboratore» di Paolo (v. 24) e nella Seconda Lettera a Timoteo appare un elogio implicito quando Paolo afferma che «solo Luca è con me» (4, 11).
Medico, dunque, ma soprattutto evangelista, sia collaborando alla missione evangelizzatrice di Paolo sia componendo il suo Vangelo, il più lungo dei quattro, fatto com’è di ben 19.404 parole, il più ricco a livello di vocaboli (Luca usa ben 2.055 termini diversi), il più raffinato dal punto di vista stilistico, dotato di un prologo che ammicca a quelli dei grandi storici greci. I quadri più belli, dunque, Luca li ha dipinti non con il pennello ma con la sua penna. Egli è inoltre autore di un altro affresco grandioso, quello degli Atti degli Apostoli, un ritratto complesso, storico e teologico, della Chiesa delle origini nella quale dominano le figure di Pietro e Paolo.
sabato 19 luglio 2014
Matteo 13, 24-43: XVI Domenica T.O. (A)
In quel tempo, Gesù espose alla folla un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero:
(...) "Da dove viene la zizzania?". Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo!". E i servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a raccoglierla?". "No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano" (...)».
Ermes Ronchi: Conquistare anche noi lo sguardo di Dio, che non si posa mai per prima cosa sul male o sul peccato di una persona, ma privilegia il bene. Quel campo seminato di buon seme e assediato dalle erbacce è il nostro cuore. I servi dicono: Andiamo e sradichiamo la zizzania. Il padrone del campo li blocca: No, rischiate di strapparmi anche il buon grano! L'uomo violento che è in noi dice: strappa subito da te tutto ciò che è immaturo, sbagliato, puerile, cattivo. Invece il Signore dice: abbi pazienza, non agire con violenza, perché il tuo spirito è capace di grandi cose solo se ha grandi valori.
(...) "Da dove viene la zizzania?". Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo!". E i servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a raccoglierla?". "No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano" (...)».
Ermes Ronchi: Conquistare anche noi lo sguardo di Dio, che non si posa mai per prima cosa sul male o sul peccato di una persona, ma privilegia il bene. Quel campo seminato di buon seme e assediato dalle erbacce è il nostro cuore. I servi dicono: Andiamo e sradichiamo la zizzania. Il padrone del campo li blocca: No, rischiate di strapparmi anche il buon grano! L'uomo violento che è in noi dice: strappa subito da te tutto ciò che è immaturo, sbagliato, puerile, cattivo. Invece il Signore dice: abbi pazienza, non agire con violenza, perché il tuo spirito è capace di grandi cose solo se ha grandi valori.
giovedì 3 luglio 2014
Mt 11, 25-30: XIV Domenica del Tempo Ordinario Anno A
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. [...] Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Ermes Ronchi: Ti rendo lode, Padre... il Vangelo registra uno di quegli slanci improvvisi che accendevano di esultanza e di stupore gli incontri di Gesù: i piccoli lo capiscono, capiscono il segreto del vivere. Sono i piccoli di cui è pieno il Vangelo: poveri, malati, vedove, bambini, i preferiti da Dio. Rappresentano l'uomo senza qualità che Dio accoglie nelle sue qualità.
Perché hai rivelato queste cose ai piccoli... Le cose rivelate non si possono recintare in una dottrina, non costituiscono un sistema di pensiero. Gesù è venuto per mostrare, per raccontare la rivoluzione della tenerezza di Dio (papa Francesco), nucleo originario e freschezza perenne del suo Vangelo.
Questa rivoluzione della tenerezza, Dio al fianco dei piccoli, è la vera lingua universale, l'unica lingua comune ad ogni persona, in ogni epoca, su tutta la terra. Un piccolo capisce subito l'essenziale: se gli vuoi bene o no. In fondo è questo il segreto semplice della vita. Non ce n'è un altro, più profondo. I piccoli, i peccatori, gli ultimi della fila, le periferie del mondo hanno capito che in questa rivoluzione della tenerezza sta il segreto di Dio.
Ermes Ronchi: Ti rendo lode, Padre... il Vangelo registra uno di quegli slanci improvvisi che accendevano di esultanza e di stupore gli incontri di Gesù: i piccoli lo capiscono, capiscono il segreto del vivere. Sono i piccoli di cui è pieno il Vangelo: poveri, malati, vedove, bambini, i preferiti da Dio. Rappresentano l'uomo senza qualità che Dio accoglie nelle sue qualità.
Perché hai rivelato queste cose ai piccoli... Le cose rivelate non si possono recintare in una dottrina, non costituiscono un sistema di pensiero. Gesù è venuto per mostrare, per raccontare la rivoluzione della tenerezza di Dio (papa Francesco), nucleo originario e freschezza perenne del suo Vangelo.
Questa rivoluzione della tenerezza, Dio al fianco dei piccoli, è la vera lingua universale, l'unica lingua comune ad ogni persona, in ogni epoca, su tutta la terra. Un piccolo capisce subito l'essenziale: se gli vuoi bene o no. In fondo è questo il segreto semplice della vita. Non ce n'è un altro, più profondo. I piccoli, i peccatori, gli ultimi della fila, le periferie del mondo hanno capito che in questa rivoluzione della tenerezza sta il segreto di Dio.
mercoledì 2 luglio 2014
Omelia per il matrimonio di Livio e Lucia
Carissimi Livio e Lucia e carissimi tutti,
agli occhi del mondo, considerando quanto succede attorno a
noi, la vostra può apparire come una scelta eroica o da illusi, rischiosa, da
sprovveduti o da coraggiosi. Amarsi per sempre! Fedeli per sempre! Come si fa a
promettersi una cosa del genere? Chi lo sa cosa può aspettarsi dal futuro? Chi
può prevedere quali saranno i propri sentimenti nel futuro? E- tanto più –
quelli dell’altro?
Molto più semplice è la scelta di convivere, di condividere
un tratto di strada finché c’è l’amore che ci unisce e la mancanza di amore non
ci separi.
venerdì 20 giugno 2014
Gv 6,51-58: Santissimo Corpo e Sangue di Cristo Anno A
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita [...]».
Ermes Ronchi: Io sono il pane vivo: Gesù è stato geniale a scegliere il simbolo del pane. Il pane è una realtà santa perché fa vivere, e che l'uomo viva è la prima legge di Dio e nostra.
Il pane mostra come la vita dell'uomo è indissolubilmente legata ad un po' di materia, dipende sempre da un poco di pane, di acqua, di aria, cose semplici che confinano con il mistero e il sublime.
Le cose semplici sono le più divine: questo è proprio il genio del cristianesimo. In esso Dio e uomo non si oppongono più, materia e spirito si abbracciano e sconfinano l'uno nell'altro. È come se il movimento dell'incarnazione continuasse ogni giorno. Non dobbiamo disprezzare mai la terra, la materialità, perché in esse scende una vocazione divina: assicurare la vita, il dono più prezioso di Dio.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
Ermes Ronchi: Io sono il pane vivo: Gesù è stato geniale a scegliere il simbolo del pane. Il pane è una realtà santa perché fa vivere, e che l'uomo viva è la prima legge di Dio e nostra.
Il pane mostra come la vita dell'uomo è indissolubilmente legata ad un po' di materia, dipende sempre da un poco di pane, di acqua, di aria, cose semplici che confinano con il mistero e il sublime.
Le cose semplici sono le più divine: questo è proprio il genio del cristianesimo. In esso Dio e uomo non si oppongono più, materia e spirito si abbracciano e sconfinano l'uno nell'altro. È come se il movimento dell'incarnazione continuasse ogni giorno. Non dobbiamo disprezzare mai la terra, la materialità, perché in esse scende una vocazione divina: assicurare la vita, il dono più prezioso di Dio.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
giovedì 12 giugno 2014
Giovanni 3,16-18: Santissima Trinità - Anno A
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».
Ermes Ronchi: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio...». Versetto decisivo, centro del Vangelo di Giovanni, la rivelazione più profonda del volto di Dio, parole da riassaporare ogni giorno e alle quali aggrapparci forte nel passaggio supremo: Dio ha tanto amato. A queste parole la notte si illumina, qui possiamo rinascere alla fiducia, alla speranza, alla serena pace, alla voglia di amare e di vivere.
La rivelazione di Gesù è questa: Dio ha considerato il mondo, ogni essere vivente, ha considerato te, più importante di se stesso. Non solo l'uomo, è il mondo che è amato, la terra e gli animali e le piante e la creazione intera. E se egli ha amato il mondo, anch'io voglio amare questa terra. Custodire e coltivare persone e tante altre creature, piccole o grandi, perché tutte vivano e fioriscano: il mondo come il grande giardino di Dio e noi i suoi piccoli «giardinieri planetari».
Dio ha tanto amato: anche noi come lui abbiamo bisogno di amare tanto per stare bene. Noi e lui ci assomigliamo. Allora tutti i gesti di cura, di tenerezza, di amicizia verso ogni cosa che vive, ci avvicinano all'assoluto di Dio, rivelano il volto di Dio.
Ermes Ronchi: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio...». Versetto decisivo, centro del Vangelo di Giovanni, la rivelazione più profonda del volto di Dio, parole da riassaporare ogni giorno e alle quali aggrapparci forte nel passaggio supremo: Dio ha tanto amato. A queste parole la notte si illumina, qui possiamo rinascere alla fiducia, alla speranza, alla serena pace, alla voglia di amare e di vivere.
La rivelazione di Gesù è questa: Dio ha considerato il mondo, ogni essere vivente, ha considerato te, più importante di se stesso. Non solo l'uomo, è il mondo che è amato, la terra e gli animali e le piante e la creazione intera. E se egli ha amato il mondo, anch'io voglio amare questa terra. Custodire e coltivare persone e tante altre creature, piccole o grandi, perché tutte vivano e fioriscano: il mondo come il grande giardino di Dio e noi i suoi piccoli «giardinieri planetari».
Dio ha tanto amato: anche noi come lui abbiamo bisogno di amare tanto per stare bene. Noi e lui ci assomigliamo. Allora tutti i gesti di cura, di tenerezza, di amicizia verso ogni cosa che vive, ci avvicinano all'assoluto di Dio, rivelano il volto di Dio.
giovedì 5 giugno 2014
Giovanni 20, 19-23: Domenica di Pentecoste - Anno A
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Ermes Ronchi: Mentre erano chiuse le porte del luogo per paura dei Giudei... Accade sempre così quando agisci seguendo le tue paure: la vita si chiude. La paura è la paralisi della vita. I discepoli hanno paura anche di se stessi, di come lo hanno rinnegato. E tuttavia Gesù viene. È una comunità dalle porte e finestre sbarrate, dove manca l'aria e si respira dolore, una comunità che si sta ammalando. E tuttavia Gesù viene. Papa Francesco continua a ripetere che una chiesa chiusa, ripiegata su se stessa, che non si apre, è una chiesa malata. Eppure Gesù viene. Viene in mezzo ai suoi, prende contatto con le loro paure, con i loro limiti, senza temerli. Sa gestire la nostra imperfezione.
Mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Ermes Ronchi: Mentre erano chiuse le porte del luogo per paura dei Giudei... Accade sempre così quando agisci seguendo le tue paure: la vita si chiude. La paura è la paralisi della vita. I discepoli hanno paura anche di se stessi, di come lo hanno rinnegato. E tuttavia Gesù viene. È una comunità dalle porte e finestre sbarrate, dove manca l'aria e si respira dolore, una comunità che si sta ammalando. E tuttavia Gesù viene. Papa Francesco continua a ripetere che una chiesa chiusa, ripiegata su se stessa, che non si apre, è una chiesa malata. Eppure Gesù viene. Viene in mezzo ai suoi, prende contatto con le loro paure, con i loro limiti, senza temerli. Sa gestire la nostra imperfezione.
Mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
venerdì 30 maggio 2014
Cercare la Storia anche leggendo la Bibbia
Torniamo a parlare della storicità della Bibbia. Lo abbiamo fatto recentemente quando la femminista Vanna Vannuccini, su“Repubblica”, ha pensato di intervistare l’archeologo Zeev Herzog, professore alla Facoltà di archeologia di Tel Aviv, secondo il quale l’archeologia smentirebbe la veridicità storica della Bibbia.
Innanzitutto occorre osservare che quando “Repubblica” parla di Bibbia in realtà intende l’Antico Testamento, il quale -lo abbiamo già scritto- non ha alcuna pretesa di essere un documento storico o scientifico, ma solamente morale. Tuttavia, gli studiosi hanno rilevato che i profeti si sono sempre serviti di un contesto, a volte immaginario e altre volte storicamente attendibile. In ogni caso il prof. Herzog si è concentrato esclusivamente nel tentare di negare le mura di Gerico, i fatti dell’Esodo e il regno di Davide e Salomone, anche se avesse ragione sarebbe lontano dall’aver “smentito l’Antico Testamento”. La sua, comunque, è una posizione certamente minoritaria nel mondo scientifico, oltre che smentita dalle recenti scoperte. Abbiamo risposto a tutto , citando queste scoperte, nel nostro articolo già pubblicato.
giovedì 29 maggio 2014
Matteo 28, 16-20: Ascensione del Signore - Anno A
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Ermes Ronchi: Chi è colui che sale al cielo? Il Dio che ha preso per sé la croce per offrirmi in ogni mio patire scintille di risurrezione, per aprire crepe nei muri delle mie prigioni: mio Dio, esperto di evasioni!
Gesù lascia sulla terra il quasi niente: undici uomini impauriti e confusi, un piccolo nucleo di donne coraggiose e fedeli, che lo hanno seguito per tre anni, non hanno capito molto ma lo hanno molto amato e non lo dimenticheranno.
E proprio a questi, che dubitano ancora, alla nostra fragilità affida il mondo e il Vangelo. Con un atto di enorme fiducia: crede che noi, che io riuscirò ad essere lievito e forse perfino fuoco; a contagiare di Vangelo e di nascite chi mi è affidato. Mi spinge a pensare in grande, a guardare lontano: il mondo è tuo.
Ermes Ronchi: Chi è colui che sale al cielo? Il Dio che ha preso per sé la croce per offrirmi in ogni mio patire scintille di risurrezione, per aprire crepe nei muri delle mie prigioni: mio Dio, esperto di evasioni!
Gesù lascia sulla terra il quasi niente: undici uomini impauriti e confusi, un piccolo nucleo di donne coraggiose e fedeli, che lo hanno seguito per tre anni, non hanno capito molto ma lo hanno molto amato e non lo dimenticheranno.
E proprio a questi, che dubitano ancora, alla nostra fragilità affida il mondo e il Vangelo. Con un atto di enorme fiducia: crede che noi, che io riuscirò ad essere lievito e forse perfino fuoco; a contagiare di Vangelo e di nascite chi mi è affidato. Mi spinge a pensare in grande, a guardare lontano: il mondo è tuo.
giovedì 22 maggio 2014
Giovanni 14,15-21: VI domenica di Pasqua - Anno A
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi (...)».
Ermes Ronchi: Se mi amate osserverete i miei comandamenti. Tutto comincia con una parola carica di delicatezza e di rispetto: se mi amate... “Se”: un punto di partenza così umile, così libero, così fiducioso. Non si tratta di una ingiunzione (dovete osservare) ma di una constatazione: se amate, entrerete in un mondo nuovo.
Lo sappiamo per esperienza: se ami si accende un sole, le azioni si caricano di forza e di calore, di intensità e di gioia. Fiorisce la vita come un fiore spontaneo.
Ermes Ronchi: Se mi amate osserverete i miei comandamenti. Tutto comincia con una parola carica di delicatezza e di rispetto: se mi amate... “Se”: un punto di partenza così umile, così libero, così fiducioso. Non si tratta di una ingiunzione (dovete osservare) ma di una constatazione: se amate, entrerete in un mondo nuovo.
Lo sappiamo per esperienza: se ami si accende un sole, le azioni si caricano di forza e di calore, di intensità e di gioia. Fiorisce la vita come un fiore spontaneo.
lunedì 19 maggio 2014
Fil 1,21: Gesù la mia vita (Anselm Grün)
Nella lettera ai Filippesi Paolo scrive: «Per me infatti vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). Qual è l'esperienza di Gesù che Paolo ha fatto per arrivare a scrivere questa frase?
Per gli esegeti questa frase è oggetto di discussione: si chiedono infatti quale sia il soggetto e quale il predicato. Originariamente il soggetto era «vivere»: «Per me vivere è Cristo. Vivere consiste in Cristo». Cristo e la vita sono per Paolo identici, a tal punto da essere intercambiabili. Senza Cristo la sua vita non è vera vita. E tutto ciò che è vera vita egli l'ha trovato in Cristo. Senza Cristo tutto è morto, è solo apparenza.
giovedì 15 maggio 2014
Giovanni 14, 1-12: V domenica di Pasqua - Anno A
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita». (...)
Ermes Ronchi: Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fiducia. L'invito del Maestro ad assumere questi due atteggiamenti vitali a fondamento del nostro rapporto di fede: un «no» gridato alla paura e un «sì» consegnato alla fiducia. Due atteggiamenti del cuore che sono alla base anche di qualsiasi rapporto fecondo, armonioso, esatto con ogni forma di vita. Ad ogni mattino, ad ogni risveglio, un angelo ripete a ciascuno le due parole: non avere paura, abbi fiducia. Noi tutti ci umanizziamo per relazioni di fiducia, a partire dai nostri genitori; diventiamo adulti perché costruiamo un mondo di rapporti umani edificati non sulla paura ma sulla fiducia. La fede religiosa (atto umanissimo, vitale, che tende alla vita) poggia sull'atto umano del credere, e se oggi è in crisi, ciò è accaduto perché è entrato in crisi l'atto umano dell'aver fiducia negli altri, nel mondo, nel futuro, nelle istituzioni, nell'amore. In un mondo di fiducia rinnovata, anche la fede in Dio troverà respiro nuovo.
Ermes Ronchi: Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fiducia. L'invito del Maestro ad assumere questi due atteggiamenti vitali a fondamento del nostro rapporto di fede: un «no» gridato alla paura e un «sì» consegnato alla fiducia. Due atteggiamenti del cuore che sono alla base anche di qualsiasi rapporto fecondo, armonioso, esatto con ogni forma di vita. Ad ogni mattino, ad ogni risveglio, un angelo ripete a ciascuno le due parole: non avere paura, abbi fiducia. Noi tutti ci umanizziamo per relazioni di fiducia, a partire dai nostri genitori; diventiamo adulti perché costruiamo un mondo di rapporti umani edificati non sulla paura ma sulla fiducia. La fede religiosa (atto umanissimo, vitale, che tende alla vita) poggia sull'atto umano del credere, e se oggi è in crisi, ciò è accaduto perché è entrato in crisi l'atto umano dell'aver fiducia negli altri, nel mondo, nel futuro, nelle istituzioni, nell'amore. In un mondo di fiducia rinnovata, anche la fede in Dio troverà respiro nuovo.
lunedì 12 maggio 2014
A chi ha, sarà dato: doti spirituali da far fiorire
"A chiunque ha, sarà dato
e sarà nell'abbondanza.
Ma a chi non ha, sarà tolto
anche quello che ha"
(Matteo 25, 29)
e sarà nell'abbondanza.
Ma a chi non ha, sarà tolto
anche quello che ha"
(Matteo 25, 29)
di Gianfranco Ravasi
È la seconda volta che Gesù pronuncia una simile frase sconcertante, che sembrerebbe giustificare l’accumulo capitalistico che spesso sottrae il poco che è di tante persone per arricchire pochi. Anche la parabola che precede questa dichiarazione sembra andare in una direzione simile. In scena ci sono alcuni amministratori con dotazioni enormi di ricchezza affidate loro in gestione: cinque o due talenti, una cifra imponente legata a quantità d’oro (dai 35 ai 26 chili secondo le varie epoche storiche).
Costoro riescono a raddoppiare i beni monetari assegnati. C’è poi un amministratore che ha ricevuto un solo talento e alla fine, non essendo riuscito a raddoppiarlo con investimenti, è privato anche di esso.
In realtà Gesù ricorre a un’immagine della vita sociale per dedurre un messaggio simbolico di indole religiosa o morale.
Costoro riescono a raddoppiare i beni monetari assegnati. C’è poi un amministratore che ha ricevuto un solo talento e alla fine, non essendo riuscito a raddoppiarlo con investimenti, è privato anche di esso.
In realtà Gesù ricorre a un’immagine della vita sociale per dedurre un messaggio simbolico di indole religiosa o morale.
mercoledì 7 maggio 2014
Giovanni 10, 1-10: IV Domenica di Pasqua - Anno A
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. (...) ».
Ermes Ronchi:
Il buon pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome. Io sono un chiamato, con il mio nome unico pronunciato da lui come nessun altro sa fare, con il mio nome al sicuro nella sua bocca, tutta la mia persona al sicuro con lui. E le conduce fuori. Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi ma degli spazi aperti, di liberi pascoli
Ermes Ronchi:
Il buon pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome. Io sono un chiamato, con il mio nome unico pronunciato da lui come nessun altro sa fare, con il mio nome al sicuro nella sua bocca, tutta la mia persona al sicuro con lui. E le conduce fuori. Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi ma degli spazi aperti, di liberi pascoli
venerdì 2 maggio 2014
Luca 24, 13-35: III domenica di Pasqua - Anno A
Ed ecco, in quello stesso giorno (il primo della settimana) due dei (discepoli) erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. (...)
Ermes Ronchi: La strada da Gerusalemme a Emmaus è metafora delle nostre vite, racconta sogni in cui avevamo tanto investito e che hanno fatto naufragio, bandiere ammainate alle prime delusioni. I due discepoli abbandonano la città di Dio per il loro villaggio, escono dalla grande storia e rientrano nella normalità del quotidiano. Tutto finito, si chiude, si torna a casa. Ed ecco Gesù si avvicinò e camminava con loro. Se ne stanno andando e lui li raggiunge. Con Dio succede questa cosa controcorrente: non accetta che ci arrendiamo, Dio non permette che abbandoniamo il campo. Con Dio c'è sempre un dopo.
Ermes Ronchi: La strada da Gerusalemme a Emmaus è metafora delle nostre vite, racconta sogni in cui avevamo tanto investito e che hanno fatto naufragio, bandiere ammainate alle prime delusioni. I due discepoli abbandonano la città di Dio per il loro villaggio, escono dalla grande storia e rientrano nella normalità del quotidiano. Tutto finito, si chiude, si torna a casa. Ed ecco Gesù si avvicinò e camminava con loro. Se ne stanno andando e lui li raggiunge. Con Dio succede questa cosa controcorrente: non accetta che ci arrendiamo, Dio non permette che abbandoniamo il campo. Con Dio c'è sempre un dopo.
giovedì 24 aprile 2014
Giovanni 20, 19-31: II Domenica di Pasqua - Anno A
(...) Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro.
Vedi anche i precedenti post: http://labibbiaelavita.blogspot.it/search/label/Gv.20.19-31
Ermes Ronchi: I discepoli erano chiusi in casa per paura dei Giudei. Hanno tradito, sono scappati, hanno paura: che cosa di meno affidabile di quel gruppetto allo sbando? E tuttavia Gesù viene. Una comunità dove non si sta bene, porte e finestre sbarrate, dove manca l'aria. E tuttavia Gesù viene. Non al di sopra, non ai margini, ma, dice il Vangelo «in mezzo a loro». E dice: Pace a voi. Non si tratta di un augurio o di una promessa, ma di una affermazione: la pace è. È scesa dentro di voi, è iniziata e viene da Dio. È pace sulle vostre paure, sui vostri sensi di colpa, sui sogni non raggiunti, sulle insoddisfazioni che scolorano i giorni. Poi dice a Tommaso: Metti qui il tuo dito; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco.
Vedi anche i precedenti post: http://labibbiaelavita.blogspot.it/search/label/Gv.20.19-31
Ermes Ronchi: I discepoli erano chiusi in casa per paura dei Giudei. Hanno tradito, sono scappati, hanno paura: che cosa di meno affidabile di quel gruppetto allo sbando? E tuttavia Gesù viene. Una comunità dove non si sta bene, porte e finestre sbarrate, dove manca l'aria. E tuttavia Gesù viene. Non al di sopra, non ai margini, ma, dice il Vangelo «in mezzo a loro». E dice: Pace a voi. Non si tratta di un augurio o di una promessa, ma di una affermazione: la pace è. È scesa dentro di voi, è iniziata e viene da Dio. È pace sulle vostre paure, sui vostri sensi di colpa, sui sogni non raggiunti, sulle insoddisfazioni che scolorano i giorni. Poi dice a Tommaso: Metti qui il tuo dito; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco.
giovedì 17 aprile 2014
Giovanni 20, 1-9: Domenica di Pasqua - Anno A
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. (...)
Ermes Ronchi: A Pasqua, un Vangelo dove tutto si colora di urgenza e di passione. Urgenza del seme che si apre, del masso che rotola via, e il sepolcro vuoto e risplendente nel fresco dell'alba è come un grembo che ha partorito, come il guscio di un seme aperto.
Passione che sorregge quel lungo correre di tutti nell'alba, corre Maria, corrono Pietro e Giovanni, perché l'amore ha sempre fretta; passione come lacrime, quelle di Maddalena, che non si rassegna all'evidenza della morte. Amare è dire: tu non morirai (G. Marcel).
Il Vangelo accompagna passo passo il disvelarsi della fede, che prende avvio da un corpo assente: dove l'avete portato? Io andrò a prenderlo... io, piccola donna e immenso cuore; io, deboli braccia e indomito amore. Poi la prima parola del Risorto, umile, commovente, che incanta ancora: «Donna, perché piangi?» Il Dio del cielo si nasconde nel riflesso più profondo delle lacrime. E quando parla, la sua voce trema: non piangere, amica mia.
Ermes Ronchi: A Pasqua, un Vangelo dove tutto si colora di urgenza e di passione. Urgenza del seme che si apre, del masso che rotola via, e il sepolcro vuoto e risplendente nel fresco dell'alba è come un grembo che ha partorito, come il guscio di un seme aperto.
Passione che sorregge quel lungo correre di tutti nell'alba, corre Maria, corrono Pietro e Giovanni, perché l'amore ha sempre fretta; passione come lacrime, quelle di Maddalena, che non si rassegna all'evidenza della morte. Amare è dire: tu non morirai (G. Marcel).
Il Vangelo accompagna passo passo il disvelarsi della fede, che prende avvio da un corpo assente: dove l'avete portato? Io andrò a prenderlo... io, piccola donna e immenso cuore; io, deboli braccia e indomito amore. Poi la prima parola del Risorto, umile, commovente, che incanta ancora: «Donna, perché piangi?» Il Dio del cielo si nasconde nel riflesso più profondo delle lacrime. E quando parla, la sua voce trema: non piangere, amica mia.
lunedì 14 aprile 2014
Matteo 5,1-12: L'uomo delle beatitudini
Le beatitudini assumono nel vangelo di Matteo il valore di una Magna charta
Le beatitudini, presenti anche nel vangelo di Luca (6,20-23), assumono nel vangelo di Matteo il valore di una Magna charta. Esse acquistano un'importanza eccezionale e una rilevanza preminente all'interno dell'insegnamento di Gesù non solo perché sono collocate come un frontespizio nel primo dei cinque grandi discorsi (Mt 5,1-12), ma anche perché la loro forma, la loro scansione ritmata, e principalmente il loro contenuto fortemente evocativo rendono il testo di particolare incidenza per il lettore.
giovedì 10 aprile 2014
Matteo 26, 14-27-66: Domenica delle palme Anno A
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnare Gesù. (...)
Ermes Ronchi: Il racconto della morte di Gesù in croce è la lettura più bella e regale di tutto l'anno. E mentre i credenti di tutte le fedi invocano Dio nei giorni della loro sofferenza, ora i cristiani vanno a Dio nei giorni della sua sofferenza (Bonhoeffer).
La croce è l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. "Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce" (non è un semplice devoto a dirlo, ma Karl Rahner, uno tra i più grandi teologi del '900).
E vedo un uomo nudo inchiodato e morente. Un uomo con le braccia spalancate in un abbraccio che non si rinnegherà in eterno. Vedo un uomo che non chiede niente per sé, non grida da lì in cima: ricordatemi, cercate di capire, difendetemi... Fino all'ultimo dimentica se stesso e si preoccupa di chi gli muore a fianco: oggi, con me, sarai nel paradiso.
Ermes Ronchi: Il racconto della morte di Gesù in croce è la lettura più bella e regale di tutto l'anno. E mentre i credenti di tutte le fedi invocano Dio nei giorni della loro sofferenza, ora i cristiani vanno a Dio nei giorni della sua sofferenza (Bonhoeffer).
La croce è l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. "Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce" (non è un semplice devoto a dirlo, ma Karl Rahner, uno tra i più grandi teologi del '900).
E vedo un uomo nudo inchiodato e morente. Un uomo con le braccia spalancate in un abbraccio che non si rinnegherà in eterno. Vedo un uomo che non chiede niente per sé, non grida da lì in cima: ricordatemi, cercate di capire, difendetemi... Fino all'ultimo dimentica se stesso e si preoccupa di chi gli muore a fianco: oggi, con me, sarai nel paradiso.
martedì 8 aprile 2014
Ritrovare Gesù nelle fonti
ROMANO PENNA, L'Osservatore Romano, 7 aprile 2014
I Vangeli: storia e cristologia. La ricerca di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI. È il titolo dei due volumi editi dalla Libreria editrice vaticana presentati oggi presso l'Istituto Biblico di Roma. Qui parte dell'intervento di Romano Penna.
Ogni illuminista dovrebbe convenire sull’ovvia constatazione che, se non l’oggetto della fede cristiana, certamente il dato stesso della fede in Gesù, dichiarata dalle prime comunità post-pasquali, è altrettanto storica quanto lo fu la vita di lui. Questa fede potrà anche essere giudicata indebita e sproporzionata, magari una sovrastruttura, ma non solo essa appartiene comunque allo zoccolo duro della storia, bensì soprattutto essa va spiegata, tanto più perché segue appena a mezza ruota, e non di più, alla fine tragica di quel Nazareno. La spiegazione della fede pasquale non consiste solo negli incontri con il Risorto/Risuscitato, che in realtà risultano essere stati solo la scintilla che fece scoppiare l’incendio. Quella scintilla semplicemente si innestò sulla conoscenza del Gesù terreno, su ciò che egli aveva rappresentato di nuovo e di grande agli occhi dei suoi discepoli. Con quella concreta conoscenza la nuova fede si coniugò inscindibilmente, anzi essa rimanda inequivocabilmente alla dimensione storica di lui, per non dire che fu la stessa fede in lui a permettere il suo recupero storico quasi fosse necessario «credere per vedere».
giovedì 3 aprile 2014
Giovanni 11,1-45: V Domenica di Quaresima - Anno A
In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!» (...)
Ermes Ronchi: Gesù è faccia a faccia con l'amicizia e con la morte, con l'amore e il dolore, le due forze che reggono ogni cuore; lo vediamo coinvolto fino a fremere, piangere, commuoversi, gridare come in nessun'altra pagina del Vangelo. Di Lazzaro sappiamo solo che era fratello di Marta e Maria e che Gesù era suo amico: perché amico è un nome di Dio.
Per lui l'Amico pronuncia due tra le parole più importanti del Vangelo: «Io sono la risurrezione e la vita». Non: io sarò la vita, in un domani lontano e scolorito, ma qui, adesso, al presente: io sono. Notiamo la disposizione delle due parole: prima viene la Risurrezione e poi la Vita.
Ermes Ronchi: Gesù è faccia a faccia con l'amicizia e con la morte, con l'amore e il dolore, le due forze che reggono ogni cuore; lo vediamo coinvolto fino a fremere, piangere, commuoversi, gridare come in nessun'altra pagina del Vangelo. Di Lazzaro sappiamo solo che era fratello di Marta e Maria e che Gesù era suo amico: perché amico è un nome di Dio.
Per lui l'Amico pronuncia due tra le parole più importanti del Vangelo: «Io sono la risurrezione e la vita». Non: io sarò la vita, in un domani lontano e scolorito, ma qui, adesso, al presente: io sono. Notiamo la disposizione delle due parole: prima viene la Risurrezione e poi la Vita.
venerdì 28 marzo 2014
Lc 20, 27-38: Il matrimonio non finisce del tutto con la morte, ma viene trasfigurato
“Gli si avvicinarono alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcunoche ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie»”. (Lc 20, 27-38)
Il commento di Padre Raniero Cantalamessa:
Il commento di Padre Raniero Cantalamessa:
giovedì 27 marzo 2014
Giovanni 9,1-41: IV domenica di Quaresima Anno A
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. (...)
Ermes Ronchi: Il protagonista di oggi è l'ultimo della città, un mendicante cieco, uno che non ha nulla, nulla da dare a nessuno. E Gesù si ferma per lui. Perché il primo sguardo di Gesù sull'uomo si posa sempre sulla sua sofferenza; lui non giudica, si avvicina.
La gente che pur conosceva il cieco, dopo l'incontro con Gesù non lo riconosce più: È lui; no, non è lui. Che cosa è cambiato? Non certo la sua fisionomia esterna. Quando incontri Gesù diventi un'altra persona. Cambia quello che desideri, acquisti uno sguardo nuovo sulla vita, sulle persone e sul mondo. Vedi più a fondo, più lontano, si aprono gli occhi del cuore.
Ermes Ronchi: Il protagonista di oggi è l'ultimo della città, un mendicante cieco, uno che non ha nulla, nulla da dare a nessuno. E Gesù si ferma per lui. Perché il primo sguardo di Gesù sull'uomo si posa sempre sulla sua sofferenza; lui non giudica, si avvicina.
La gente che pur conosceva il cieco, dopo l'incontro con Gesù non lo riconosce più: È lui; no, non è lui. Che cosa è cambiato? Non certo la sua fisionomia esterna. Quando incontri Gesù diventi un'altra persona. Cambia quello che desideri, acquisti uno sguardo nuovo sulla vita, sulle persone e sul mondo. Vedi più a fondo, più lontano, si aprono gli occhi del cuore.
sabato 22 marzo 2014
Giovanni 4,5-42: III Domenica di Quaresima Anno A
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». (...)
Ermes Ronchi: Gesù, affaticato per il viaggio, sedeva al pozzo di Sicar. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. È una donna senza nome, che ci rappresenta, che assomiglia a tutti noi. È la sposa che se n'è andata dietro ad altri amori, e che Dio, lo sposo, vuole riconquistare. Non con minacce o rimproveri, ma con l'offerta di un più grande amore, esponendosi con l'umiltà di un povero che tende la mano «ho sete», di chi crede che può ricevere molto da ogni altro uomo.
Ermes Ronchi: Gesù, affaticato per il viaggio, sedeva al pozzo di Sicar. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. È una donna senza nome, che ci rappresenta, che assomiglia a tutti noi. È la sposa che se n'è andata dietro ad altri amori, e che Dio, lo sposo, vuole riconquistare. Non con minacce o rimproveri, ma con l'offerta di un più grande amore, esponendosi con l'umiltà di un povero che tende la mano «ho sete», di chi crede che può ricevere molto da ogni altro uomo.
martedì 18 marzo 2014
Giuseppe, il santo delle partite Iva (Ravasi)
di Gianfranco Ravasi, Avvenire, 18.3.14
Altro che “classe media”, come hanno ipotizzato alcuni studi recenti. Il padre legale di Gesù era un carpentiere senza garanzie e soggetto a pesanti tasse
Una critica ai vangeli apocrifi
Stavolta il cardinale Gianfranco Ravasi – già ben noto per le sue opere esegetiche su personaggi biblici come Giobbe o Qoelet – ha scelto di soffermarsi su un protagonista umile per eccellenza, eppure tanto importante nell’economia biblica: «Giuseppe. Il padre di Gesù» (San Paolo, pp. 128, euro 14). Il nuovo volume propone un’analisi essenziale ma anche molto puntuale della figura evangelica, discreta e silenziosa, del padre legale di Gesù. Ogni capitolo esamina gli episodi che lo vedono implicato, dall’annunciazione alla fuga in Egitto, senza escludere le varie ipotesi che – sulla base di apocrifi (tra cui l’antica «Storia di Giuseppe il falegname») e di tradizioni espresse anche nell’arte – sono state elevate sulla vita 'nascosta' di Giuseppe. In questa pagina riportiamo l’analisi cui il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura sottopone le teorie che ultimamente volevano iscrivere il padre di Gesù alla media borghesia del suo tempo.
giovedì 13 marzo 2014
Matteo 17, 1-9: II Domenica di Quaresima - Anno A (Trasfigurazione)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. (...)
Oggi siamo invitati da Gesù, in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni, ad andare sul monte.
Certe esperienze vanno fatte in piccoli gruppi e poi riportate alla comunità: necessità di comunità locali, piccole, in cui approfondire il rapporto e la conoscenza di Dio, senza perdere di vista la Chiesa intera di cui siamo membra.
(6 giorni dopo): l’indicazione temporale si ricollega all’annuncio che Gesù ha fatto ai suoi apostoli del suo destino di morte e resurrezione, alle esigenze del discepolo nel seguire il Signore.
(Monte): i monti sono come indici puntati verso il cielo, verso il mistero di Dio, raccontano la vita come una ascensione verso l’alto. Scriveva il filosofo latino Seneca:
fino a che sei all’osteria, puoi negare Dio. Ma non è facile negarlo quando sei nel silenzio della tua camera o della natura.
Esperienza delle camminate in alta montagna, di avere una meta, di misurarsi con la fatica, di avere momenti di scoraggiamento, ma, intravista la meta e il panorama che si apre improvviso, ci viene spontaneo anche a noi esclamare: “che bello”. E la fatica per il momento scompare.
(fu trasfigurato): il VOLTO è, con gli occhi, lo specchio dell’anima: mostra quello che stiamo vivendo, il nostro “stato d’animo”: chi è felice ha un volto luminoso, chi è triste un volto scuro, ombroso.
martedì 11 marzo 2014
Il silenzio di Gesù al centro della storia (Maggioni)
Bruno Maggioni, Avvenire, 9.3.14
Quando si accenna al silenzio di Gesù, subito il pensiero corre al silenzio della passione. E difatti è qui che il silenzio ha raggiunto il punto più alto della sua forza espressiva. A volte il silenzio dice più della parola.
Ma i Vangeli non parlano soltanto del silenzio della passione. C’è anche il silenzio dell’uomo che resta ammutolito di fronte a Gesù, o perché la sua parola lo riempie di meraviglia, o perché la sua verità lo infastidisce. E c’è il silenzio di Gesù di fronte alle domande pretestuose, o inutili, di chi finge di interrogarlo. E c’è il silenzio che Gesù impone a chi vorrebbe parlare di Lui prima di averne intravisto la novità, che è la Croce.
Quando si accenna al silenzio di Gesù, subito il pensiero corre al silenzio della passione. E difatti è qui che il silenzio ha raggiunto il punto più alto della sua forza espressiva. A volte il silenzio dice più della parola.
Ma i Vangeli non parlano soltanto del silenzio della passione. C’è anche il silenzio dell’uomo che resta ammutolito di fronte a Gesù, o perché la sua parola lo riempie di meraviglia, o perché la sua verità lo infastidisce. E c’è il silenzio di Gesù di fronte alle domande pretestuose, o inutili, di chi finge di interrogarlo. E c’è il silenzio che Gesù impone a chi vorrebbe parlare di Lui prima di averne intravisto la novità, che è la Croce.
venerdì 7 marzo 2014
Matteo 4, 1-11: I Domenica di Quaresima Anno A
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Ermes Ronchi: Gesù deve scegliere che tipo di Messia diventare, la scelta decisiva di tutta la sua vita.
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Ermes Ronchi: Gesù deve scegliere che tipo di Messia diventare, la scelta decisiva di tutta la sua vita.
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